Manila Alfano, il Giornale 6/2/2013, 6 febbraio 2013
LA SEGRETARIA È SEMPRE DONNA ED È LEI CHE FA GIRARE IL MONDO
La segretaria è donna. E non per costrizione. È devozione e capacità; professionalità. Hanno già dimostrato le donne del mondo di poter fare qualunque cosa; combattono in prima linea, pilotano aerei di linea, dirigono orchestre, gestiscono multinazionali, fanno i capi di Stato. Eppure, alla faccia delle lotte delle femministe, cinquant’anni dopo, il lavoro per eccellenza femminile, resta ancora cosa da femmina. Proprio come nei ruggenti anni Cinquanta, quando le segretarie alla Joan della serie tv «Mad Men» facevano o meno la fortuna dei loro capi, ancora oggi il lavoro più comune per le donne è quello di «assistente amministrativa». Il titolo è cambiato in onore ai venti femministi degli anni Settanta e, al posto della parola segretaria evocatrice di caffè e liquorini sul vassoietto offerti al «boss» di turno, c’è la più altisonante assistente. Ma i numeri restano uguali: secondo i dati dell’ultimo censimento, le segretarie sono 4 milioni negli Stati Uniti, il 96 per cento di loro sono donne. Come quando nel 1960 meno del 10 per cento delle signore avevano fatto il college e nonostante oggi le donne abbiano un master più frequentemente degli uomini.
Allora c’erano le stenografe, le più veloci e precise vincevano il posto. Come era successo a Millie C. Parsons, la più longeva e fedele impiegata della storia dell’Fbi, assunta nel 1939 e congedatasi il 28 giugno del 2002 con il ruolo di segretaria dopo 62 anni servizio e nessun giorno di assenza per malattia. Dai giorni eroici in cui J. Edgar Hoover iniziava a costruire il mito del Bureau, a quelli meno felici dello scandalo Watergate, alla lotta ad Al Qaeda, Millie ha attraversato 62 anni di storia del Federal Bureau of Investigation, tenendosi stretti segreti e numeri di telefono.
Altra storia leggendaria è stata quella di Brunhilde Pomsel, figura stoica; segretaria del nazista Goebbels. Lei, che per parlare ha aspettato di compiere cento anni. Prima mai una parola, mai una concessione davanti ai continui corteggiamenti dei giornalisti. «Ero la stenografa più veloce, mi assunsero perchè ero la migliore. Rifiutare? Ma no, il suo era un comando». Fedeltà e professionalità, anche quando la sorte ti ha obbligato ad avere a che fare con uomini malvagi.
C’è qualcosa di mistica devozione, nell’essere segretaria, qualcosa di materno forse, un obbligo interiore al dovere e alla fedeltà, alla riservatezza, come è stato per Vincenza Enea. «L’ombra di Andreotti», come l’hanno chiamata tutti per cinquant’anni. Segretaria con la «esse» maiuscola, che tutto sapeva, e tutto vedeva. Mai una confidenza, non mostrava simpatie, lei che con il cuore duro c’era nata. Era entrata giovanissima nel partito fascista e dopo la Liberazione finì in carcere. Nei due mesi di galera le toccò pure mangiare pezzo a pezzo la tessera del fascio. Lei trangugiò e decise che mai si sarebbe iscritta a un altro partito. Poi aveva trovato Andreotti e così il suo ruolo per la vita.
Oggi la segretaria più famosa è Debbie Bosanek, simbolo della lotta per le tasse, segretaria del guru della finanza Warren Buffett, salita alla ribalta quando Buffett disse che lui, multimiliardario, pagava meno tasse della sua segretaria. Poche settimane dopo, Obama ricordava l’esempio presentando il piano di riduzione del deficit da 4mila miliardi di dollari. E Debbie era già diventata leggenda.
Oggi - secondo gli ultimi dati del Census Bureau - i lavori più comuni per le signore sono: segretaria, cassiera, insegnante, infermiera, assistente medica. Qualcosa è cambiato dagli anni ’50, ma il compito della segretaria, se fatto da donna, forse è meglio.