Bruno Tinti, il Fatto Quotidiano 6/2/2013, 6 febbraio 2013
PERCHÉ TRANI INDAGA SU MPS
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”; così dice l’art. 25 della Costituzione. Cosa si intende per “giudice naturale”? È quello a cui compete, per legge, occuparsi di un determinato processo. Il termine tecnico è infatti “competenza”, determinata dal codice di procedura con riferimento al territorio in cui è stato commesso un reato e al tipo di reato (si chiama competenza per materia). Per esempio, un omicidio commesso a Roma è di competenza della Corte di Assise di Roma mentre una truffa, sempre commessa a Roma, è di competenza del Tribunale; ma, se questi reati fossero commessi a Milano, la competenza sarebbe, rispettivamente, della Corte di Assise e del Tribunale di Milano.
Detta così pare semplice; ma ci sono molte variabili. Tornando agli esempi, l’assassino colpisce con un coltello la sua vittima a Roma; ma questa, trasportata nell’ospedale di Napoli, muore lì. La competenza a questo punto è della Corte d’Assise di Napoli, anche se l’azione omicidiaria si è svolta a Roma, perché la morte si è verificata a Napoli. E così una truffa organizzata a Roma potrebbe essere di competenza del Tribunale di Milano se il profitto di essa (per esempio una somma di denaro) venisse consegnato al truffatore in questa città. Questi sono casi elementari ma ce ne sono di estremamente complessi; e capita spesso che i giudici non si mettano d’accordo su chi deve fare il processo: in questi casi interviene la Cassazione.
Per le Procure della Repubblica la cosa è più complicata. All’inizio di un’indagine non si sa mai bene quali reati sono stati commessi; così può succedere che più Procure indaghino su fatti identici o comunque strettamente connessi. Pensiamo alle indagini sul Monte dei Paschi. Teoricamente si possono immaginare moltissimi reati: falso in bilancio, ostacolo all’attività di controllo della Consob, frode fiscale, aggiotaggio, finanziamento illecito dei partiti e chissà quanti altri.
ALCUNE PROCURE potrebbero indagare solo su alcuni di questi reati e altre su reati diversi. Le parti offese di questi reati sono, ovviamente, disperse sull’intero territorio nazionale, il che, almeno per alcuni reati, può radicare la competenza in decine di città. In questi casi una o più Procure possono chiedere al Procuratore Generale presso la Cassazione di stabilire quale Procura deve indagare; e tutte le altre debbono trasmetterle il loro fascicolo (magari decine di faldoni). Ovviamente una procedura del genere è molto complessa e il tempo passa; inoltre ogni Procura in qualche misura duplica le indagini e spende tempo e soldi; si pensi solo alle perizie contabili, che costano migliaia di euro. Insomma, quando si verifica una situazione del genere, gli unici che godono sono gli avvocati e i loro assistiti.
Il problema non è nuovo; si è già presentato per le indagini in materia di mafia. Reati commessi un po’ dappertutto, ramificazioni delle associazioni mafiose sull’intero territorio nazionale: era fatale che molte Procure contemporaneamente si occupassero degli stessi fatti o, almeno, di fatti strettamente connessi tra loro. Così si pensò alla Direzione Nazionale Antimafia: un organismo di coordinamento delle indagini. Non ha funzionato benissimo; né avrebbe potuto: ogni Procura è sempre molto gelosa dei suoi fascicoli e se ne spoglia malvolentieri. Ma almeno vi è stato negli anni un fruttuoso scambio di notizie. Le indagini in materia economica e finanziaria sono però ancora diverse. Presentano le stesse caratteristiche di ramificazione e interconnessione di quelle in materia di mafia; in più sono estremamente specialistiche e richiedono competenze non sempre diffuse. Ecco perché non sarebbe male costituire una Procura Nazionale specializzata in tal genere di reati e unica competente per trattare le relative indagini. Si eviterebbero conflitti, duplicazioni, perdite di tempo e spese inutili; e si garantirebbe una maggiore professionalità.
PERÒ... la magistratura ha garantito (con buona pace di B.) un imparziale controllo di legalità proprio per via della frammentazione del suo potere: ogni pm, ogni giudice può trovarsi a gestire un processo che coinvolge interessi economici e politici di altissimo livello. Se anche qualcuno di questi magistrati persegue interessi privati, suoi o di altri, ciò sarà limitato a un singolo processo, quello di cui si occupa; ma tutti gli altri saranno gestiti secondo la legge. Non solo; ma l’eventuale giudice o pm disonesto può trovarsi a condividere l’indagine con colleghi di statura morale diversa: e le sue malefatte sarebbero presto scoperte. Ma una Superprocura in materia di reati economico-finanziari, sola competente a gestire le indagini, scatenerebbe l’intera classe dirigente del Paese, compatta nell’assicurarsi la nomina di Procuratori Capo e pm fedeli, fidati, controllabili. Il rischio che una Procura del genere divenga una delle tante “Autorità” apparentemente imparziali e in realtà asservite al potere è fortissimo. Non siamo un Paese che può permettersi una struttura di questo genere. Come si dice, stiamo ai primi danni.