Nicola Lombardozzi, la Repubblica 6/2/2013, 6 febbraio 2013
I GIOCHI BIANCHI DELLO ZAR PUTIN PODI E AFFARI SFIDANDO IL CAUCASO
SOCHI Il fascino che non ti aspetti delle montagne russe. Sono belle, selvagge il giusto, con una sorprendente vista sul mare. E, cosa assolutamente straordinaria da queste parti, appaiono pure ben organizzate. A un anno esatto dalla cerimonia d’apertura, i Giochi Olimpici invernali “Sochi 2014” sembrano esattamente quello che il Presidente Vladimir Putin voleva realizzare sin dal primo giorno: una vetrina luccicante di una Russia diversa e moderna che possa far dimenticare, almeno per qualche settimana, la repressione scientifica del dissenso, le leggi anti gay, il carcere duro per le Pussy Riot, e tutte quelle piccole grandi cose che macchiano la reputazione internazionale del Paese.
A Sochi, perla zarista, poi sovietica e adesso Putiniana sulle rive del Mar Nero, tutto ostenta modernità ed efficienza. L’eterno senso di inferiorità nei confronti dell’Occidente si trasforma in una imitazione ben riuscita: tutte le scritte replicate in inglese, personale giovane e motivato, tecnologia digitale applicata ossessivamente dal teatro di gare fino alla prenotazione dei ristoranti. Non fosse per quelle colonne di automobilisti disperati bloccati per ore sulla ex Prospettiva Stalin che taglia la città da Nord a Sud, parrebbe proprio di essere finiti in un altro mondo rispetto al caos delle grandi metropoli russe. «Disagi momentanei», ti dice sorridendo Evgenja, bionda guida olimpica poliglotta, fresca di uno stage a Londra. «Qualcuno si lamenta, è ovvio. Ma è come fare i lavori dentro casa continuando ad abitarci dentro. Un prezzo da pagare ».
Le soluzioni sono in via di costruzione: una tangenziale che sarà finita entro l’estate e la messa
a regime della ferrovia che porterà alle piste e agli impianti ventimila persone all’ora. Putin in persona ha fatto un mese fa il viaggio inaugurale e sorrideva soddisfatto per come sta crescendo quella che considera una sua creatura. È tutta sua la scelta di puntare su Krasnaja Poljana (prato rosso), una valle a pochi chilometri dal mare, meta fino a poco tempo fa di rari sciatori solitari. Le piste circostanti con i loro duemila e cinquecento metri di altezza e milletrecento di dislivello, sono del resto le uniche in tutta la Russia che possano garantire delle gare di sci alpino di un certo livello. E l’ostinazione con cui il Presidente ha lavorato per “Sochi 2014” aveva anche valide ragioni politiche. Piazzare una manifestazione tanto importante nel cuore del Caucaso che rigurgita di bande di terroristi e di eserciti indipendentisti fa parte infatti del disegno che vuole cancellare agli occhi del mondo e dei russi stessi un fenomeno che ancora fa vittime ogni giorno.
Le misure di sicurezza dispiegate negli anni sono spaventose ma discretamente occultate. I controlli sono ancora più capillari in particolare
sulla strada che collega, ad appena venti chilometri, la repubblica autonominata di Abkhazia strappata alla Georgia nella guerra
del 2008. Interi battaglioni dei servizi segreti lavorano costantemente nell’ombra, esaminano dati e comportamenti dei 95 mila operai
addetti ai cantieri, partecipano e sovrintendono a qualunque intervento dalla chiusura di un tombino alla costruzione di un grattacielo albergo. Come monito costante hanno il ricordo della strage in cui fui ucciso nel 2004 il presidente della vicina Cecenia, dilaniato da una bomba collocata nel pilone di uno stadio.
Lo scenario di Krasnaja Poljana è quello di tutti i siti olimpici a un anno dal via. Cantieri come alveari con operai in servizio continuo ventiquattro ore su ventiquattro. Palazzi, villaggio olimpico, alberghi e strutture che sembrano ancora un po’ indietro con i tempi. Ma non c’è panico. Il governo non bada a spese. Nessuno ha fatto una piega quando si è scoperto che il preventivo iniziale di 8 miliardi di euro è lievitato fino a quasi 38. Forse resteranno incompiuti un paio di grattacieli che stanno sconvolgendo lo skyline da rilassante stazione marittima di Sochi. Ma non sarà un grave danno. Gli imprenditori si rifaranno con il dopo. Sochi sarà sede del ritiro della nazionale russa di calcio di Fabio Capello ai mondiali del 2018. Dal 2014 ospiterà su un circuito semicittadino anche un Gp di Formula Uno. E anche il vertice G8 negli stessi spazi utilizzati per i Giochi. Senza contare che il
battage
pubblicitario internazionale dovrebbe portare un afflusso di turisti da record.
Le Olimpiadi daranno a Putin la possibilità di fare quel colpo d’immagine non riuscito al regime sovietico con i giochi del 1980 offuscati dal boicottaggio americano. Le strutture dello stadio di hockey, di quello del pattinaggio di velocità
e del palazzetto destinato al curling brillano già sulla penisola a strapiombo sul mare che ospiterà anche lo stadio destinato alla cerimonia d’apertura e quello del pattinaggio artistico. Una piattaforma unica tra mare e montagna che sarà collegata con treni e funivie alle piste di sci alpino e di fondo di Krasnaja Poljana dominate dal trampolino olimpico che incombe sulla valle. Chi ha provato le piste le trova all’altezza della competizione. Con qualche perplessità su quelle destinate alla discesa maschile e allo slalom femminile considerate di difficoltà eccessiva per la ripidità del dislivello.
I giornali decantano le mirabilie della nuova fiaccola a forma di “uccello di fuoco” che evoca una antica fiaba russa e lasciano filtrare inattendibili anticipazioni sulla cerimonia d’apertura che sarà comunque in chiave di rivisitazione storica sull’esempio di Londra 2012. Tutto esaminato, controllato, modificato nei dettagli da un attivissimo Putin che almeno una volta al mese dedica un paio di giorni alle “sue” Olimpiadi nella dacia alle porte di Sochi, poco distante da quella che fu di Stalin e che adesso diventerà un albergo per turisti in cerca di brividi. Stalin non l’amava molto. Preferiva le residenze in Crimea o nella natìa Georgia. E forse non avrebbe mai immaginato quanto Sochi potesse un giorno diventare fondamentale per ridisegnare l’immagine esterna della Russia.