G.A.D., Il Messaggero 5/2/2013, 5 febbraio 2013
DAL PIATTO ALLA PAGINA
Il nesso tra letteratura e cucina è molto più forte di quanto non si possa pensare. Al punto che si può percorrere una intera storia del cibo attraverso gli autori che se ne sono serviti per descrivere un carattere, un personaggio, un ambiente. È il caso di Joyce, nell’Ulisse, quando introduce Leopold Bloom attraverso le sue colazioni trasudanti materia a base di rognoni di castrato alla griglia, o della onnipresenza del gin per tratteggiare mezzo secolo di storia inglese nel raffinato L’Intoccabile di John Banville. Le parole di Virginia Woolf, «non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si è mangiato bene», rappresentano una perfetta introduzione allo spirito di un libro colto e pieno di spunti: Sillabario Goloso – L’alfabeto dei sapori tra cucina e letteratura di Laura Grandi e Stefano Tettamanti (Mondadori, 18 euro).
LE FOGLIE DI ALLORO
I due autori stimolano la fantasia lungo un percorso fascinoso e labirintico, che si snoda lungo i momenti della giornata e i totem consolidati del buon mangiare per scovarne l’aneddoto letterario o l’illuminazione poetica. Difficile resistere alla descrizione di Chateaubriand, gourmet come pochi dissacrante che, in visita alla tomba di Dante a Ravenna, stacca da una corona posata ai piedi del monumento qualche foglia di alloro e le ripone nel panciotto commentando «niente di meglio per i maccheroni al pomodoro». Diversamente il più classico dei cocktail, il Martini, diventa nella scrittura di Jack London (Radiosa Aurora) un potente strumento di rivelazione psicologici del suo personaggio: «Nel corso dei mesi scoprì che i Martini gli fornivano la tregua di cui abbisognava». E ancora, persino un piccolo, trascurabile ingrediente come i funghi possono diventare una porta attraverso la quale Balzac nel suo Piccole miserie della vita coniugale, descrive come anche un piatto possa concorrere all’infelicità.
LE TARTINE IMBURRATE
Gli è speculare il gesto gastronomico che suscita l’amore. Seconda Dumas padre era stato Goethe a conferire al burro un soffio di romantica poesia. Era stato infatti il gesto di imburrare le tartine di Carlotta che aveva ispirato a Werther quell’amore che gli sarebbe stato fatale. Difficile trovare un epilogo letterario più illuminante del resoconto del processo intentato da Oscar Wilde contro il marchese di Queensberry. Per evidenziare la moralità discutibile di un personaggio, Alfred Taylor, viene sottolineato il fatto che si facesse da solo da mangiare. Da questo alla “prova del cuoco” televisiva, davvero ne è passato di tempo.