dossier 7/2/2013, 7 febbraio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - GLI SCANDALI, DA ULTIMO QUELLO DELL’ENI
MILANO - Una commessa di 11 miliardi di dollari e una maxi tangente da 197 milioni di euro. Un canovaccio già visto che coinvolge la Saipem, la controllante Eni e il suo amministratore delegato, Paolo Scaroni. Per aggiudicarsi i lavori del progetto Medgaz e del progetto Mle in joint venture con l’ente di stato algerino Sonatrach, le due società italiane avrebbero versato alla società di Hong Kong, Pearl Partners Limited dell’intermediario Farid Noureddine Bedjaoui quasi 200milioni di presunte mazzette da distribuire a faccendieri, esponenti del governo algerino e manager della stessa Sonatrach.
Per capire la vicenda, che ha investito i vertici di Saipem, portando alle dimissioni del vicepresidente e dell’amministratore delegato, Pietro Franco Tali, del direttore finanziario Alessandro Bernini e alla sospensione cautelare del direttore dell’area Engineering&Construction, Pietro Varone, il nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza è andato dritto al cuore dell’Eni, perquisendo gli uffici di Scaroni a Roma, a San Donato Milanese e la sua abitazione di Viale Majno a Milano. Il numero uno dell’Eni, avrebbe partecipato almeno a un incontro con Bedjaoui, per far aggiudicare all’Eni e alle sue società le commesse miliardarie. Ora Scaroni risulterebbe indagato e le due società, Eni e Saipem sarebbero coinvolte per via della legge 231 sulla responsabilità amministrativa nei confronti dei propri dipendenti.
Secondo le indagini dei sostituti procuratori Fabio De Pasquale, Giordano Baggio e Sergio Spadaro, i rapporti con la Pearl Partners per conto dell’Eni sarebbero stati tenuti dai manager Pietro Varone e Alessandro Bernini e dai documenti sequestrati sarebbero emersi dei legami economici tra Bedjaoui, rappresentante legale della società di Hong Kong con la ex moglie di Varone: si indaga su alcuni versamenti all’azienda agricola di Varone di cui lo stesso Bedjaoui risulta socio.
Avere Bedjaoui come amico, del resto, era fondamentale per operare in Algeria. Il faccendiere è il nipote dell’ex ministro degli Esteri algerino ed è stato indicato da una gola profonda dell’inchiesta sia come il tramite per poter influire sul potente ministro dell’Energia, Chekib Khelil, sia come il dispensatore delle tangenti per ottenere i contratti miliardari.
«Nel corso del 2007 - dice la fonte ai magistrati - ho saputo da Varone che si sarebbe incontrato a Parigi con Chekib Khelil e “il suo contatto” (Bedjaoui n.d.r). Poi ha cominciato a chiamare quest’ultimo “il giovane” e quindi aveva preso l’abitudine di dirmi che incontrava “il vecchio” e “il giovane”». Gli incontri non sarebbero stati meno di cinque e a uno di questi avrebbe partecipato, sempre in un albergo di Parigi, l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, con il responsabile di Eni per il Nord Africa, Antonio Vella. Il tema era una commessa per aumentare la redditività del giacimento di Menzel Ledjemet Est.
(07 febbraio 2013)
DRAGHI E IL CASO MPS
MILANO - Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, entra a gamba tesa nella partita Mps e rivendica la correttezza dell’operato di Bankitalia: "C’è un rapporto dettagliato della Banca d’Italia, che ha fatto tutto quello che doveva e ha agito velocemente, nell’ambito delle sue competenze legali. L’operato fu corretto, lo ha riconosciuto anche il Fondo monetario internazionale: c’è il rapporto del team di valutazione finanziaria del Fmi dichiarò pubblicamente che l’azione fu tempestiva e appropriata".
Draghi è quindi intervenuto sul ruolo della vigilanza e sulla futura sorveglianza bancaria europea che sarà esercitata dalla Bce: "Una cosa che questa vicenda insegna è che più poteri all’autorità di vigilanza avrebbero aiutato. La banche centrali dovrebbe avere il potere di rimuovere i manager qualora necessario".
Spetterà ora alla banca senese "portare avanti il programma di ristrutturazione, ritornando in salute e in grado di generare profitti", ha aggiunto Draghi, ricordando di aver firmato "entrambe le ispezioni su Mps" quando era presidente di Bankitalia, organismo che, ha sottolineato, "non ha poteri di intervento politico o giudiziari". Di più, secondo il banchiere su Mps c’è "molto rumore elettorale bisogna fare la tara su molto di quanto si legge sulla stampa, sui blog, e altrove". Per Draghi, però, il caso Mps "non è risolto per niente".
(07 febbraio 2013)
TUTTI A GIUDIZIO I VERTICI MPS
MILANO - I sequestri per 40 milioni effettuati ieri dalla Guardia di Finanza, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Siena che riguarda l’acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi, interesserebbero principalmente due conti, di 19 e oltre 7 milioni di euro, intestati a Gianluca Baldassarri ed a Alessandro Toccafondi. I due, all’epoca dell’operazione perfezionata tra il 2008 e il 2009, erano rispettivamente l’ex capo area finanza di Mps e il suo vice. Altri 12 milioni apparterrebbero a tre broker che non hanno mai fatto parte della banca senese: Fabrizio Cerasani, David Ionni e Luca Borrone.
I soldi sui 5 conti- Questi ultimi tre sono entrati nel procedimento in quanto le loro liquidità - è scritto nel decreto di sequestro - sono emerse con riferimento a scudi fiscali che hanno effettuato negli anni 2009-2010 mediante il Monte dei Paschi di Siena, il cui provento è stato poi trasferito su conti correnti e dossier titoli accesi presso Allianz Bank Advisor Spa. Gli inquirenti sospettano che essi siano stati in contatto con gli ex vertici di Mps coinvolti nell’inchiesta. A Cerasani - fondatore e direttore della società Enigma Securities di Londra e legale rappresentante in Italia - sono stati sequestrati circa 7 milioni di euro; la stessa somma a Ionni (anche lui, secondo quanto si è appreso, collaboratore della società Enigma); a Borrone poco più di 200 mila euro. Il resto dei sequestri ha riguardato liquidità e titoli di Baldassarri (circa 19 milioni di euro) e Toccafondi (circa 7 milioni).
I decreti di sequestro sono stati notificati dal nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza. Si tratta di denaro che, secondo gli inquirenti, la cosiddetta ’"banda del 5%" (dal soprannome della "cresta" su operazioni ritenute in danno a Mps) ha fatto rientrare in Italia con lo scudo fiscale. La misura disposta dai magistrati senesi rappresenta uno sviluppo nelle indagini su alcuni investimenti, che vedeva Lutifin intermediaria per Dresdner, i cui atti sono stati inviati alla città del Palio dalla procura di Milano.
Associazione a delinquere per truffa - Nei decreti probatori, i pm scrivono che Baldassarri e Toccafondi avevano "assunto un ruolo verticistico e di organizzazione dell’associazione criminale", con lo "stabile contributo" di Cerasani, Borrone e Ionni "che garantivano loro adeguato supporto e connivenze, nell’ambito di una struttura plurisoggettiva organizzata". Secondo i pm Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Aldo Natalini, inoltre, è "sicura la provenienza illecita delle liquidità e dei totali amministrati". I circa 40 milioni di euro tra titoli e conti correnti posti sotto sequestro, aggiungono i pm, costituiscono "prova del commesso reato in quanto oggetto delle operazioni illecite condotte all’interno dell’Area finanza della Banca Mps, attraverso riconoscimenti illegali e paralleli veicolati nell’ambito di operazioni diversamente denominate intrattenute con collaterali, tenuto conto anche della sproporzione degli importi scudati rispetto alle entrate ufficiali degli indagati e a tutte le altre fonti di reddito a loro riconducibili".
Intanto, questa mattina, in Procura a Siena, i pm che indagano sul Monte dei Paschi hanno incontrato i funzionari dell’unità di informazione finanziaria di Bankitalia che avrebbero consegnato ai magistrati documentazione nell’ambito della collaborazione tra le due istituzioni che dura da diversi mesi.
Verso giudizio immediato - La procura di Siena è pronta a chiedere un giudizio immediato per gli ex vertici. E’ quanto emerge dalla lettura dell’invito a comparire notificato il 2 febbraio all’ex direttore generale dell’Mps, Antonio Vigni. Il passo dei pm riguarda i reati di ostacolo dell’esercizio delle funzioni delle autorità di vigilanza, falso in prospetto e manipolazione del mercato in concorso. Oltre che per Vigni la procura sarebbe già pronta ad andare a giudizio anche nei confronti dell’ex presidente Giuseppe Mussari, dell’ex direttore finanziario Marco Morelli, dell’ex responsabile legale Raffaele Giovanni Rizzi e per un altro direttore finanziario, Daniele Pirondini.
Il futuro. L’istituto senese però prova a guardare al futuro e dopo aver iscritto a bilancio perdite potenziali da derivati per 730 milioni, l’amministratore delegato Fabrizio Viola ha annunciato - parlando con gli analisti - che Mps emetterà i "Monti bond nei prossimi giorni. La delibera è arrivata dal cda di ieri che ha attribuito la delega al presidente e all’ad per l’emissione". Il prestito sarà probabilmente restituito nel 2016. Il banchiere ha quindi ribadito che la verifica del portafoglio è stato completata ieri: "In una banca commerciale come il Montepaschi, la finanza deve avere un peso residuale e comunque funzionale all’attività" principale. Viola ha poi ripetuto che "non ci sono altre Santorini". Segnali accolti positivamente dal mercato con acquisti sul titolo.
In particolare, gli strumenti strutturati sono stati corretti dal Montepaschi e "trasformati in semplici finanziamenti", ha spiegato Viola. Alexandria e Santorini ’’’sono state trasformate in asset swap con oggetto titoli di Stato". Mentre "Nota Italia è un’operazione del 2006 che incorporava un derivato con oggetto la protezione sul rischio Italia, assimilabile soprattutto ai Btp, che non era stato correttamente contabilizzato sin dall’inizio dell’operazione. A gennaio avevamo già chiuso il derivato sul rischio Italia, riducendo il rischio complessivo della banca. Questa chiusura ci consente, a fronte dell’impatto negativo, di avere un effetto positivo grazie alla plusvalenza tra la chiusura del derivato e il valore che avevamo attribuito al 31 dicembre. Una plusvalenza riconducibile al calo dello spread". Viola ha poi provato a rassicurare la comunità finanziaria spiegando che "non c’è fuga di depositi" da Mps precisando che nei primi giorni in cui è emerso lo scandalo "come è logico, soprattutto nella componente piu volatile della raccolta, come fondi e istituzionali, ci sono stati dei movimenti in uscita".
Azione di responsabilità. L’amministratore delegato di Mps ha quindi spiegato che ieri il cda non ha valutato l’ipotesi di un’azione di responsabilità nei confronti della precedente gestione: "Non ne abbiamo parlato semplicemente perchè non sarebbe stato possibile. Prima il cda accerta gli errori e poi le strutture della banca si muovono nel valutarne le conseguenze. Vedranno quando riportare la materia in cda per valutare eventuali azioni responsabilità".
Fusioni. Nel futuro a breve del Monte dei Paschi non c’è nessun progetto di matrimonio. "Non c’è niente di niente" afferma l’ad Fabrizio Viola interpellato dagli analisti sull’ipotesi di una fusione con un altro gruppo. "Stiamo lavorando a un piano industriale impegnativo e oggi reso ancora più complesso, ma è una spinta a fare ancora di più, siamo ancora più motivati" afferma Viola che aggiunge: "Non mi distraggo nè con gli articoli di matrimoni o altre cose, sarebbe negativo distrarsi". Alla domanda se ci sia ancora spazio in Italia per una terza grande banca commerciale indipendente il banchiere replica: "Mps è la terza banca del paese e vuole rafforzare nel tempo la sua missione commerciale".
(07 febbraio 2013)
COMMENTO DI UN LETTORE
mammapitopitolino5 ore fa
Vogliamo parlare del fatto che mentre MPS acquistava l’ANTOVENETA, ponendo le condizioni del futuro dissesto, il Governatore della Banca d’Italia era tale Draghi?
E che Draghi è oggi Governatore della BCE ?
Vogliamo pure aggiungere che nel 2010 MPS ha pure superato lo "stress test" effettuato dal Committee of European Banking Supervisors (CEBS)? Il test analizzava la solidità patrimoniale degli istituti bancari per verificare le capacità di resistenza alle crisi
Vogliamo proporre una norma internazionale che preveda il perfezionamento di contratti derivati solo con l’autorizzazione della Banca di Vigilanza?
Così poi non dicono che non ne sapevano nulla?