Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 06/02/2013, 6 febbraio 2013
STERILIZZAZIONE EUGENETICA IL MITO DELLA RAZZA PERFETTA
Ho letto recentemente che negli anni Venti in America, in particolare in Virginia e in California, vi furono numerosi casi di sterilizzazione forzata per impedire la riproduzione di persone affette da demenza, o da un basso quoziente d’intelligenza e persino da epilessia. L’ho trovato sorprendente, poiché pensavo che l’eugenetica fosse appannaggio dei regimi totalitari, in particolare del nazisti. Scopro che le stesse idee erano condivise dagli americani? Ho capito bene?
Saskia von Humboldt
Roma
Cara Signora, il caso è scoppiato in Virginia dove un vecchio signore, l’ottantacinquenne E. Lee Reynolds, ha chiesto d’essere indennizzato per la sterilizzazione subita quando, appena adolescente, era stato brutalmente picchiato da un cugino. Soffrì a lungo di crisi apoplettiche e sembrò che quella terribile vicenda avrebbe fatto di lui una sorta di relitto umano. Le cose, per fortuna, andarono diversamente. Reynolds si arruolò nel corpo dei marines, combatté in Corea e in Vietnam, fu congedato dopo trent’anni di onorato sevizio. Ma nel frattempo lo Stato della Virginia si era valso di una legge promulgata nel 1924 per ordinare la sua sterilizzazione. Occorreva evitare che la sua tabe (come venivano chiamate allora le malattie croniche degenerative) si trasmettesse alle future generazioni.
La Virginia non era allora il solo Stato in cui il Parlamento avesse adottato un «Eugenetic Sterilization Act», una legge per la sterilizzazione eugenetica. Il primo era stato l’Indiana nel 1907, seguito da altri 32, e gli sterilizzati sarebbero stati, complessivamente, non meno di sessantamila. Per compensare Reynolds due deputati della Virginia hanno depositato un progetto di legge che prevede il pagamento di 50.000 dollari, ma qualcuno ha cominciato a chiedersi quante persone avanzerebbero la stessa richiesta e quanto costerebbe ai singoli Stati, spesso pesantemente indebitati, l’applicazione di una legge che sembrava allora necessaria al futuro dell’umanità. In un articolo dedicato al caso Reynolds, il Washington Post del 31 gennaio ricorda che la norma sulla sterilizzazione forzata venne approvata con il parere favorevole degli scienziati dell’Università della Virginia. Vi fu qualcuno, per la verità, che decise di ricorrere alla Corte Suprema, ma il ricorso fu bocciato con una motivazione redatta da Oliver Wendell Holmes, ancora oggi venerato nelle facoltà di giurisprudenza degli Stati Uniti come uno dei massimi giuristi del XX secolo. La norma era giusta e opportuna, secondo Holmes, per evitare che la società fosse «travolta dall’incompetenza».
Aggiungo, cara Signora, che le leggi sulla sterilizzazione eugenetica erano spesso accompagnate da leggi sull’«integrità razziale» in cui si stabiliva, tra l’altro, quanto sangue «bianco» fosse necessario per essere considerati «caucasici», come venivano definite negli Stati Uniti le persone di pelle chiara. Eugenetica e razzismo hanno ascendenti diversi. La prima è figlia del grande progresso degli studi medici nel clima positivista dell’Occidente fra Ottocento e Novecento. Il secondo è il figlio bastardo dei miti romantici sulla razza perfetta. Ma quando marciano insieme, come nella Germania nazista, diventano strumenti di oppressione e sterminio.
Sergio Romano