Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 6/2/2013, 6 febbraio 2013
NESSUN PANICO ORA PER IL SUPERYEN: PRIMA DELLA CRISI VALEVA DI PIÙ
Signor Galimberti, mi occupo dell’export in un pastificio del Sud e per professione seguo molto i cambi e le valute. Noi esportiamo anche in Giappone, ma ci riesce difficile perché lo yen si svaluta e in sei mesi l’euro è salito del 30% sullo yen. Ho letto sui giornali di guerre valutarie, ognuno vuole avere una moneta più debole per esportare meglio, e c’è una cosa che non capisco. Siamo in una crisi economica fortissima e io so quante richieste di lavoro dobbiamo rifiutare perché riusciamo a malapena a tenere i nostri. Quando c’è la crisi la moneta si dovrebbe indebolire, e invece l’euro è forte. Non solo contro lo yen ma anche contro il dollaro. Perché la banca centrale europea tiene l’euro così forte? É come darsi la zappa sui piedi. Ho letto che Draghi è tanto bravo, ma se desse una mano a noi esportatori sarebbe meglio, per noi e per tutta l’economia italiana.
Gaia Miller
Cara Miller,
vorrei dapprima sgombrare il campo da un equivoco che è molto comune. L’equivoco è quello che vede la Banca centrale responsabile del cambio, cioè del valore esterno, della moneta. La Banca centrale è responsabile della moneta, ma solo del suo valore interno, cioè a dire del suo potere d’acquisto. Un potere d’acquisto che, come sappiamo, viene eroso dall’inflazione. Quindi il primo dovere della Banca centrale è di combattere l’inflazione e, subordinatamente a questo imperativo, di sostenere l’economia. Questa gerarchia di obiettivi vale per la Bce. Per la Federal Reserve americana, invece, non c’è subordinazione: lo statuto della Fed dice che deve sia combattere l’inflazione che assicurare la massima occupazione. C’è contrasto fra questi due obiettivi? No, dice la Fed, risolvendo elegantemente il problema: si possono perseguire ambedue. Allora, chi decide del valore esterno della moneta? Lo decidono i mercati e, subordinatamente, per quanto in loro potere, i governi: se questi ultimi vogliono correggere gli andamenti dei mercati non hanno che dare istruzioni alla Banca centrale di intervenire con acquisti o vendite di valute. Che tuttavia di solito lasciano il tempo che trovano, dato che gli interventi sono una goccia rispetto all’ammontare di fondi che transitano nei mercati delle valute.
Ma veniamo alla sua domanda su yen ed euro. É vero che quando il ciclo langue ognuno cerca di tirare la coperta dalla sua parte e spera di avere una moneta più debole, cioè più competitiva. Naturalmente, non è possibile, perché i rapporti di cambio sono come le altalene (quelle sull’asse in bilico): quando uno va su, l’altro va giù, non possono andare tutti e due giù. Ora lo yen - lei ha ragione - si è svalutato del 30% contro euro nel giro di pochi mesi. Ma le valute sono notoriamente ballerine; bisogna apprezzarne l’andamento lungo un lasso di tempo un po’ più lungo per capire se è in corso una "guerra valutaria", come amano titolare i giornali, o se si tratta semplicemente di una correzione rispetto a una oscillazione che aveva in precedenza esagerato nell’altro senso. E in effetti lo yen ha ragione: anche alle attuali quotazioni si trova, rispetto all’euro, del 22% più forte (e quindi meno competitivo) rispetto al suo cambio di prima della Grande recessione.