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 2013  febbraio 07 Giovedì calendario

I LEADER E IL MITO DEL «PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI»

Il «primo Consiglio dei ministri» è il nuovo «i primi cento giorni». Nella sfera della politica ha il valore simbolico della prima notte di nozze, il tempo dell’ardore, della meritata realizzazione di un desiderio da tanto vagheggiato. Berlusconi ne ha fatto un appuntamento fisso. Nessuno gli chiede del secondo o terzo Consiglio dei ministri. Sarebbe sgarbato. E poi, vuoi mettere la febbre della prima volta, con tutta quell’Imu da restituire cash seduta stante, con il grigiore della routine?
Berlusconi semplifica molto le cose, pro domo sua. Prima contraddizione: se lui, dopo l’eventuale vittoria del centrodestra, sedesse nel primo Consiglio dei ministri, lo farebbe da ministro dell’Economia e non da premier: ma è il premier a dettare l’agenda della prima riunione del governo. Seconda contraddizione: quando gli chiedono come mai in tutti questi anni lui ha combinato pochino rispetto alle promesse, Berlusconi se la prende con il sistema che non lo lascia lavorare. Ora, perché dovrebbero lasciarlo lavorare nel primo Consiglio dei ministri? Replica: cambiamo la Costituzione. Ma la Costituzione, costituzionalmente, non si può cambiare nel primo Consiglio dei ministri. Come la mettiamo?
Ma questa nuova moda del «primo Consiglio dei ministri» funziona, ha impatto, piace e perciò anche gli avversari di Berlusconi si sono messi a sciorinare i provvedimenti che, con sbrigativo decisionismo, adotteranno by-passando le lungaggini burocratiche dell’inconcludente democrazia parlamentare. Berlusconi promette che in quella prima riunione, espletati i saluti di rito tra i membri del nuovo governo, il Consiglio nella sua collegialità delibererà la restituzione dell’Imu sulla prima casa, la cancellazione dell’Irap e altro. Bersani, colto sul vivo, ha ribattuto che nel «primo Consiglio dei ministri» il suo governo darà i diritti di cittadinanza agli immigrati, reintrodurrà il falso in bilancio, farà una legge più severa sul conflitto di interessi e toglierà l’Imu sotto i 500 euro. Realizzabile? Non importa: importa che sia nel «primo Consiglio dei ministri», non il quarto o l’ottavo. Anche Mario Monti, incalzato da una domanda di Giovanni Floris a "Ballarò" ha detto che cosa intende fare nel «primo Consiglio dei ministri»: una radicale sforbiciata al finanziamento pubblico dei partiti (tenendosi però sul vago a proposito dell’uso dei rimborsi elettorali per la sua "Scelta civica"), un dimezzamento del numero dei parlamentari da attuare con modifica costituzionale, ma da preparare nei dettagli nell’agenda di governo.
Questa insomma è la campagna elettorale in cui si è prepotentemente imposta la figura retorica del «primo Consiglio dei ministri». Berlusconi, per la verità, non è la prima volta che ricorre alla suggestiva influenza di questa immagine. Nel 2008, mentre Napoli era sommersa da cumuli di rifiuti, disse che il «primo Consiglio dei ministri» e anche quelli successivi si sarebbero tenuti nel capoluogo campano, trasmettendo così il volto di un impegno febbrile per risolvere in fretta una delle vergogne che gravavano sull’Italia. Promessa mantenuta, almeno quella volta. Poi passati i primi Consigli napoletani, sparita per un bel pò l’immondizia, poco si è saputo delle incalzanti realizzazioni messe a punto nei Consigli dei ministri che hanno scandito il governo Berlusconi fino al suo scioglimento nel novembre del 2011. Ma a quel punto l’enfasi dei "cento giorni" si era dissolta, la campagna elettorale così prodiga di annunci e di promesse già appariva come un periodo remoto, lontanissimo, perso nelle nebbie del tempo. Però il richiamo di quella formula è fortissimo. Evoca decisioni rapide, provvedimenti presi a tambur battente, un governo che non si perde nelle minuzie della dilazione continua. Dà l’aria di un consiglio d’amministrazione destinato a scelte solenni e impegnative. Regala una temperatura elevata, il tempo senza fronzoli delle opzioni super-veloci. Per questo Berlusconi, pur con pochissime possibilità di presiederlo mai, quel benedetto «primo Consiglio dei ministri», ne fa una carta elettorale molto seducente e anche, come si è visto, molto imitata dai suoi concorrenti. Per questo è del tutto irrilevante che nel «primo Consiglio dei ministri» si faccia veramente quello che viene promesso per il «primo Consiglio dei ministri». Altro che Imu.
Pierluigi Battista