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 2013  febbraio 05 Martedì calendario

SIAMO INDEBITATI E LO DIMENTICHIAMO

Questa mancava, ma alla fine ci si è arrivati: Goldman Sachs, la più potente delle banche d’affari, si sta interessando a Mario Balotelli.
Forse è solo l’ultima incarnazione di questa crisi, sotto forma di un attaccante di un metro e ottantanove per 88 chili. Una nota di Goldman di ieri pomeriggio, destinata ai clienti e non alla pubblicazione, soppesa gli scenari in questo quadro all’apparenza imprevedibile solo per chi non ha capito l’Italia degli ultimi anni. Che sia un riflesso razionale o no, fra gli investitori esteri già solo il nome di Silvio Berlusconi viene ormai associato all’idea stessa di inaffidabilità. È, in primo luogo, una reazione istintiva. Quando Berlusconi tolse i voti del suo partito al governo di Mario Monti in novembre scorso, i mercati reagirono subito con un brusco arretramento (poi riassorbito). E quando in questi giorni i sondaggi e le promesse elettorali sono parsi rafforzare l’ex premier, qualcosa di simile si è ripetuto.
Per questo Goldman ha finito per studiare l’impatto di Balotelli sullo spread. «Alcuni ricordano le precedenti promesse di Berlusconi sulle tasse e le spese e i successivi insuccessi nel concretizzarle, ma gli elettori hanno memoria corta», si legge nella prima nota di ieri della banca ai suoi clienti. Il rapporto continua: «L’aver messo sotto contratto Balotelli al Milan non ha certo nuociuto alla popolarità di Berlusconi, a maggior ragione dal momento che l’attaccante ha segnato una doppietta all’esordio».
Questa era solo la prima nota del primo pomeriggio, quando Piazza Affari cedeva l’1,7%. Quindi dopo il crollo del 4,5% a fine giornata, lo stesso operatore di mercato di Goldman, Conor Quinn, era meno propenso alle digressioni: «In Italia, la notizia che Berlusconi sta recuperando sul candidato del centrosinistra Pierluigi Bersani nei sondaggi è stata citata da molti conti internazionali come motivo di preoccupazione e ciò ha portato a un’apertura di circa dei punti-base più larga (per lo spread, ndr)».
Non che Bersani stia convincendo i creditori dell’Italia molto di più dell’ex premier. Pochi fra gli investitori che da agosto hanno riportato almeno trenta miliardi di euro in Italia - contribuendo a un calo degli spread di circa 300 punti - capiscono la riluttanza del Pd a adeguare il mondo del lavoro alle dinamiche del ventunesimo secolo e il rifiuto di tagliare la spesa per ridurre il cuneo fiscale sulle buste paga. Ma in questi giorni anche Jp Morgan, in una nota, si è concentrata sul centrodestra. «Il peggior timore per i responsabili politici europei è che una vittoria di Berlusconi, se mal gestita, produca una pesante pressione di mercato sull’Italia e finisca per obbligarla a chiedere un piano di sostegno dell’Esm (il fondo salvataggi europeo, ndr)».
Eppure non tutto è così semplice. Si trattasse solo di una partita di scacchi fra Wall Street e Berlusconi, se non altro l’esito non sarebbe lontano: basterebbe aspettare il voto di fine mese. Nè spiega tutte le tensioni il caso del Montepaschi. Ieri Jp Morgan osservava che appare «piuttosto remota» la possibilità che Mario Draghi, presidente della Bce ed ex governatore di Bankitalia, sia «ulteriormente danneggiato dallo scandalo». A complicare il quadro ci sono invece gli sviluppi in Spagna. Ieri il numero dei disoccupati ha raggiunto quota cinque milioni, mentre il premier Mariano Rajoy appare sempre più indebolito dalle accuse di corruzione rivelateda El Pais. Il futuro del governo non è assicurato e anche ieri la protesta ha riempito le piazze di Madrid e Barcellona. Come non accadeva da tempo, i titoli di Stato iberici a dieci anni hanno ceduto venti punti-base sui Bund tedeschi in poche ore.
I Paesi del Sud Europa sono già passati da qui. Negli inverni del 2011, e ancora di più del 2012, i mercati si distesero prima di infliggere gli choc che misero alla prova le aziende e i governi di Italia e Spagna. Solo pochi giorni fa Laurence Mutkin di Morgan Stanley si chiedeva se il ciclo di calma nel primo trimestre e tempesta in primavera stesse per ripartire anche nel 2013. Ma non tutto è come prima. Ora la Banca centrale europea (a certe condizioni) può intervenire sul mercato per sopprimere qualunque dubbio sulla capacità dell’euro di restare integro.
Se ieri Italia e Spagna sono tornate a scivolare, è dunque per una domanda diversa da quella esistenziale sulla moneta unica. Malgrado il calo degli spread, nel Sud Europa la recessione prosegue, la disoccupazione e il debito salgono e, con quelli, anche l’ira e il disorientamento di molti. Nel temere la rimonta di Berlusconi - o le proteste contro Rajoy - gli investitori si chiedono in fondo se questi due Paesi potranno avere ancora stabilità in futuro. Fra le riforme per riportare la crescita e il disagio sociale che può rendere Roma e Madrid ingovernabili, i mercati vogliono sapere chi sta vincendo. È una corsa contro il tempo. Ma il doping della Bce, questa volta, non può proprio aiutare nessuno.
Federico Fubini