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 2013  febbraio 04 Lunedì calendario

DA BIANCIARDI A LEVI, QUANDO L’EROS ERA ARGOMENTO CULT

Il modello era quello di Playboy. Cosce, belle donne e allusioni sessuali da piazzare in prima pagina per poi raccontare l’attualità. Sono le riviste per adulti nate negli anni ’60, copie da nascondere, mettere nelle tasche arrotolate o sotto le mattonelle in cantina. Abc, Le Ore, Men, Flirt, Executive o Mandrillo, solo per citarne alcune. Pagine di anni che non torneranno più e che a suon di parole e immagini hanno fatto la più difficile delle imprese: la rivoluzione dei costumi. Centinaia di migliaia di copie vendute ogni settimana.
SE A FIANCO di Marilyn Monroe su Playboy comparivano le interviste a Marquez e Fidel Castro, l’Italia non è da meno. Su quelle pagine scrivono Luciano Bianciardi, una giovanissima Lidia Ravera e Carlo Levi, Fulvio Abbate e poi ancora Carmine Benincasa, Paolo Fossati e Marcello Venturoli. Penne che faranno la storia della cultura italiana e che accompagnavano foto osé degne della più grande delle rivoluzioni. “C’erano le gambe lunghe di una modella scandinava e a fianco si parlava di aborto, emancipazione e divorzio”. A raccontarlo è Guido Guerzoni, storico della cultura che è andato a cercare testate ormai quasi irreperibili e che nessun archivio ha conservato. “Sono gli anni ’60 e il messaggio da lanciare è forte. Si parla di sesso prima del matrimonio, di rapporti occasionali, contraccezione e diritti alle donne”. Ed è lì, tra quelle pagine, che compaiono le prima gambe nude. Ma il vero problema non era pubblicare seni scoperti, piuttosto trovare le foto che difficilmente si potevano scattare. “All’inizio si trattava di fotogrammi presi dai film. Era il cinema ad osare e le foto erano talvolta ritagli di riviste straniere ripubblicate sulle pagine delle testate più corsare. Si passerà poi al contrabbando di immagini vendute al chilo e provenienti dall’estero”.
Così nel ‘67 compare il primo seno nudo su Men e nel ‘68 addirittura un pube femminile. Presto si sarebbe censurato “Ultimo tango a Parigi”, e nel frattempo la radio suonava “Lisa dagli occhi blu”. Storie di amori che al massimo sognavano una passeggiata mano nella mano.
Ma la realtà era altro. “Sono anni di dibattiti politici e le stesse riviste ne sono le protagoniste. Perché la carta stampata era l’unica che riusciva a sfuggire alla censura. Dal ‘75 in poi, arriverà il porno come lo conosciamo noi. Ma ancora non si sapeva dove trovare le immagini”. E così uomini con valigette e macchine con doppio fondo partivano per procacciarsi oltre frontiere fotogrammi scandinavi, tedeschi e danesi venduti al chilo. “Erano stanghe bionde fotografate in contesti nordici, ma la fantasia dei nostri autori le riambientava in periferie di Milano, Piacenza, Roma. Ogni dettaglio rimandava all’estero, ma non importava. L’importante era immaginare anche in Italia avventure impossibili”. Nessuno sarebbe andato a protestare in edicola: già era stato tanto il coraggio di comprare quelle pagine osé. E del resto in quegli anni, è il boom delle riviste per “adulti anticonformisti e coppie moderne”.
LO SAPEVA bene Adelina Tattilo, tra le editrici coraggiose: 100 mila copie a settimana con Menelik, rivista di fumetti erotici, 400 mila solo con Big, magazine musicale per adolescenti che rispondeva alle domande sul sesso. Una vita di rivendicazioni fino alla guida di Playmen, sulla scia di Playboy, per la quale sceglieva personalmente ogni nudo. La Tattilo ha un ex marito che non è da meno: Saro Balsamo da Catania, l’editore del porno per eccellenza da Men, Le Ore fino a Excelsior. Un impero nato con il Rock and Roll e finito il giorno che due tette in copertina non hanno fatto più scalpore. La rivoluzione ai mille all’ora era stata fatta e i pionieri di quelle storie potevano fare un passo indietro. L’impresa era prima, quando il vento che veniva da oltre le alpi era così forte che avrebbe dovuto spazzare via tutto. Nei cortili dei licei si giocava a carte e a giornaletti. Chi vince sbanca e ha l’ultimo numero di Le Ore, da nascondere negli atlanti o tra i cuscini del divano letto. Un pezzo di storia che molti ricordano, ma in pochi conservano. “Nella mia ricerca, – conclude Guerzoni, – ho faticato a trovare quelle copie. Nessuno le ha conservate. È un pezzo della nostra identità e sarebbe un peccato andasse perso per sempre”.