Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 07/02/2013, 7 febbraio 2013
IL GIUDICE ANTI ’NDRANGHETA CHE RIVELAVA TUTTI I SEGRETI AL BOSS —
Il più in vista nella corrente di sinistra di «Magistratura democratica» in Calabria. Il più stimato nella delicatissima Sezione delle misure patrimoniali di prevenzione, che presiedeva al Tribunale di Reggio Calabria firmando sequestri anche per centinaia di milioni alle cosche. Il più impegnato nelle iniziative anti ’ndrangheta, sebbene poi rivelatesi solo di facciata («fanno fico») alla spietata controprova delle intercettazioni.
Ma da ieri il 53enne Vincenzo Giuseppe Giglio è anche un magistrato condannato in primo grado a 4 anni e 7 mesi per corruzione, rivelazione di segreto e favoreggiamento proprio per aver aiutato la ’ndrangheta con tre tipi di rivelazioni di notizie sensibili. La prima all’imprenditore delle slot machine Giulio Lampada, ieri condannato per associazione mafiosa e corruzione a 16 anni e 1,4 milioni di euro di risarcimento al Comune di Milano in solido con coimputati come Leonardo Valle (9 anni e 6 mesi), Maria Valle (3 anni e 3 mesi), Francesco Lampada (4 anni e 6 mesi), Raffaele Ferminio (7 anni). Boss giovane e rampante, Giulio Lampada, che con escort e vacanze pagate in hotel poteva già contare sul magistrato calabrese Giancarlo Giusti (4 anni a fine 2012 nel giudizio abbreviato costato 4 anni e mezzo anche all’avvocato Vincenzo Minasi), e che con denaro corrompeva un ufficiale della Guardia di Finanza per addomesticare i controlli sulle slot machine: Luigi Mongelli, ieri condannato a 5 anni e 3 mesi, a differenza dei tre colleghi con i quali asseriva di aver spartito le tangenti (i pure all’epoca arrestati Michele Di Dio, Michele Noto e Luciano Russo) e che invece sono stati assolti alla fine di una istruttoria ribaltata dai loro difensori Arata-Schiaffino-Ventimiglia.
Per le giudici Ponti-Peragallo-Rispoli la seconda rivelazione di segreto di Giglio ha avuto come beneficiario il secondo consigliere regionale Pdl più votato in Calabria con 14.000 voti, Francesco Morelli, ex An della corrente del sindaco di Roma Gianni Alemanno, ieri condannato a 8 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, nonché per corruzione in relazione ai «50.000 euro in contanti consegnatigli dai Lampada per "facilitarne" l’ingresso tra i concessionari dei Monopoli di Stato».
È stato il pm Paolo Storari, dal giorno degli arresti nel novembre 2011, a prospettare il rapporto Giglio-Morelli come un «intreccio» nel quale «entrambi strumentalizzano la propria funzione pubblica per soddisfare reciproci interessi personali. Il magistrato chiede il favore al politico», e cioè «un posto fortemente operativo e non di mera rappresentanza» per la moglie aspirante a una poltrona Asl, «e il politico va all’incasso ottenendo informazioni vitali per il suo percorso politico», cioè l’informazione sull’assenza di formali indagini a suo carico: notizia che il giudice sembra attingere alla Direzione nazionale antimafia e comunica al politico mandando la moglie a spedire un fax da una tabaccheria di Reggio Calabria a una tabaccheria di Roma, e che il politico spende subito presso Alemanno per vincere le resistenze di chi nel partito lo osteggiava. Gli interessi s’incrociano e l’8 giugno 2010 Morelli viene nominato presidente della commissione Bilancio della Regione, mentre a luglio la moglie del giudice, Alessandra Sarlo, ottiene l’incarico di commissario dell’Asl di Vibo Valentia.
Peculiare anche il rapporto tra il giudice Giglio (a Reggio Calabria) e Lampada (a Milano). Si telefonano, si danno del tu. Ma quando Lampada scende a Reggio, i telefoni tacciono per un mese e i due si vedono solo di persona, a casa del giudice, in un rapporto mediato sempre dal suo cugino medico, Vincenzo Giglio (8 anni di pena ieri), che invano aveva già cercato di sapere dal capo centro in Calabria del servizio segreto Aisi se sui Lampada vi fossero indagini. Ed è a casa propria che il magistrato in 5 incontri con il boss tra febbraio e aprile 2010 gli rivela che a Reggio Calabria, mentre esistono accertamenti per riciclaggio sulla famiglia dei Condello, non ci sono misure di prevenzione in corso nè indagini su Lampada. La notizia è giusta ma sbagliata: nel senso che Lampada è già indagato, ma «è ipotizzabile che il magistrato abbia attivato fonti magari inconsapevoli dell’avvenuta iscrizione, basatesi» su una informativa dei carabinieri allegata solo in parte a una richiesta di altri arresti «trasmessi all’ufficio del giudice per le indagini preliminari, e da cui effettivamente» in quel momento «non traspariva alcunché nei confronti dei Lampada».
La terza rivelazione di segreto, sull’esistenza a Milano dell’allora segreta inchiesta «Tenacia» dei carabinieri del Ros, è stata poi contestata a Giglio in forza delle intercettazioni ambientali tra un uomo vicino ai clan, Giovanni Ficara, e un commercialista, Giovani Zumbo, che nei tribunali andava per la maggiore come amministratore giudiziario di beni confiscati, fin quando non è stato arrestato e si è rivelato anche in rapporti con i servizi segreti. Ficara: «Giglio come ha detto che si chiama...?». Zumbo: «Questa operazione?». Ficara: «Tu me l’hai detto! Qualche altro pentito...Giglio che dice...che dice...Tenacia!». Zumbo: «Operazione Tenacia...lavorava il Ros di Milano».
Luigi Ferrarella