Vincenzo Rutigliano, Il Sole 24 Ore 6/2/2013, 6 febbraio 2013
I 250 CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO DI NICHI L’ANTI-BIAGI
La combatte nelle piazze, ci fa i conti in casa. Nichi Vendola attacca da anni quella che chiama la flessibilità esasperata e la precarizzazione del lavoro – ancora nelle settimane scorse definiva insostenibile «un mercato del lavoro segnato da 47 forme di contratto a tempo determinato» – eppure nella regione che amministra dal 2005, queste tipologie contrattuali sono tutt’altro che evitate. In questi anni, infatti, sono stati sottoscritti almeno 250 contratti a tempo determinato per profili professionali di funzionari direttivi di categoria D – con il corrispondente mansionario e trattamento retributivo come da contratto collettivo nazionale e integrativo aziendale – quasi tutti «dedicati» alle procedure di impegno e di rendicontazione della spesa Ue. Con risultati oggettivamente positivi se la regione è risultata prima, tra quelle dell’ex-obiettivo 1, per impegno e rendicontazione della spesa comunitaria.
Il 90% dei 250 dipendenti a tempo determinato gestisce dunque tutte le procedure dei fondi strutturali Ue nei settori regionali di riferimento: formazione, lavoro, ambiente, opere pubbliche ecc. Il loro contratto scadrà a dicembre 2015, esattamente al termine della rendicontazione della spesa dei fondi Ue del periodo 2007-2013, non un giorno di più, e sono gli stessi selezionati nel 2010 e poi prorogati, per esigenze eccezionali, per altri 3 anni. A giustificare la proroga è stato proprio il tipo di servizio prestato, sempre lo stesso, altamente professionale e specialistico, di cui continuare ad assicurare lo svolgimento nei diversi settori della macchina regionale.
I 250, oltre a una decina utilizzati durante i picchi di attività, sono poco meno del 10% dei 2.700 dipendenti a tempo indeterminato occupati dalla regione, un dato che Davide Pellegrino, capo di Gabinetto del presidente Vendola, definisce da primato perché «la Puglia ha l’indice più basso tra le regioni italiane nel rapporto tra popolazione servita ed apparato amministrativo». Tutti i funzionari a tempo determinato sono stati selezionati con procedure a evidenza pubblica giustificate, appunto, dalle carenze di organico e dall’assenza, all’interno dei settori, delle professionalità ritenute necessarie per i compiti da assolvere.
Non potendo né stabilizzare i funzionari, né violare le regole sul turn over, la regione di Vendola ha utilizzato dunque i contratti a tempo determinato., una tipologia che Pellegrino definisce sì una forma flessibile, «ma è quasi a tempo indeterminato, perché non è lavoro interinale, né somministrato, né Cococo o Cocopro. Insomma abbiamo utilizzato legittimamente gli strumenti legislativi che ci sono, in attesa che cambino». Il dato però rimane perché – come dice Giulio Colecchia, segretario generale della Cisl pugliese – è la conferma che ci sono «due Vendola». Da un lato il furore ideologico e dall’altro i problemi amministrativi, organizzativi e le regole di bilancio della regione che gli impongono certe scelte, di cui deve farsi necessariamente carico. Insomma c’è il Vendola amministratore regionale che deve farsi carico dei problemi concreti e il Vendola «che si permette di dire il contrario di quello che dice», dunque «uno sdoppiamento: da un lato – dice ancora Colecchia – i dati oggettivi, reali e dall’altro le battaglie alle quali non può sottrarsi e allora si smentisce». Quindi il dato oggettivo c’è ed è il problema pratico del blocco delle assunzioni che impedisce alla Puglia, come agli altri enti locali italiani, il ricorso a professionalità specifiche, sia pure assunte a tempo determinato. La regione lo ha fatto – dice in sostanza Colecchia – e ha fatto bene. Resta il nodo del loro utilizzo reale: se cioè tutti sono stati assunti per la gestione dei fondi Ue «o se invece ci siano stati eccessi per finalità non tecniche e io credo – conclude – che questo eccesso ci sia stato per dare una risposta politica. Ecco i due Vendola».