Charles Bremner, Panorama 7/2/2013, 7 febbraio 2013
I MASCHI, CHE INVIDIOSI
Il primo tratto che colpisce in Rachida Dati è la sicurezza. Seduta nel suo ufficio nel VII arrondissement sulla Rive gauche di Parigi, la 47enne ex ministro della Giustizia sfoggia la sua consueta eleganza: jeans, giacca nera, tacchi vertiginosi. Si anima nel descrivere i pregiudizi contro i quali ha dovuto combattere in quanto donna che ha ricoperto posizioni di alto profilo pur avendo trascorso l’infanzia nella banlieue. «Ho radici nordafricane e la mia famiglia è di umili origini. Ho iniziato a lavorare quando avevo 16 anni e non sono cresciuta nel mondo della politica. Con queste premesse, per riuscire bisogna avere un carattere forte, energia, salute e passione». Dati è salita alla ribalta nel 2007, quando Nicolas Sarkozy Fha elevata da consigliere tecnico a ministro della Giustizia. Era montata sul carro di Sarkozy cinque anni prima, quando lui era il ministro dell’Interno in rapida ascesa. Nel 2009 attirò l’attenzione internazionale tornando al lavoro con una linea invidiabile pochissimi giorni dopo avere partorito la figlia Zohra, oltretutto rifiutandosi di rivelare l’identità del padre. Poi è caduta in disgrazia. L’ostilità che suscita rispecchia L’opmione che Festablishment ha di lei: una parvenue che si fa beffe delle convenzioni. La tv France 2, per esempio, ha trasmesso un suo ritratto al vetriolo, tacciandola di essere un’ambiziosa intrigante che ha sfruttato protettori potenti per arrampicarsi sulla vetta. Di certo hanno ragione per quello che riguarda Fambizione. Lo dimostra il fatto che la ragazza venuta da Chalon-sur-Saóne, una cittadina industriale vicino a Lione, si è appena posta l’obiettivo di diventare sindaco di Parigi alle elezioni del 2014, restituendo la capitale alla destra dopo 13 anni di amministrazione di sinistra. Saranno in molti a cercare di fermarla, anzitutto all’intemo dell’Ump, il partito conservatore a cui appartiene, ma non sarebbe la prima volta. E lei è sempre riuscita a piegare il destino al proprio volere.
Oggi Rachida Dati è sindaco del VII arrondissement, dove si trovano il parlamento, la Torre Eiffel, Les Invalides e il Museo d’Orsay. Sua figlia ha già 4 anni e la sua biciclettina rosa è parcheggiata accanto al caminetto dell’ufficio. Rispetto a qualche anno fa Dati sembra essersi ammorbidita. I suoi occhi scuri e profondi scintillano mentre si racconta. Alcuni suoi amici assicurano che, quando non veste i panni ufficiali, è una persona diversa, sbarazzina e scherzosa. Lei preferisce definirsi un’impavida combattente in un mondo politico francese reso inaccessibile da élite che si autoperpetua. Una delle rare eccezioni è stata, naturalmente, il suo mentore Nicolas Sarkozy, al quale deve le sue poltrone come sindaco del VII arrondissement e al Parlamento europeo.
La sua ascesa pare innervosire la gente, osserva. «Dicono: ha successo, ma questo non è possibile, considerato da dove proviene». Elenca: padre marocchino e madre algerina, entrambi privi di cultura e genitori di 11 figli, uno dei quali condannato per spaccio di droga; il matrimonio combinato contratto da giovane e annullato dopo poco. «Poi nel giro di pochi anni sono diventata ministro della Giustizia, il più giovane mai nominato. È una cosa che affascina e dovrebbe incoraggiare la gente. Invece mi hanno attaccato pesantemente».
Recentemente Rachida ha citato in giudizio alcuni media e ha querelato il quotidiano Le Monde per aver dato notizia della causa per riconoscimento della paternità intentata contro Dominique Desseigne. Il finanziere, a capo di un impero di hotel e casinò, ha rifiutato di sottoporsi all’esame del dna disposto dal tribunale per appurare la sua paternità di Zohra. I difensori di Desseigne hanno presentato una versione impietosa del loro legame: sostengono che sia stata solo una delle numerose relazioni che Dati aveva in corso all’epoca in cui è iniziata la gravidanza. Lei non ha rilasciato dichiarazioni riguardo alla causa legale, negandone per un certo tempo persino resistenza. «Si tratta solo di gossip e calunnie. Perché dovrei lasciarmi diffamare? I resoconti di Le Monde sono anonimi. Questo ci riporta indietro ad anni molto bui della Francia» Allude alle pratiche in uso durante l’occupazione tedesca e adottate dal regime di Vichy, quando i giornali collaborazionisti denunciavano presunti nemici dello stato.
Dati esprime la propria solidarietà nei confronti di un’alta’a vittima dei media, Valérle Trierweiler, compagna del presidente François Hollande: «Con che diritto mettono in piazza la sua vita privata? Non è lei a essere stata eletta. Ha dei figli, questo meriterebbe un po’ di rispetto». Negli ultimi anni la regola del giornalismo francese secondo il quale «l’informazione si ferma sulla soglia della camera da letto» è andata sbiadendo. Ne ha fatto le spese anche Dominique Strauss-Kahn; nel 2010 è toccato a Sarkozy e alla presunta frattura fra lui e Carla Bruni (una saga nella quale secondo i media Dati avrebbe creato non poco scompiglio), oggi è il turno del triangolo fra Trierweiler, Hollande e Ségolène Royal, partner dell’attuale presidente per 30 anni.
In un mondo politico sessista come quello francese, dice, «non si amano le donne che raggiungono il successo. La femminilità, in un ambiente di potere, è sinonimo di futilità e leggerezza, ma la femminilità fa parte dell’identità delle donne. Per loro una donna ambiziosa è un’intrigante, mentre un uomo ambizioso è uno che eccelle. Gli uomini cercano di convincere, mentre nel nostro caso parlano di sedurre». Sostiene che l’ostilità nei suoi confronti è dettata dal maschilismo. «Ma la questione è semplice: non mi faccio dare ordini e cerco di convincere. Non mi interessa sedurre. Ma è molto più comodo affibbiare a una donna questa etichetta».
La signora sindaco del VII arrondissement rappresenta un’anomalia: di solito i politici provenienti dagli ambienti degli immigrati sono di sinistra. «Le mie idee di destra nascono dal valore che attribuisco al lavoro. Sono contraria all’assistenzialismo, sono per la legge e l’ordine. Non approvo il disordine, la mano leggera e la comprensione nei confronti del reati e dei criminali che li compiono. La sinistra francese è ideologica e non ha operato le trasformazioni della sinistra inglese». In particolare Rachida Dati disprezza il modo in cui l’amministrazione Hollande ha attaccato le celebrità, come Gerard Depardieu, che fuggono dalle nuove supertasse socialiste. «È un insulto al talento, al successo, al duro lavoro» sostiene.
Dati è sempre stata diversa dagli altri, affermano i suoi coetanei di Chalon-sur-Saone. Erano colpiti dal modo in cui si prendeva cura del padre muratore e dei suoi fratelli. Dopo avere lavorato da ragazza come commessa in alcuni negozi, si è fatta avanti e ha bussato avarie porte persuadendo importanti mèmbri dell’establishment, inclusi due ex ministri, a prenderla sotto la loro ala mentre proseguiva gli studi universitari a Digione e a Parigi. Tutto questo le consentì di ottenere incarichi presso Elf Aquitaine, Matra e Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo di Londra. Successivamente frequentò l’ École nationale de la magistrature e nel 2002, poco dopo essere stata nominata giudice in un tribunale di provincia, scrisse a Sarkozy (che allora era ministro dell’interno fresco di nomina e che non aveva mai conosciuto) chiedendogli un incarico nel suo ufficio. Sarkozy rimase talmente colpito che l’assunse dopo averla incontrata una sola volta.
La nomina a ministro della Giustizia di questa giovane outsider fu ritenuta dagli oppositori di Sarkozy una bravata destinata ad avere un prologo infausto. Ma nell’estate del 2007 Dati era all’apice nel nuovo firmamento presidenziale, come dimostrò la vacanza che | trascorse nel New England insieme a Sarkozy i e Cècilia, che a breve sarebbe divenuta la ex moglie del presidente. Era particolarmente , intima con la firstlady. «È più di un’amica, per [ me è una sorella» disse la signora Sarkozy all’epoca. Però un mese dopo il divorzio di Sarkozy, Rachida Dati accompagnò il presidente a una cena di stato alla Casa Bianca e, fino all’incontro con Carla Bruni, si mormorava che avessero una relazione.
Da fedele soldatino di Sarkozy, la Dati si è fatta nemici all’interno dell’establishment legale grazie alle sue riforme che hanno comportato la soppressione di numerosi tribunali e le dimissioni di chi non condivideva i suoi modi sbrigativi. Poi c’è stato il clamore imbarazzante sulla sua gravidanza. Dopo due anni, Sarkozy l’ha sollevata dall’incarico con un sostanzioso premio di consolazione: una poltrona al Parlamento europeo e l’incarico di sindaco del VII arrondissement Ora la sua protégée, che si dice Sarkozy abbia una volta definito «la mia ragazza araba», ritiene che i tempi siano maturi perché Parigi faccia ritorno ai propri istinti conservatori e butti fuori i socialisti che dal 2001 guidano la città.
Il sindaco Bertrand Delanoë ha causato un sacco di danni, con «politiche fatte di restrizioni ed esclusione» afferma Rachida Dati. E poi ricorda come le tasse comunali siano salite alle stelle, che il traffico sia paralizzato e che non ci siano stati miglioramenti nel trasporto pubblico. La penuria di alloggi a prezzi accessibili ha raggiunto un punto critico, aggiunge. «Voglio che i parigini tornino ad amare Parigi». La sua Parigi assomiglierebbe più a Londra, che definisce «una città viva con trasporti notturni, taxi, mobilità, giovani, vivacità, creatività, dinamismo». I giovani, invece, sono in fuga da Parigi, sostiene.
A tutt’oggi Rachida Dati è runico leader della destra a essersi proposto senza mezzi termini per l’incarico di primo cittadino. Certo, prima dovrà vincere le primarie dell’Ump (che dopo la sconfitta di Sarkozy alle presidenziali del maggio scorso ha subito un tracollo) alla fine del 2013. E in questa fase le sue probabilità di conquistare la poltrona di sindaco sembrano remote. Ma Dati è determinata e nessuno degli altri potenziali candidati possiede nemmeno lontanamente la sua personalità. «Non ho paura di nulla» dichiara. «Non temo il fallimento, le difficoltà, gli ostacoli, il confronto. Tutto è possibile».