Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 06 Mercoledì calendario

I MAGISTRATI E IL MISTERO DI QUEI CONTI OLTRETEVERE

ROMA
— Non tanto l’operazione Antonveneta, ma il ruolo dello Ior. La sua scelta di coprire, tramite quattro conti intestati ad altrettanti istituti di religione, cinque personaggi che avrebbero avuto un ruolo nell’acquisizione della banca padovana. Un dettaglio magari irrilevante per l’inchiesta sul Monte dei Paschi che, però, dà nuovo slancio a quella della Procura di Roma su alcuni casi di riciclaggio dello Ior. Per questo ieri i titolari del fascicolo sull’Istituto per le Opere di religione, il procuratore aggiunto Nello Rossi e i pubblici ministeri Stefano Fava e Stefano Pesci, hanno sentito il giornalista Paolo Mondani che, lunedì sul Corriere della Sera, ha pubblicato il racconto di un alto dirigente del Vaticano. Rivelazioni che - per gli inquirenti romani - hanno un motivo di interesse nel ruolo “di copertura” che lo Ior avrebbe avuto. Il testimone, infatti, ha parlato di «diverse riunioni tenutesi nel Torrione Niccolò V per l’acquisizione di Antonveneta» e, soprattutto, di «quattro conti intestati a quattro organizzazioni religiose che coprono personaggi che hanno avuto un ruolo nell’affare ». Conti appoggiati sulla Banca del Fucino di via Tomacelli a Roma. Di uno di questi, il testimone ha anche fornito numeri e depositi: uno da 100 mila euro e uno da 1,2 milioni. Soldi che sarebbero serviti a pagare «le persone utilizzate nel 2007 per organizzare la seconda vendita di Antoveneta».
Mondani ha confermato quello che ha scritto senza fornire elementi più utili. E ora l’intenzione delle toghe è quella di capire a chi siano intestati quei conti e quale e quanto denaro sia passato da lì. E, soprattutto, per quale motivo. Era parte della “maxi-tangente” legata all’acquisto della banca padovana? È un altro caso di riciclaggio?
Dettagli che potrebbero essere utili a dare nuovo impulso a un fascicolo che Roma ha aperto parecchio tempo fa (il sequestro di 23 milioni di euro dello Ior risale al settembre del 2010) e per il quale, recentemente, ha chiesto una proroga di indagini. Proprio per questo non è escluso che la Procura possa disporre accertamenti su quei conti. Prima fra tutti
una rogatoria in Vaticano. Se infatti quelle operazioni di riciclaggio fossero confermate, potrebbero unirsi a quelle che hanno già portato all’iscrizione nel registro degli indagati, nel 2010, dell’allora presidente Ettore Gotti Tedeschi e del direttore generale Paolo Cipriani. E ora questi nuovi elementi potrebbero far emergere altri casi utili a legare tra loro episodi che, al momento, sembrano non avere collegamento. Potrebbero servire a fare un passo in più: a dare una visione di insieme del fenomeno e di eventuali responsabilità.
Due inchieste che si sfiorano, quelle su Mps e sullo Ior, ma che sono e resteranno ben distinte, probabilmente anche come sede. Se da un lato la Procura della Capitale vuole andare a fondo sull’istituto di credito vaticano, dall’altro sembra intenzionata a inviare a Siena gli atti del fascicolo Mps. L’atteggiamento di piazzale Clodio, in questo senso, è di «apertura e collaborazione », ha spiegato una fonte investigativa.