Roberto Giovannini, La Stampa 5/2/2013, 5 febbraio 2013
DAGLI ANNI 70 A OGGI QUASI UNA SANATORIA L’ANNO
«Il gettito atteso dalla lotta all’evasione, nel caso dell’adozione di condoni, andrebbe vanificato». Non poteva essere più chiaro il Presidente di Sezione della Corte dei Conti, nella sua audizione alla Camera nell’ottobre del 2011. E invece – anche se per ora si tratta solo dell’ennesima trovata elettoralistica di Silvio Berlusconi, che poi ha come al solito fatto una mezza marcia indietro – a quanto pare c’è il rischio di ricominciare da capo. Non ci sono dubbi: i condoni e le sanatorie sono uno dei simboli più imbarazzanti della tradizione politica (e ahinoi culturale) del nostro Paese. L’esigenza è sempre la stessa: far affluire subito soldi nelle esauste casse dello Stato. Ma è sempre lo stesso anche il risultato, per parafrasare la Corte dei Conti: i cittadini sanno che è inutile pagare le tasse dovute, perché tanto prima o poi qualche politico varerà una sanatoria che permetterà di cavarsela con poco. E questo spiega senza tanti giri di parole perché l’Italia è insieme il Paese della sfrenata evasione fiscale per chi può, il Paese della schiacciante oppressione fiscale per chi non può o non vuole sfuggire alle regole.
D’altra parte basta guardare la storia d’Italia per capire che chi paga il dovuto è uno stupido. Sempre secondo uno studio della Corte dei Conti, dal 1900 al 2011 si sono susseguiti la bellezza di 58 condoni. In pratica, i nostri Parlamenti hanno approvato una sanatoria (fiscale, previdenziale, edilizia, ambientale) ogni due anni, con un’accelerazione incredibile tra il 1977 e il 2002, annate in cui in pratica si è registrato in media quasi un condono l’anno (per la precisione, 21 su 26 anni disponibili).
Un’analisi della Cgia di Mestre prende in esame quarant’anni di condoni, dal 1973 al 2011. A dire dell’associazione degli artigiani le sanatorie «dal lato economico sono state un buon affare», visto che hanno fatto entrare nelle casse dell’Erario 123 miliardi di euro, attualizzando i valori al 2012. Nella classifica del gettito incassato, la sanatoria più «redditizia» per lo Stato è stata quella fiscale del 2003 (varata nel 2002), che ha portato nelle casse dello Stato 22,8 miliardi di euro. Segue a poca distanza il condono del 1973, varato dopo la riforma fiscale realizzata da Visentini, che ha prodotto un gettito di 21,9 miliardi di euro. L’anno più allucinante, da questo punto di vista, fu appunto il 2002, con un generosissimo maxi-condono tombale firmato da Berlusconi e Tremonti di sei anni, in parte smontato dall’Unione Europea, e che ancora sta producendo i suoi nefasti effetti. Perché in tanti hanno scelto di essere doppiamente «furbi»: hanno aderito al condono sistemando tutte le pendenze passate, ma poi non hanno neanche pagato (o pagato in parte) la sanatoria. All’appello mancano circa 4 miliardi. Possibilità di recuperarli? Poche.