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 2013  febbraio 07 Giovedì calendario

MEDIOBANCA E L’IDEA DELLA FUSIONE TRA SIENA E BNL-BNP

Il titolo del report non è certo dei più accattivanti: French Banks. Eppure se si guarda tra le pieghe di quella lunga analisi emerge un’ipotesi davvero suggestiva. Per gli attori in campo, Bnp Paribas, Bnl e Mps, per chi firma lo studio, Mediobanca, e per le conclusioni a cui giunge.
Il tomo è stato diffuso giusto ieri e analizza, tra i vari istituti presi in considerazione, le opzioni strategiche che Bnp ha davanti a sé riguardo la presenza sul suolo italiano. Il teorema di fatto è questo: Bnp opera attraverso Bnl ma la Banca Nazionale del Lavoro al momento è troppo piccola per avere un impatto significativo sui profitti o sulle perdite della casa madre ma al contempo è anche grande abbastanza per incidere sulla qualità del profilo finanziario dell’istituto. Bnp, per Mediobanca, è dunque a un bivio: o vendere l’asset o crescere per linee esterne. E crescere per linee esterne, in questo momento, può significare una sola cosa: «comprare Mps».
Ma un’operazione simile, in questo momento, visto il terremoto che ha colpito la banca senese, può essere un’affare? Piazzetta Cuccia mette in fila un paio di numeri e conclude che lo è. Al punto da ipotizzare anche quali possono essere le condizioni del deal. Innanzitutto, deve essere un’operazione fatta senza sborsare un euro, solo carta contro carta. Il che può permettere alla banca francese di pagare un premio di controllo del 15% su Mps e di emettere nuove azioni Bnp con uno sconto del 15% rispetto alle quotazioni correnti. Tradotto, il rapporto di concambio che dovrebbe emergere dovrebbe essere di 5,6 azioni Bnp per 1.000 titoli Mps. Questo ridisegnerebbe l’azionariato della banca francese ma solo limitatamente: lo stato del Belgio scenderebbe dal 10,3% al 9,8%; Axa (che è pure azionista di Mps) passerebbe invece dal 5,3% al 5,2%; e tra i soci farebbe capolino la Fondazione Mps con una quota dell’1,7% nel colosso bancario transalpino. Mediobanca è certa che un’offerta così strutturata potrebbe produrre fino 979 milioni di risparmi di costo raggiungibili in tre anni. Mentre le spese one-off di ristrutturazione dovrebbero aggirarsi attorno agli 1,4 miliardi di euro. Il tutto senza contare le possibili sinergie sui ricavi.
«Nell’ultima decade - scrive Mediobanca - l’intero incremento a livello di rete promosso da Bnp è stato raggiunto attraverso acquisizioni». E in effetti se nel 2002 Bnp aveva 4.600 sportelli e oggi ne ha 7.250 è grazie agli 801 sportelli di Bnl e ai 2.000 sportelli di Fortis. Tra l’altro, sottolinea Piazzetta Cuccia, allo stato attuale una filiale Mps con i prezzi correnti vale appena 1 milione contro gli 11,2 milioni pagati a suo tempo da Bnp per assicurarsi Bnl. Insomma, per Mediobanca, sembrerebbero esserci le condizioni per tentare l’operazione tanto più che le poche sovrapposizioni a livello di rete e il mix di business complementare confermerebbero che possono esserci ragioni anche industriali per promuovere il deal. Gli eventi recenti di Siena, con l’auspicio che bussi alla porta un cavaliere bianco, potrebbero poi rappresentare un contesto favorevole per avviare le trattative. Tanto più che per la Fondazione Mps l’idea di diluirsi nel capitale della banca non è più un tabù, anzi. Da capire se a Bnp conviene davvero muovere un simile passo. Di certo gli impatti sul 2013, come dimostra l’analisi di Mediobanca, non sarebbero positivi. Il Core Tier 1 scenderebbe dal 10,5% al 9,8% e gli utili per azione diminuirebbero del 19% a 4,16 euro. In prospettiva, però, il Core Tier 1 raggiungerebbe quota 11% entro il 2015 e già a partire dal 2014 potrebbe esserci un contributo positivo dell’8% sui profitti per azione.
Lo scenario è davvero molto affascinante perché sembra chiudere quel cerchio che si era aperto ancora diversi anni fa. Nel 2005 Mps e Bnl aprirono un primo confronto per valutare una possibile integrazione. I contatti non andarono a buon fine perché non fu possibile trovare un accordo condiviso sulla governance. I due istituti presero quindi strade diverse. Mps, con gli strascichi ben noti, nel 2007 comprò Antonveneta strappandola a Bnp, che un anno prima era salita al controllo della Banca Nazionale del Lavoro.
«Per noi Bnl è la chiave di volta per risolvere l’enigma dell’ottimizzazione del capitale di Bnp Paribas», sostiene Mediobanca. Se non ci sarà il merger, l’istituto francese dovrebbe vendere l’asset italiano: potrebbe incassare 4 miliardi, mettere così nei conti un capital gain di 1,5 miliardi e avere un beneficio di 140 punti base sul Core Tier 1. Benefici immediati ma poco suggestivi.