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 2013  febbraio 05 Martedì calendario

QUANDO VERDINI CHIEDEVA AIUTO A MUSSARI PER LA BTP

SIENA
«Denis Verdini ha sempre avallato il Sistema Siena». Francesco Michelotti, trentenne avvocato di Poggibonsi, non ha timori reverenziali verso il coordinatore nazionale del Pdl indagato per la bancarotta fraudolenta del Credito cooperativo fiorentino. Eletto nel consiglio provinciale di Siena, fa parte degli ex An della Toscana confluiti in Fratelli d’Italia, la nuova formazione di centro-destra di Ignazio La Russa e Giorgia Meloni. Dichiara: «Il Pdl ha avuto un proprio uomo nella deputazione generale della Fondazione Mps, cioè nell’organo di indirizzo, e un altro nella deputazione amministrativa, ossia nell’organo di gestione, che si occupa della distribuzione dei soldi. Ma queste due persone non sono mai state espresse da Siena. Sono sempre state scelte tra Roma e Firenze e non hanno mai fatto gli interessi del territorio».
Gli accordi sui nomi passavano sulla testa del Pdl senese. A decidere era Verdini, presidente del Credito fiorentino per vent’anni, con l’allora numero uno della Fondazione, Giuseppe Mussari. È così che nell’ente di controllo di Rocca Salimbeni entra l’avvocato fiorentino Andrea Pisaneschi, ordinario di diritto costituzionale dell’università di Siena. A indicarlo è Verdini. E, dopo che il Monte acquisisce Antonveneta, è Mussari a volere Pisaneschi alla presidenza dell’istituto padovano. Lascerà la carica in seguito al proprio coinvolgimento nell’inchiesta sul Credito fiorentino, che sarà poi dichiarato insolvente nel maggio 2012.
Anche l’ex consigliere comunale di Firenze Enrico Bosi approda alla Fondazione in quota al Pdl con il benestare del solito Verdini.
Insomma, c’è una sorta di tavolo parallelo, intorno a cui siedono esponenti di Pd e Pdl, dove ci si accorda e si compensano partite che si svolgono tra Firenze e Siena: non solo le nomine per la Fondazione, ma anche i finanziamenti alla Baldassini-Tognozzi-Pontello (la Btp), la società dei costruttori Roberto Bartolomei e Riccardo Fusi, molto esposta verso il Credito fiorentino.
Nell’ottobre 2008 il Monte partecipa con 60 milioni a un finanziamento in pool alla Bpt, per un totale di 150 milioni. E accanto al gruppo guidato da Mussari, che nel frattempo ha lasciato la Fondazione per passare alla presidenza del Monte, c’è anche Banca Unipol, altro marchio doc della finanza "rossa", che mette sul tavolo 50 milioni. Scrive Raffaele Ascheri, autore di una biografia non autorizzata su Mussari che sta andando a ruba in libreria e che con il suo blog (Eretico di Siena) picchia sulla casta della città: «Non ancora pago dei 60 milioni di euro fatti avere all’amico Riccardo Fusi da parte di Banca Mps, nel gennaio 2000 Denis torna alla carica». Prima telefona a Mussari (la conversazione è agli atti dell’inchiesta della Procura di Firenze), poi gli scrive non avendo problemi ad ammettere gli «ottimi rapporti» con i due costruttori in difficoltà finanziarie: «Carissimo Giuseppe, con riferimento alla conversazione telefonica odierna ti illustro i motivi della mia chiamata...». Secondo la ricostruzione di Ascheri, Verdini chiede a Mussari che il Monte si accolli i 10 milioni con cui il Credito fiorentino dovrebbe ufficialmente partecipare al finanziamento. Scrive : «Il 25 gennaio 2010 Verdini richiama Mussari, sempre più ansioso». Questo il testo della telefonata. Mussari: «Sto aspettando un riscontro». Verdini: «Ti prego, dammi una mano». Mussari: «Ci proviamo, non è l’esercizio più facile del mondo». Verdini: «Mi devi dare una mano, via, se te la chiedo». Mussari: «Va bene, d’accordo, proviamo».
La richiesta non andrà in porto, perché il 10 febbraio di quell’anno il Credito fiorentino sarà travolto dalla bufera giudiziaria. Resta l’interrogativo che la Procura e il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Siena si saranno di certo già posti: perché la banca fece credito a un’azienda vicina al dissesto, perché Mussari era apparentemente disponibile a dare una mano a Verdini?
Il finanziamento alla Btp non servirà a niente. L’azienda finirà in procedura concorsuale. Il debito del gruppo (la Btp era interamente posseduta dalla Hbf) raggiungerà il miliardo. E il Tribunale di Prato ha di recente avviato il concordato fallimentare.
Spiega Giovanni Donzelli, consigliere regionale della Toscana, un altro ex di An passato a Fratelli d’Italia: «Quello tra Pd e Pdl è un accordo di potere. Mi ricordo la sorpresa quando seppi che la Btp era finanziata dalla banca di Verdini. La Btp a Firenze faceva una marea di lavori per conto dell’amministrazione a guida Pd». C’è chi pensa che Forza Italia e Pdl non abbiano mai avuto interesse a modificare gli equilibri di questa regione. Conclude Michelotti: «Come candidato a sindaco di Siena alle precedenti elezioni, da Roma ci fu imposto l’ex pilota di formula uno Alessandro Nannini. Già le possibilità di vincere erano scarse. Una scelta così debole sembrò fatta apposta per perdere».