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 2013  febbraio 05 Martedì calendario

PAGINE ROSSE, GUIDA ALLO SCANDALO DEL MONTE PASCHI [I

dirigenti, i derivati, i contratti segreti in cassaforte e l’operazione Antonveneta che ha creato le premesse per il disastro di oggi] –
Lo scandalo Monte Paschi è difficile da seguire. Ecco nomi e parole chiave per capire cosa sta succedendo.
Giuseppe Mussari, 50 anni, di Catanzaro, si trasferisce a Siena da studente, si avvicina alla Fgci e sposa, in seconde nozze, Luisa Stasi di una ricca famiglia e titolare di società alberghiere oggi indebitate per 13 milioni con Mps. Nel 2001 Mussari diventa presidente della Fondazione Monte Paschi scavalcando l’ex sindaco Pierluigi Piccini, suo ex amico e sponsor. Nel 2006 dalla Fondazione scende alla presidenza della Banca. A fine 2007 compra Antonveneta per più di 10 miliardi di euro. Prezzo folle, ma la stampa economica applaude e Mussari viene nominato banchiere dell’anno. Dal 2010 a marzo 2012 è presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi) da cui si dimette il 22 gennaio scorso, dopo lo scoop del Fatto Quotidiano sui conti truccati da Mps nel 2009. Mussari è indagato nell’ambito dell’indagine sull’acquisizione di Antonveneta ed è il personaggio chiave della seconda indagine sull’operazione di Mps con Nomura realizzato nel 2009 per coprire le perdite del derivato Alexandria.
Antonio Vigni, 59 anni, direttore generale del Monte dei Paschi di Siena dal 2006 al dicembre 2011. Lascia con una liquidazione di 4 milioni censurata dalla Banca d’Italia. È stato il braccio amministrativo di Mussari. Nel 2009 gli è stato assegnato un bonus di 800 mila euro grazie alla chiusura del bilancio in utile per 220 milioni euro. Ma oggi si scopre che quel bilancio non era veritiero. Dopo aver scoperto il 10 ottobre 2012 un contratto nascosto nella cassaforte di Vigni dal settembre 2009, il nuovo amministratore delegato, Fabrizio Viola, ha proposto al cda di riscrivere il bilancio. A distanza di tre anni emergerà la perdita connessa al reale valore di quella operazione con una correzione al ribasso non ancora quantificata (almeno 220 milioni di euro).
Gianluca Baldassarri è stato il capo dell’area finanza del Monte dei Paschi di Siena dal 2001 al marzo 2012. Tutte le operazioni più delicate sono passate sul suo tavolo, dai derivati Alexandria e Santorini, al finanziamento dell’operazione Antonveneta. Insieme a Vigni e Mussari è presente alla conversazione registrata nel 2009 da Nomura nella quale si mettono le basi per il contratto segreto che farà sparire le perdite di Alexandria. Lascia il Monte con tanto di liquidazione e lettera di commiato firmata Mussari. In una indagine milanese del pm Alfredo Robledo, un testimone aveva lanciato accuse contro di Baldassarri. Antonio Rizzo, ex funzionario Dresdner (oggi consulente gratuito di Giulio Tremonti e dal 2009 collaboratore del Fatto con lo pseudonimo di “Superbonus”) aveva raccontato nel 2008 agli inquirenti il retroscena di un pagamento di una commissione di 600 mila euro alla società Lutifin di Lugano per un’operazione da 120 milioni tra Dresdner e Mps. Mi-chele Cortese, dirigente di Dresdner a Londra, di fronte alle sue perplessità per questo pagamento inutile, disse a Rizzo che “il capo del desk di Monte Paschi a Londra, Matteo Pontone, e Baldassarri avevano percepito una commissione indebita dell’operazione per il tramite di Lutifin. Mi disse anche che i due erano conosciuti come ‘la banda del 5%’, su ogni operazione prendevano tale percentuale”. Accuse da dimostrare. L’inchiesta è stata archiviata nell’agosto 2011, le carte sono state trasmesse a Siena.
Gabriello Mancini, 66 anni, funzionario della Asl di Poggibonsi, politico dc di lungo corso, dal 2006 è presidente Fondazione Mps. La Fondazione è controllata da Comune e Provincia di Siena che nominano 13 membri su 16 del suo organo direttivo. Tramite la Fondazione, in questi anni la politica locale (a guida Pd) ha controllato la maggioranza delle azioni di Mps. Sotto la gestione Mancini la Fondazione si è indebitata con undici banche per consentire l’acquisto di Antonveneta e mantenere la quota di controllo, oggi scesa al 33 per cento. Mancini avrebbe potuto accettare la diluizione della partecipazione e del potere. Invece si è vantato nel 2008 di avere aderito agli aumenti di capitale (2,9 miliardi) e alla sottoscrizione del famigerato Fresh, il prestito obbligazionario convertibile in azioni (per 490 milioni) necessari per rilevare Antonveneta. Oggi la Fondazione sta pagando cara la sua scelta. Per effetto dei rovesci finanziari di Mps, le erogazioni della Fondazione al territorio sono state drasticamente ridotte. A maggio l’ufficio e l’abitazione di Mancini sono state perquisite nell’ambito dell’indagine sull’acquisto di Antonveneta. Lui dice di non essere indagato.
Franco Ceccuzzi, 45 anni, eletto sindaco di Siena nel 2011, testimone di nozze e sostenitore di Mussari prima alla fondazione Mps e poi alla Banca Mps. Solo recentemente lo ha mollato per diventare sponsor di Fabrizio Viola e Alessandro Profumo al vertice di Banca Mps. A maggio è stato sfiduciato dalla componente ex Margherita del Pd senese. Si è ricandidato a sindaco di Siena con l’appoggio di Massimo D’Alema.
Alexandria Nel 2006 il Monte Paschi compra da Dresdner Bank un derivato creato nel 2005 (Alexandria) per un valore nominale di 400 milioni di euro. Il derivato causa perdite ingenti nel bilancio della banca senese che riesce a occultarle grazie a una seconda operazione con Nomura nel 2009. Spesso si confonde l’acquisto del derivato Alexandria del 2006 con “l’operazione Alexandria”, il trucco contabile realizzato più tardi. Questa “operazione Alexandria” è l’oggetto dei documenti svelati dal Fatto il 22 gennaio: il contratto segreto con Nomura (mandatory agreement) nascosto nella cassaforte dell’ex Dg Vigni, la telefonata registrata da Nomura e la relazione dell’amministratore delegato Fabrizio Viola al cda del dicembre 2012. Il mandate agreement nascosto in cassaforte era firmato dal dg Antonio Vigni e dal capo della finanza Gianluca Baldassarri. Nomura aiutava Monte Paschi a far sparire dal bilancio le perdite di Alexandria, in cambio Mps comprava derivati basati su Btp e scadenza al 2034, connessi a un secondo contratto che scadeva addirittura nel 2040. Chi non conosceva quel contratto pensava che Mps e Nomura contrattassero due operazioni separate. Ma la seconda era il prezzo pagato da Mps per far sparire Alexandria e le sue perdite dal bilancio.
Antonveneta L’acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi è la causa principale della crisi della banca senese e porta una plusvalenza di 3 miliardi nelle casse del Santander. Monte Paschi compra l’8 novembre 2007 (ma il contratto viene stipulato solo nel marzo del 2008) a un prezzo più alto di 2,4 miliardi rispetto a quello pagato dagli spagnoli pochi mesi prima. Non solo. Santander prima di vendere a Siena fila Interbanca, ceduta per 600 milioni a Abn Amro. Oggi il prezzo pagato da Mussari appare a tutti folle e certamente lo è. Il sospetto – mai stato formalizzato dagli inquirenti – è che parte della plusvalenza realizzata dal Banco Santander sia rientrata in qualche modo in Italia con una retrocessione ai manager senesi o ad altri soggetti. Ovviamente il Banco Santander e il suo rappresentante in Italia, l’ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, hanno sempre negato che ci siano state mazzette.
FRESH Per finanziare l’acquisto di Antonveneta, dopo un aumento di capitale da 5 miliardi di euro, Mps lancia un prestito obbligazionario convertibile in azioni Mps per un miliardo. Si chiama Fresh (Floating Rate Equity-linked Subordinated Hybrid Preferred Securitiesed), un bond ibrido nel mirino della Procura di Siena già a maggio scorso. Nel 2008 la Fondazione Mps sottoscrive 490 milioni di euro di queste obbligazioni convertibili in azioni a un valore prefissato di circa 3,7 euro. La perdita della Fondazione sul Fresh è di circa 400 milioni di euro. Il Fresh è al centro dell’inchiesta perché, come è scritto nei decreti di perquisizione di maggio, “la documentazione acquisita e le informazioni testimoniali fanno emergere l’ostacolo all’attività di vigilanza della banca d’Italia poiché risulta che organi apicali e di controllo di Mps, contrariamente al vero rappresentavano che la complessiva operazione realizzava il pieno e definitivo trasferimento a terzi del rischio d’impresa”.
Nel 2009 c’è il momento più delicato nei rapporti tra Banca d’Italia e Mps. Il Fresh prevede il pagamento di una cedola ai sottoscrittori. Bankitalia chiede che non sia distribuita in assenza di utili. Se Mps vuole contare il miliardo del Fresh nel suo patrimonio, il rischio deve essere trasferito dalla banca a chi lo ha emesso, JP Morgan e Bank of New York. In realtà, su richiesta di alcuni sottoscrittori del Fresh tra cui l’hedge fund Jabre Capital, Mps rilascia una lettera di indemnity che garantisce alle banche emittenti e contraenti del bond (Jp Morgan e Bank of New York) dai problemi che potrebbero nascere a seguito delle modifiche del bond.
Il rischio restava in capo alla Monte dei Paschi di Siena. In caso di mancata distribuzione dei dividendi nel 2009, i sottoscrittori del Fresh non avrebbero incassato la cedola che rendeva poco meno del 10 per cento lordo. In quel 2009 però, anche grazie al trucco su Alexandria, Vigni e Mussari distribuiscono l’utile simbolico di un centesimo alle azioni di risparmio. Così da far avere ai sottoscrittori del Fresh cedole per decine di milioni di euro.