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 2013  febbraio 05 Martedì calendario

BERNA STA CON SILVIO: «ACCORDO SUI DEPOSITI IL PRIMA POSSIBILE»

[La Svizzera apre alla tassazione dei capitali italiani necessaria per trovare i 25-30 miliardi che permettano di abolire la gabella sulla prima casa. Resta il nodo dell’anonimato e il rischio-referendum] –
Arriva dalla Svizzera un (inatteso)assist aSilvio Berlusconi. La proposta shock del Cavaliere - la restituzione dell’Imu 2012 per le prime case - trova dunque una sponda a Berna. L’idea dell’ex presidente del consiglio è trovare proprio in un’intesa fiscale con il governo ellenico sia i fondi per poter rimborsare la tassa sulla casa versata lo scorso anno dai contribuenti italiani sia la copertura finanziaria per spazzare via definitivamente quel balzello.
Una mossa con la quale Berlusconi cerca di colmare il distacco tra il suo Pdl e il Pd di Pier Luigi Bersani: al momento i punti di divario oscillerebbero tra i 4 e i 6. Il Cavaliere, dopo l’annuncio di domenica, è stato sommerso dalle critiche: «Solita sparata priva di fattibilità» il coro quasi unanime. In effetti, l’ex inquilino di palazzo Chigi ha puntato in alto. Per condurre in porto l’operazione Imu sono necessari, infatti, 4 miliardi di euro come una tantum per il «rimborso 2012» e altri 4 miliardi «strutturali» per l’abrogazione definitiva. Del patto fiscale con la Svizzera si discute da tempo e non solo in Italia. La Germania, a esempio, era arrivata a un soffio dalla firma, ma alla fine un paio di anni di negoziati e gli sforzi della cancelliera Angela Merkel sono stati resi vani dal «no» secco del parlamento tedesco.
Per la Svizzera i giochi restano aperti. E l’idea di Berlusconi ha incassato subito il sì elvetico. La Svizzera, insomma, sarebbe pronta a siglare un patto tributario «il più presto possibile», non appena sarà formato un nuovo Governo italiano.
Occhio, però, perché non mancano i nodi a cominciare dal fatto che va messa in conto anche la possibilità di un referendum voluto dai cittadini della Confederazione elvetica. Sta di fatto che è un’apertura e una chance in più per il leader del Popolo delle libertà.
La questione ruota attorno a un accordo fiscale sulla regolarizzazione dei depositi bancari detenuti da cittadini italiani nelle banche elvetiche. Il portavoce della segreteria di Stato svizzera, ieri, ha detto che stanno andando avanti i colloqui a livello tecnico e che l’esito finale dipenderà dal nuovo Esecutivo italiano. Secondo le prime intese, i capitali in Svizzera vengono tassati con un’aliquota vicino a quella dei paesi di provenienza, ma i clienti mantengono l’anonimato.
Difficile, in assenza di parametri, stimare il possibile gettito per le casse dello Stato. La forchetta è assai ampia. Berlusconi, domenica, ha parlato di 25-30 miliardi di euro. Cifra che si fonda sulla convinzione che negli istituti di credito elvetici siano depositati da un minimo di 120 miliardi ad un massimo di 200 miliardi depositati. Cifra sulla quale dovrebbe scattare un prelievo una tantum almeno del 20% (pari all’ali - quota sulle rendite finanziarie oggi in vigore in Italia) mentre la tassa fissa, dello stesso livello, annuale verrebbe applicata sui soli guadagni.
Le ipotesi di incasso immaginate da Berlusconi, però, sono state stroncate dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che aveva avviato la trattativa e che con la Svizzera non è mai stato tenero, ha delineato un bottino per l’Erario attorno ai 2,5 miliardi. Il Professore di Sondrio, infatti, nutre più di un dubbio sull’entità dei capitali esportati.
Restano le perplessità rispetto alle discrepanze con lo scudo fiscale. Nel 2009, per far rientrare i capitali dall’estero, l’Italia aveva applicato un’aliquota del 5% e poi del 6% nel 2010, garantendo anche in questo caso l’anonimato. La strada, in ogni caso, è lunga. E lo ha spiegato lo stesso portavoce del gabinetto svizzero. Prima va sottoscritto l’accordo tecnico, poi serve un passaggio a livello di Governo e Parlamento. Un lasso di tempo ampio. Così per mantenere la promessa elettorale, il Pdl sta valutando la possibilità di far anticipare il rimborso Imu alla Cassa depositi e prestiti. La spa guidata da Franco Bassanini non ha certo problemi di liquidità. Ma fra gli addetti ai lavoro la soluzione non sembra priva di ostacoli. In ballo ci sono aspetti contabili non secondari: attingere alle risorse finanziarie della Cdp potrebbe comportare la riduzione di riserve nei conti di tesoreria, con la consequenziale emissione di nuovi titoli da parte del Tesoro. Vale a dire: nuovo debito pubblico.