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 2013  febbraio 06 Mercoledì calendario

L’INFERNO DEL BOLSHOI MAFIA, VIOLENZA, SESSO E POTERE A MOSCA


Mosca
Il recente attentato al direttore artistico del Bolshoi ha colpito la Russia e il mondo dell’arte. Mentre i medici tentano di salvare la vista allo sventurato ex direttore del teatro, circolano voci inquietanti sulle ragioni del gesto: gelosia professionale, racket del bagarinaggio, sesso. In un caffè di Mosca incontriamo un uomo che si fa chiamare “Andrei”. Per quattro ore parla del teatro Bolshoi come se avesse un conto in sospeso e volesse vuotare il sacco. Dice di aver dedicato tutta la vita al teatro. “È una gloria nazionale, ma ormai la sua reputazione è rovinata”, dice. “Il teatro Bolshoi è diventato un covo di banditi”. Andrei sostiene di sapere chi si è messo in tasca una bella fetta del miliardo di euro circa speso per il restauro del teatro, chi lucra sul bagarinaggio e chi è il ballerino attualmente amante di un oligarca gay.
I NOMI, aggiunge, li ha fatti alla polizia. In genere i teatri sono in tutto il mondo palcoscenici del narcisismo e dell’egoismo più sfrenati, ma dalle parole di Andrei emerge un quadro molto più inquietante e, per certi aspetti, terribile. La linea di demarcazione tra il permesso e il vietato, tra il morale e l’immorale a Mosca è diversa da qualunque città occidentale. E proprio perché l’arte imita la realtà, il Bolshoi è il microcosmo della Russia corrotta e decadente. A mezzanotte circa del 17 gennaio il direttore artistico Sergei Filin se ne tornava a casa dove ad attenderlo c’erano la sua seconda moglie e due dei suoi figli. La strada era coperta di neve. Filin stava per entrare nel portone quando si sentì chiamare. Si voltò e vide un uomo mascherato che nascondeva la mano destra dietro la schiena. Da mesi era oggetto di minacce e in quel momento temette che l’uomo volesse sparargli. Non gli sparò, ma gli gettò in pieno viso una bottiglietta di acido solforico procurandogli ustioni su tutto il volto e gravi danni alla cornea dell’occhio destro. L’aggressore non voleva ucciderlo, voleva distruggere la sua immagine.
IL BOLSHOI è patrimonio nazionale. Il teatro fu fatto costruire dagli zar verso la fine del XVIII secolo come monumento alla loro gloria. Sul sipario figurava in lettere d’oro l’aquila imperiale a due teste dei Romanov. Dopo la rivoluzione l’aquila fu sostituita dalla falce e martello e pare che Stalin, che amava l’opera e il balletto, potesse raggiungere il palco attraverso una galleria segreta che collegava il teatro al Cremlino. Ancora oggi il Boshoi ospita la più grande e prestigiosa compagnia di balletto del mondo che conta 240 ballerini. Tra i ballerini del Bolshoi la concorrenza è spietata. È il direttore artistico – Filin fino alla notte dell’aggressione – a decidere chi è destinato a diventare una star. Non è difficile capire per quale ragione il direttore artistico è il principale nemico dei ballerini. Il suo predecessore, Alexei Ratmansky, se n’era andato nel 2009 sbattendo la porta: “Il Bolshoi è malato, stretto alla gola da fan psicopatici e bagarini e completamente privo di ogni senso morale”.
A Ramantsky ambiva a succedere Gennady Yanin, ma qualcuno pensò bene di sbarrargli la strada mettendo in rete foto che lo ritraevano mentre faceva sesso con alcuni ragazzi e l’omosessualità in Russia, come tutti sanno, non è vista di buon occhio. Il posto toccò a Filin. Filin era ambizioso, forse troppo, dicono alcuni. Il Bolshoi è attaccato alle sue tradizioni e qualunque sperimentazione viene bollata come tentativo di “occidentalizzare” il Bolshoi. Ciò nonostante Filin tentò di modernizzare la compagnia scritturando come primo solista il ballerino americano David Hallberg e come coreografi il britannico Wayne McGregor e il francese Jean Christophe Maillot.
Vladimir Malakov, direttore artistico e primo solista del Balletto di Stato di Berlino, è intimo amico di Filin. Subito dopo l’aggressione il suo commento è stato: “Per caso siamo tornati ai tempi dei Medici?”. Malakov conosce bene la situazione del Bolshoi e il giro di mazzette dietro la vendita dei biglietti. “In Russia il denaro ha rovinato tutto”, commenta. A Mosca il principale nemico di Filin in seno alla compagnia è Nikolai Tsiskaridze. Il famosissimo ballerino trentanovenne – che non ha mai fatto mistero di ambire alla carica di direttore artistico – ha accusato Filin di essere corrotto. Tsiskaridze non è solo.
LO SCORSO novembre un gruppo di artisti ha pubblicato una lettera aperta al presidente Putin per invitarlo a nominare d’imperio Tsiskaridze direttore artistico sollevando dall’incarico Filin. Ovviamente Tsiskaridze nega di essere coinvolto nell’aggressione, ma sono in pochi a credergli.
In Russia tre sono le ipotesi che si fanno sull’aggressione. Secondo la prima, Filin sarebbe stato vittima della spietata concorrenza tra gli artisti. Altri ritengono invece che tutto ruoti intorno a torbide questioni di sesso. Filin non è gay, ma è talmente attraente che tutti – ballerine e ballerini – sono infatuati di lui. La terza ipotesi ce la fornisce Andrei secondo cui tutto dipende dal fiume di denaro sporco che sta soffocando il teatro. Andrei sostiene che gran parte dei biglietti viene venduta sottobanco ai bagarini con profitti del 100%. Per questa ragione è praticamente impossibile acquistare un biglietto online o al botteghino. “C’è di mezzo la mafia e nessuno osa fiatare”, dice Andrei. In fila al botteghino si vedono sempre le stesse persone che fanno incetta di biglietti. Comprano a tre euro i posti migliori e li rivendono a 300.
QUAL È la verità? Quando si parla del Bolshoi tutto è possibile. “Anche il sesso è in vendita al Bolshoi”, dice Andrei. Voci confermate da Anastasia Volochkova, 37 anni, ex prima ballerina, che di recente ha fatto scalpore postando online alcune sue foto molto “esplicite”. La Volochkova senza tanti giri di parole definisce il suo vecchio teatro un “gran bordello”. Anastasia sostiene che ogni ballerino, maschio o femmina che sia, sa benissimo che un invito a cena da parte di un mecenate delle arti o di un oligarca comporta la più totale disponibilità sessuale. “Chi rifiuta queste regole non scritte può dire addio alla sua carriera”, aggiunge Anastasia. Anastasia Volochkova ha fatto dichiarazioni pesantissime contro il direttore generale Anatoly Iksanov che l’ha licenziata nel 2003. Anastasia dopo il licenziamento si rivolse alla magistratura. Qualche giorno dopo un uomo si presentò nel suo camerino con un mazzo di fiori. “Tirò fuori dal bouquet un coltello e mi disse che avrei fatto meglio ad abbandonare la causa contro Iksanov. Comunque Iksanov non mi fa più paura. Se mi dovesse accadere qualcosa, tutti saprebbero chi andare a cercare. A Iksanov piuttosto converrebbe pagarmi un paio di guardie del corpo”.
Susanne Beyer, Benjamin Bidder, Vladimir Pyliow e Matthias Schepp
© Der Spiegel, 2013
distribuito da
The New York Times Syndicate
Traduzione
di Carlo Antonio Biscotto