Gabriele Beccaria, TuttoScienza, La Stampa 6/2/2013, 6 febbraio 2013
“BYTE, DNA E (FORSE) GLI ALIENI: LA VITA NON SARÀ PIÙ LA STESSA”
[Teoria dell’informazione e biologia molecolare cambiano la concezione degli organismi] –
Si racconta che l’idea sia sbocciata al pub, alla giusta gradazione alcolica: Nick Goldman e Ewan Birney, ricercatori dell’Ebi, l’Istituto di Bioinformatica di Cambridge, hanno pensato di sostituire i nastri magnetici e gli hard drives con un Dna sintetico e di utilizzarlo come archivio perfetto per immagazzinare il flusso di dati che la scienza produce giorno e notte. E, se è vero che un po’ d’alcol ha lubrificato i cervelli, Goldman e Birney non hanno fatto che ispirarsi alla natura: i geni sono stati progettati miliardi di anni fa proprio per classificare le istruzioni di montaggio e funzionamento degli organismi (e i risultati sembrano lusinghieri).
L’esperimento, pubblicato su «Nature», è finito sotto i riflettori di una discussione che trascende i confini disciplinari e coinvolge gli obiettivi della ricerca del XXI secolo: i concetti di vita e di informazione si intrecciano sempre di più, trasformando, prima di tutto, la concezione stessa di che cosa sia «vivo». Gli esseri viventi - spiega il genetista Edoardo Boncinelli, uno dei più celebri scienziati italiani - «sono fatti non solo di materia ed energia, ma di informazione. E non sarebbero tali senza una gestione specifica dell’informazione che contengono». Professore, se da una parte i computer cominciano a imitare le leggi darwiniane, imboccando la strada di im prevedibili metamorfosi, dall’altra parte che cosa si gnifica questa rivoluzione concettuale per le scienze biologiche? «La teoria dell’informazione e la biologia molecolare si illuminano a vicenda: portiamo in noi le istruzioni per l’uso - nascere, crescere e riprodurci - in una sorta di nastro, il Dna, appunto, scritto in un alfabeto di quattro lettere, A, C, G, T. Ma non basta. Se non si nutre continuamente ogni cellula, nessuna potrà fare il proprio mestiere. E allora da dove si prende questa ulteriore informazione? Le piante la afferrano dal Sole, noi dal cibo. L’informazione interna va sempre rinfrescata da quella esterna». Secondo le sue ricerche, ci so no due ulteriori caratteristi che che rendono la vita tanto interessante: ce le spiega? «La prima è che la vita non è più un dato di fatto, come si pensava al tempo del geocentrismo. Intorno a noi, nel Sistema solare, siamo soli e questo fa della vita l’eccezione, non la regola. La seconda caratteristica è la confutazione di un celebre paradosso. Fino alla prima metà del Novecento ci si interrogava sulla compatibilità dell’Universo, che va inesorabilmente verso il disordine, con la vita, che invece è ordine. Poi si è calcolato che, nel momento in cui genera ordine per esistere, un organismo mette in disordine l’habitat circostante e la somma algebrica dell’uno e dell’altro è a vantaggio dell’ordine perso. Ed ecco la risposta al paradosso, anche se la soluzione non è completa, perché - come spiego nel saggio “La scienza non ha bisogno di Dio” - resta aperta una questione: che cos’ha la vita di speciale da permetterle di moltiplicarsi, nonostante il principio del disordine crescente?».
E qual è la risposta? «A ogni essere viene consegnato un gruzzolo di informazioni e il messaggio è: “Quando è finito, è finito, e quindi usalo bene”. Solo lo sfruttamento oculato di quei dati permette di vivere e, quanto alla durata, dipende da specie a specie». Ma resta irrisolto il grande enigma: com’è nata la vita? Si potrà mai risolvere? «E’ un tema appassionante e si spendono cifre enormi per affrontarlo, ma finora i progressi sono stati pochi. Credo, però, che sia abbastanza ovvio, perchè la scienza per definizione si occupa di fenomeni riproducibili e l’origine della vita non è riproducibile per niente. Oggi si ritiene che all’origine non ci fosse il Dna, ma l’Rna, che all’inizio faceva alcuni “lavori” che oggi fanno le proteine. Tuttavia di quei primi momenti non sappiamo niente, come dei primi istanti del Big Bang. Per qualcuno significa che resteremo sempre all’oscuro e, invece, non è detto». Intanto si spera di trovare batteri alieni su Marte: lei co sa si aspetta? «La Nasa finanzia un’ossessione, quella incarnata da Robinson Crusoe. Ma, se e quando troveremo quei batteri, faremo il più grande test della storia. Non sappiamo se molto di ciò che attribuiamo alla vita sia necessario o contingente: il giorno in cui troveremo altre forme viventi risponderemo a tante domande. Penso che non ci sarò, ma provo una curiosità tremenda».