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 2013  febbraio 08 Venerdì calendario

L’INDUSTRIA PERDE 100 MILIONI AL GIORNO


Cento milioni al giorno, sabati e domeniche incluse.
Sono i ricavi a cui la manifattura italiana ha dovuto rinunciare nel corso del 2012, in gran parte per la debolezza del mercato interno: di fatto è come se ogni 24 ore fosse scomparsa dai radar una media azienda nazionale. La voragine vale poco meno di 37 miliardi di euro in valori correnti, un calo del 4,4% che sale ancora di oltre un punto tenendo conto dell’inflazione.
L’analisi di Prometeia e Intesa SanPaolo traduce in termini monetari le performance della nostra industria, che sarebbero state ben peggiori in assenza dei mercati esteri. Oltreconfine infatti la crescita del fatturato è stata nell’ordine dei 15 miliardi mentre il mercato interno, tenendo conto sia della variazione delle scorte che dell’import, si è ridotto di ben 60 miliardi.
La contrazione dei consumi si è dunque propagata a ritroso su tutte le filiere, con i beni legati alla mobilità e alla casa a pagare il prezzo più elevato. In termini di utilizzo degli impianti l’industria manifatturiera è scesa così ampiamente al di sotto della soglia del 70%, il livello più basso da metà 2009. E per alcuni comparti legati a doppio filo all’edilizia, come materiali da costruzione e mobili, l’attività produttiva si è ridotta di oltre il 20% se comparata al periodo pre-crisi.
A rendere meno amaro il bilancio vi è la performance positiva del settore alimentare, capace di sviluppare quasi due miliardi di ricavi aggiuntivi anche nel disastroso 2012. Ma cibo e bevande restano un’eccezione, perché per tutti gli altri 14 comparti esaminati dagli analisti i risultati sono negativi, seppure in un ventaglio di situazioni diverse. A resistere sono farmaceutica e largo consumo, appena al di sotto dei livelli 2011, mentre tra i settori più "pesanti" spicca il calo limitato della meccanica, in frenata di pochi punti percentuali. Molto male invece il comparto dei produttori di beni di consumo durevole, che sommando auto, moto, mobili ed elettrodomestici devono rinunciare in un anno a quasi 10 miliardi di ricavi.
Come detto, è stato però l’export a rendere meno amaro questo bilancio, con una crescita della manifattura stimata nel 3,6% e dove per tutti i settori ad eccezione di elettrodomestici, elettronica ed elettrotecnica il bilancio 2012 è stato positivo, in alcuni casi anche a doppia cifra. E proprio qui, nella valorizzazione delle performance oltreconfine, gli analisti di Prometeia e Intesa SanPaolo identificano una delle chiavi per la ripresa futura del Paese, a patto però di riuscire a mitigare alcuni dei nostri cronici punti di debolezza, a cominciare dalla ridotta platea dei potenziali giocatori.
Le imprese esportatrici italiane sono infatti appena il 4% del totale, quasi un terzo rispetto a quanto accade in Germania. Limite rilevante, confermato dal fatto che nelle poche aree in cui riusciamo ad avvicinare o addirittura superare la numerosità tedesca, come nella meccanica strumentale, le nostre performance in termini di competitività sono del tutto comparabili.
Ad ostacolare la capacità di spingere l’acceleratore sull’internazionalizzazione sono inoltre le ridotte dimensioni delle imprese italiane, come dimostra il gap nelle partecipate estere: nella manifattura tricolore solo il 16,3% dei ricavi deriva da questo capitolo, esattamente la metà rispetto a quanto accade in Germania.
Se l’export ha garantito fatturati crescenti lo scorso anno, le prospettive 2013 non sono tuttavia altrettanto incoraggianti, da un lato per la perdurante debolezza dell’Europa, dall’altro per il prevedibile rallentamento degli acquisti di Washington in assenza per ora di una ripresa decisa in Cina e India.
Lo scenario non è dunque brillante ma almeno in termini previsivi qualche spiraglio inizia a vedersi e il rapporto indica segnali di miglioramento nelle attese delle imprese su ordini e produzione. In Lombardia, inoltre, il quarto trimestre dell’anno indica un magro +0,1% per i fatturati industriali. Poca cosa, ma invertire il trend dopo l’abisso del 2012 sarebbe già una notizia.