Camilla Conti e Luca Piana, l’Espresso 8/2/2013, 8 febbraio 2013
Un Monte di favori (prima di Mussari)– La maxitenuta ceduta dalla banca e finita al top manager. Le filiali vendute al figlio del re del Palio
Un Monte di favori (prima di Mussari)– La maxitenuta ceduta dalla banca e finita al top manager. Le filiali vendute al figlio del re del Palio. Il ruolo del genero di Bazoli. Ecco il sistema di potere dell’era Mussari– Ville da sogno sui colli senesi, acquistate per interposta persona dai manager più alti in grado del Monte dei Paschi. Bonus milionari non contabilizzati in bilancio. Filiali e appartamenti sulle strade dello struscio della costa toscana, venduti ad amministratori legati all’ex presidente Giuseppe Mussari. Incarichi e posti di lavoro nelle società che girano attorno alla banca, con beneficiari illustri, dal figlio del celebre fantino Aceto, re del Palio, al genero del banchiere Giovanni Bazoli, l’avvocato Gregorio Gitti, candidato nella lista Monti per la Camera in Lombardia e che si ritrova, per vie traverse, addirittura fra i soci del Siena Calcio. A Siena, mentre la Procura indaga sui sospetti di stecche e tangenti di cui si sarebbero macchiati alcuni manager della banca, la città intera è costretta a fare i conti con le responsabilità che nello scandalo ricadono su una fetta molto più ampia della classe dirigente locale. Perché Mussari e gli altri indagati che in questi giorni sfilano in Procura per gli interrogatori, non erano al loro posto per grazia divina. I loro incarichi erano stati decisi dalla Fondazione Mps, ente no profit dove i vertici sono nominati dalla politica cittadina. E il giro di denaro che dal Monte si riversava sulla Fondazione e su tutte le istituzioni senesi serviva ad alimentare una macchina del consenso di cui molti hanno approfittato. «Penso si debba indagare su tre filoni: gestione del personale, dei crediti e degli immobili», ha detto Pierluigi Piccini, l’ex sindaco della città che il suo stesso partito, l’ex Pci poi Ds ora Pd, ha cacciato nel 2004 per le critiche ai leader, l’ex ministro Luigi Berlinguer e il gemello politico di Mussari, l’ex sindaco Franco Ceccuzzi, ricandidato dal Pd per le prossime elezioni. Al di là dei fatti su cui stanno investigando i magistrati, il groviglio d’interessi fra banca e politica si vede bene in un caso che "l’Espresso" ha potuto ricostruire. Il protagonista è Antonio Vigni, il manager che Mussari aveva voluto come direttore generale nel maggio 2006. Proprio nei mesi in cui Vigni ottiene la promozione, la sua famiglia conquista una grande proprietà alle porte di Castelnuovo Berardenga, sulle colline dove il Chianti cambia nome, passando da "Classico" a "Colli Senesi". A vendere è una controllata del Monte, la Mps Tenimenti. Nella transazione, Vigni formalmente non compare. I primi lotti, stando alle registrazioni effettuate al catasto, finiscono nel febbraio 2006 a una società costituita pochi giorni prima, la Colle Antico. Passano otto mesi e la piccola società si fa da parte, facendo subentrare i familiari del banchiere, che in seguito si intestano anche gli altri terreni che oggi formano "casa Vigni": diversi ettari di ulivi, varie abitazioni, magazzini. Nel bilancio 2006 della Mps Tenimenti c’è scritto che la vendita della tenuta di Castelnuovo Berardenga ha fruttato la cifra di 823 mila euro. Nulla dice di quanto sia rimasto nelle tasche della Colle Antico. E, soprattutto, quanto abbiano pagato alla fine i congiunti di Vigni. Il quale, nella compravendita, si trovava in una situazione di conflitto d’interessi. Da notare però che gli intermediari non sono sconosciuti alla politica senese. Si tratta di Luigi Fumi Cambi Gado e Romolo Semplici, due imprenditori schierati, in tempi e modi diversi, a sostegno di Ceccuzzi. Fumi Cambi fa parte di una formazione (la "53100") dove figurano l’avvocato di Mussari e diversi professionisti vicini alla vecchia gestione. Mentre Semplici è tra i promotori di un’associazione legata all’opposizione (la "Pietra Serena") che però, nel 2012, ha cercato di salvare la poltrona di Ceccuzzi, disarcionato dagli ex Dc. Il sistema Siena, dunque, sui controlli faceva acqua da tutte le parti. In quanto azionista di maggioranza, la Fondazione avrebbe dovuto vigilare sugli amministratori del Monte. Ma la banca, con dividendi, prestiti e poltrone finanziava mezza città. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non si tratta solo delle operazioni finanziarie ora al vaglio della magistratura. Ci sono anche vicende incredibili come quella che riguarda i 91,1 milioni di spese per il personale non contabilizzate nel bilancio 2011, l’ultimo firmato da Mussari. Lo ha spiegato il nuovo tandem che guida la banca, il presidente Alessandro Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola, nella relazione sul primo semestre 2012. La formula è criptica: dai controlli, si dice, sono emersi «disallineamenti tra le risultanze gestionali e quelle amministrativo-contabili con riguardo alla gestione amministrativa del personale». In pratica: nel 2011 ci sono stati costi fuori bilancio per, appunto, 91,1 milioni. A chi siano andati questi quattrini, se in bonus a tutti i dipendenti o solo ai dirigenti, la relazione non lo dice. Al centro di questo sistema c’era, dunque, l’avvocato Mussari, presidente prima della Fondazione, poi della banca dall’aprile 2006 a inizio 2012. Entrare nel suo giro voleva dire avvicinare il cuore del potere senese. Valeva per gli amici: Antonio Degortes, figlio del fantino Aceto, più volte vincitore del Palio e tutore della passione di Mussari per i purosangue, viene ad esempio catapultato nei consigli di amministrazione di alcune società del gruppo. Non solo: figura come azionista e amministratore unico di due minuscole ditte, la Blue Wind e la Sg Investimenti, che hanno rilevato alcuni immobili - agenzie e appartamenti - venduti dal Monte Paschi da Camaiore a Massa Marittima. Poi c’erano i rapporti con gli imprenditori presentati da ambienti vicini alla politica. Nel 2006, quando era deputato, Ceccuzzi va con Mussari a una cena a Salerno dove si parla di un finanziamento a una società offshore del pastificio Amato, poi fallito. L’anfitrione della serata, il presidente della Commissione Finanze della Camera, Paolo Del Mese, riesce anche a collocare a Siena alcuni uomini di fiducia. Un altro caso è la Rimini Yacht, una società di compravendita di imbarcazioni di lusso, fallita con un buco di 50 milioni e il patron Giulio Lolli latitante in Libia. Un intrigo che vede coinvolte barche fantasma, investigatori forse corrotti e personaggi come il faccendiere Flavio Carboni, che Lolli avrebbe utilizzato per chiedere un finanziamento da 20 milioni dal Monte e dalla partecipata Popolare di Spoleto. «Di certo a quei tempi a Siena c’era un sacco di gente che si vantava della barca nuova», ricordano in contrada. Ma, per quel che riguarda l’intreccio tra affari della banca e politica, uno dei principali crocevia è da molti considerata un’azienda di servizi che si chiama Bassilichi. Nel luglio del 2007, in piena età dell’oro della gestione Mussari-Vigni, sui giornali senesi si osanna l’ultimo colpo del Monte: il progetto "Banca Infinita", frutto di un accordo tra Microsoft e la Bassilichi. Costo: 8 milioni, compresa l’apertura in via sperimentale di 70 filiali a livello di gruppo, di cui la prima inaugurata in Piazza del Campo a Siena. I vertici del Monte vanno orgogliosi dei rapporti con l’azienda dei fratelli Leonardo e Marco Bassilichi, quest’ultimo considerato un amico personale di Mussari nonché sostenitore - con il fratello - di Ceccuzzi. E la banca figura tra gli azionisti della società assieme alla Fises, la finanziaria di sviluppo degli enti locali. Negli anni le sinergie tra la Bassilichi e il Monte si moltiplicano. Sinergie di business, di relazioni ma anche di poltrone. Nel consiglio di amministrazione siede Valentino Fanti, segretario particolare di Mussari (e per questo interrogato sette ore dalla Procura di Siena) e tuttora responsabile della segreteria di Viola e Profumo. E ancora: Massimo Castagnini, fino a settembre 2012 amministratore delegato del Consorzio Operativo (il centro elaborazione dati della banca), oggi in pensione, fino a luglio 2012 è stato anche lui consigliere della Bassilichi. E lo è anche oggi della controllata Abs Technology, della quale è azionista pure Mps Capital Services. Giulio Carli, segretario comunale del Pd, lavora alla Provincia ma è anche consigliere delegato della Rs Records Store, società con sede a Piacenza che si occupa di servizi di fotocopiatura e che fra i principali soci conta la onnipresente Bassilichi. Il sindaco della stessa società è Marco Turchi, dalemiano doc, vicepresidente del Monte. Ora che Mussari è fuori dalle stanze del potere, i Bassilichi stanno cercando nuovi soci in grado di rimpiazzare la Fises, che ha deciso di uscire. Sciogliere gli intrecci con i partner senesi non sarà però facile. I fratelli Marco e Leonardo e l’amico banchiere avevano stretto infatti un’alleanza che andava dalla televisione al calcio. Aprendo le porte a altri interessi eccellenti: i due fratelli figurano tra gli azionisti di una piccola società fiorentina che si chiama Navigator, dove l’altro azionista è Gregorio Gitti, consigliere di amministrazione di Bassilichi ma anche genero del numero uno di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. E la Navigator ha comprato quote nel Siena Calcio e nell’emittente locale Canale 3. A Siena il groviglio, più che armonioso come dicevano un tempo, è diventato contagioso.