Cinzia Sasso, D, la Repubblica 26/1/2013, 26 gennaio 2013
IO, DANIEL E LA MUSICA
[Elena Bashkirova è tra le pianiste più stimate della sua generazione. E la moglie di Barenboim: «Quando sono in Italia mi dedico solo a lui. Quasi una vacanza»] –
La pianista, figlia di un pianista e moglie di un pianista, scende le scale del palazzo nobiliare lentamente e invece che in hotel, sembra che si muova dentro casa sua. Avanza nella hall in jeans attillatissimi, infilati negli stivali taccati, e non sembra nemmeno la stessa signora che in abito lungo, sul palcoscenico, fa un piccolo inchino, socchiude gli occhi truccati da gran diva e siede davanti alla tastiera. Si chiama Elena Dimitrievna Bashkirova, ha 54 anni, è nata a Mosca ed è una delle pianiste più stimate della sua generazione. È figlia di un pianista famosissimo - Dimitri Bashkirov - e di una violinista e ti chiedi se era un destino segnato, se ha avuto la strada spianata, se il suo talento è ereditario, ereditato o genetico. Si è sposata per la prima volta a vent’anni e per questo ha lasciato il suo paese: «Sono cose - dice ora - che si fanno solo a quell’età». Lei è scappata dietro all’amore e alla libertà, senza pensare che questo, nella Russia degli anni 70, avrebbe avuto delle conseguenze e che chi le ha pagate sono stati i suoi affetti.
L’avevo incontrata vestita da sera, abbagliante di lustrini. Era la sera della prima della Scala e dopo il Lohengrin trionfale, alla cena d’onore alla Società del Giardino, non aveva nemmeno assaggiato gli antipasti. L’altro pianista di famiglia - Daniel Baremboim, 70 anni, suo marito - pur ebbro del successo clamoroso aveva troppo dolore a una gamba e non ce l’ha fatta a resistere neppure fino al primo. Dunque, ci siamo date appuntamento per un giorno più tranquillo all’Hotel Et de Milan, che è il luogo dove loro vivono quando sono in città. Un appartamento al primo piano, pieno del fumo dei sigari cubani, disordinato da perderci la testa, la vista su via Manzoni e su uno scorcio della scintillante - e da loro abbastanza ignorata, per la verità - Montenapoleone.
All’appuntamento Elena Bashkirova arriva in jeans, con una di quelle borse gigantesche piene di tutto che usano le donne, una semplice camicia bianca e un delicata catena d’oro bianco con piccoli diamanti. Ma oggi a brillare, sono gli occhi, scurissimi come i capelli, e i denti bianchissimi risaltano sulla bocca carnosa. La signora, di principio e di carattere, sorride: è ben disposta verso la vita. E quando è qui, racconta, ama smettere i panni della musicista ed è felice di essere solo una moglie. La moglie del direttore musicale di uno dei più grandi teatri del mondo, La Scala.
Tutti, in quella famiglia, hanno fatto e fanno una vita incredibile: lui è nato in Argentina, e a sette anni ha dato a Buenos Aires il suo primo concerto ufficiale. È cresciuto in Israele, ha la doppia cittadinanza israeliana e palestinese, e, proprio perché l’ha provato, combatte come può per superare quel terribile conflitto. Un modo specificamente da musicista, l’ha trovato: ha fondato insieme a Edward Said la West-Eastern Divan Orchestra, formata da giovani talenti israeliani e dei paesi arabi.
Elena e Daniel si sono sposati nell’88, quando lui, prima di andare alla Chicago Symphony Orchestra, era direttore musicale dell’Orchestre de Paris, e dal ’92 la loro casa è a Berlino. Una grande casa, con due pianoforti da concerto e uno da esercizio che apparteneva ad Arthur Rubinstein. Succede che studino assieme, nella stessa grande sala, ognuno a pestare sui tasti per ore. La loro unione non ha cambiato la vita di nessuno: c’è un indirizzo stabile, ma sono sempre in giro per concerti. «Per me - dice lei - è normale vivere così, davvero non saprei come si vive in altro modo perché questa è l’unica vita che conosco. Sono nata in una famiglia di musicisti, mio padre in Russia era molto conosciuto ed era un uomo molto impegnativo: poi è arrivato Daniel, e allora ho capito che sono destinata agli uomini impegnativi…». A Berlino sono cresciuti David e Michel, i due figli di 29 e 27 anni. David musicista hip hop e Michel violinista. «Da piccoli viaggiavano sempre con noi: forse è per quello che almeno uno ne ha avuto abbastanza».
Viaggiare e suonare. Luoghi sempre diversi e musica. «Tra le tournee mie e quelle di Daniel, è un continuo movimento. Ma conoscere luoghi e persone per me è il cibo della mente. Vorrei imparare finché vivo, e trovo che questo sia il metodo migliore. Amo essere sua moglie ma non potrei lasciare la mia attività e credo che questo equilibrio sia importante anche per lui e sia forse la chiave del successo del nostro matrimonio. Abbiamo gli stessi interessi, le stesse passioni; ci troviamo a parlarne per ore, viviamo di questo ». E quando le chiedono se è difficile essere la moglie di un musicista così importante, risponde con semplicità: «Dico la stessa cosa che dice mio figlio quando chiedono a lui come sia essere il figlio di Baremboim: nessuno di noi conosce un’altra realtà, è questa l’unica che conosciamo e quella che amiamo». Non solo i viaggi, le tre ore di allenamento al piano quotidiane, i concerti; Elena è instancabile: «Mi piace essere una persona molto attiva: cerco di usare tutta l’energia che ho in dote. Per questo quando mi hanno chiesto di dirigere il Festival di Gerusalemme, che si fa ogni anno a settembre, ho accettato con gioia. Non ha alcun nesso con le attività di mio marito a favore del dialogo tra arabi e israeliani, lui ha vissuto lì e io no, non si tratta di un’esperienza che porto sulla pelle; per me è stato un caso. Cercavano un respiro internazionale, si sono imbattuti nel mio profilo e io sono molto felice di questa meravigliosa esperienza perché come succede nei luoghi di grande complicazione, tutto è molto intenso, vitale, concentrato, unico. Tutti vivono con l’angoscia, o per lo meno con il retropensiero, che possa succedere da un momento all’altro qualcosa di terribile e questo dà alla gente l’entusiasmo di vivere ogni cosa come una grande opportunità».
Medio Oriente, ma soprattutto Europa: «Mi piace suonare a Vienna, ad Amburgo, a Berlino. Ma anche andare in posti inusuali e nuovi, come l’Armenia. In assoluto, il mio luogo preferito per suonare è Buenos Aires. E invece confesso che non amo molto né l’Asia né gli Stati Uniti, ma forse dipende dal fatto che non amo stare via da casa troppo a lungo. Mi è capitata di recente una tournee in Cina: molto interessante, ma ho provato molta solitudine».
Racconta che l’Italia è un discorso a parte: «Non c’è nessun altro paese al mondo dove la musica abbia un ruolo così importante nella vita delle persone: è appassionante, fantastico». E racconta che questo, questa età di mezzo, è davvero un momento magico: «Lavoro più di quand’ero più giovane, perché allora dovevo dividermi in tre: c’erano i figli, mio marito e c’ero io. Ora che i ragazzi sono grandi mi divido solo in due, davvero un gran passo avanti». Questi giorni milanesi, per esempio, sono dedicati completamente a lui: «È come se fossi in vacanza, lavoro solo se lui lavora e non mi pesa né mi sento subalterna, perché sono molto consapevole di avere la mia vita. Quando sono qui, se posso essergli utile, anche per piccole cose, ne sono felice». Nostalgie? «Nessuna. Potrei vivere ovunque, di ciascun posto mi pare di cogliere il meglio. Mi manca forse la cultura russa… E gli odori del cibo russo - so che può far ridere - per me sono profumi. Difatti, a me che piace cucinare, il cibo che viene in mente di preparare è quello della mia infanzia, il sapido borsch». Svelta e pratica è anche nel vestire: «Mi piace la moda ma il primo bisogno è star comoda, considerato che passo tutto quel tempo seduta sullo sgabello del pianoforte». Il futuro? «Non so, a me piace il presente. Sono felice. Vorrei che continuasse così. Ho tanti progetti, tra cui forse quello che mi sta più a cuore è sviluppare una nuova generazione per la Divan Orchestra». Di nuovo un progetto suo, ma da dividere con Daniel.