il Fatto Quotidiano 4/2/2013, 4 febbraio 2013
UN MILIONE DI PROMESSE ELETTORALI
Oggi è l’Imu. In principio fu l’aliquota unica Irpef al 33% per tutti i contribuenti. Era il 1994 e la flat tax fu la prima promessa elettorale di Silvio Berlusconi. Non mantenuta, ovviamente. Come nel 2001, nel 2005 e, infine, nel 2008: “Porteremo l’aliquota massima al 33%, con le risorse che verranno dalla cura in profondità che attueremo per diminuire i costi dello Stato”. E’ finita con un aliquota al 43% e i costi di Palazzo Chigi triplicati.
E se il contratto con gli italiani firmato da Bruno Vespa nel 2001 è impossibile da dimenticare, come il milione di posti di lavoro o la riduzione del numero di parlamentari, moltissimi annunci sono stati rapidamente dimenticati. Nel 2008, per dire, promise la cancellazione del bollo per l’auto, le moto e i motorini. Ma in modo “graduale”, aggiunse giorni dopo. Ed era lo stesso anno quando disse che avrebbe tagliato il numero dei parlamentari e cancellato le province, “enti inutili per eccellenza”. E ancora: “Dimezzamento dei costi della politica significa innanzitutto dimezzare il numero delle persone che fanno politica di mestiere ed eliminare tanti enti inutili, Province, Comunità montane, e tutti quegli enti antichi che sono rimasti in funzione senza produrre alcun effetto“. Vinse e ovviamente non ne fece nulla. E quando mandò nel panico gli impiegati delle Poste annunciando che sarebbero stati impiegati “per servizi sociali a domicilio, a favore dei cittadini”.
Comunque c’è sempre qualcuno che gli crede. I pensionati al dì sotto della soglia di povertà lo fecerò nel 2008 “credendo” alla social card. La carta di acquisto prepagata dallo Stato fu distribuita ma non caricata. Anche i giovani hanno avuto la loro dose di promesse vane da parte dell’unto dal Signore. Come il “bonus locazioni” annunciato per “aiutare le giovani coppie e i meno abbienti a sostenere l’onere degli affitti”. Per un disguido si è perso per strada. E la ricostruzione record di l’Aquila? “Nessun sarà lasciato solo”, disse il 9 aprile 2009. “Agli sfollati darò le mie case”, nel caso in cui “non riusciremo a rispettare i patti”. Quali erano? “Costruiremo quattro, cinquemila alloggi in 80 giorni; gli imprenditori lavoreranno 24 ore su 24 per restituirvi le vostre case”. A fine febbraio 2010 in seimila scesero in piazza in quella che venne battezzata la “rivolta delle cariole”: cittadini abbandonati. Berlusconi rispose: “Mi prendo personalmente la responsabilità di una costruzione trasparente e rapida”. E quando da Lampedusa disse che gli immigrati sarebbero stati allontanati in 60 ore, che la Tunisia avrebbe controllato le coste e l’isola avrebbe vinto il Nobel per la Pace. Perché a lui prende la mano. Ci crede. Come quando si impegnò con il suo fidatissimo ministro dell’economia Giulio Tremonti a non fare alcun condono e combattere l’evasione fiscale. Poi certo diventa “necessario” nel 2011 per la quarta volta una amnistia fiscale. “Ma pagheranno il giusto”: il cinque per cento. Per non parlare dei condoni edilizi, un most elettorale. Dimenticato da Berlusconi e rispolverato ieri da Mara Carfagna. L’ex ministro è capolista in Campania e cosa proporre a Napoli per conquistare voti? Un bel condono edilizio da varare, ha detto, “al primo Consiglio dei ministri”. Come non fidarsi? Sono gli stessi cittadini che hanno sentito Berlusconi, dal 2008 al 2010, promettere la soluzione dell’emergenza rifiuti.
“Le persone serie mantengono le promesse, altrimenti se ne vanno a casa”. Lo ripete dal 1994, Berlusconi, infatti non c’è ancora andato.