Enrico Marro, CorrierEconomia 04/02/2013, 4 febbraio 2013
FIOM, LO SCONTRO NON PAGA: QUASI 2 MILA ISCRITTI IN MENO
Scricchiolano le iscrizioni alla Fiom di Maurizio Landini. Nel 2012 gli iscritti risultano, al netto di possibili correzioni dell’ultimo minuto (i dati ufficiali saranno diffusi prossimamente), 356.857, cioè 1.865 in meno rispetto al 2011. Un calo non drammatico (meno 0,5%), ma che porta comunque il numero di tesserati al sindacato metalmeccanici della Cgil al minimo storico. Certo c’è la crisi, il calo dell’occupazione che colpisce il settore e quindi una riduzione delle tessere ci può stare, come del resto è avvenuto più volte nel corso degli ultimi dieci anni. Ma sicuramente il gruppo dirigente della Fiom dovrà interrogarsi se non ci sia anche dell’altro. Tanto più che la Fim-Cisl di Giuseppe Farina ha appena annunciato un aumento degli iscritti di ben 4.532 unità, superando nel 2012 le 217 mila adesioni.
Evidentemente la linea conflittuale della Fiom, che non ha più firmato un contratto di lavoro dal 2008 e ha moltiplicato le cause giudiziarie, in particolare contro la Fiat, non paga. Almeno sul piano degli iscritti. E quindi anche delle risorse economiche che affluiscono alla stessa Fiom, già fortemente indebitata con la casa madre Cgil. Non è un caso, quindi, che il segretario generale della confederazione, Susanna Camusso, intervenendo venerdì scorso al congresso di magistratura democratica abbia ad un certo punto mandato implicitamente un messaggio ai metalmeccanici di Landini: «Il sindacato non può esaurire la sua funzione nelle vertenze, ma deve contrattare».
Certo, va anche detto, che quando si ragiona di iscritti lo si fa sulla base dei dati che ciascun sindacato autonomamente fornisce, senza alcuna possibilità di controllo. In questo senso l’appuntamento di domani, il tavolo tecnico tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria sulla rappresentanza, è importante. Almeno sulla carta. Si tratterebbe infatti di dare finalmente attuazione a quanto le parti sociali hanno convenuto nell’accordo del 28 giugno 2011: la certificazione degli iscritti attraverso l’Inps e il Cnel e la regola della maggioranza per validare gli accordi aziendali. Solo che la Cgil e gli altri protagonisti della trattativa sono divisi su che cosa significhi maggioranza quando si tratta di approvare i contratti nazionali di lavoro, punto questo sul quale l’accordo del 28 giugno non dice nulla. Camusso vuole che sia una maggioranza qualificata, cioè superiore al 50%+1 delle Rsu o dei sindacati rappresentativi (quelli cioè che hanno più del 5% dei consensi come media tra iscritti e voti ricevuti). Gli altri sono contrari e pensano che anche per i contratti nazionali, come per quelli aziendali, sia sufficiente la maggioranza semplice.
È chiaro che cosa c’è dietro lo scontro. I segretari di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, che in questi anni sono andati sempre d’accordo, ritengono di avere insieme i numeri necessari per poter firmare tutti i contratti, compreso quello dei metalmeccanici, se il criterio è quello della maggioranza semplice. La Cgil, invece, se passasse il criterio della maggioranza qualificata, diventerebbe indispensabile per fare gli accordi tra le tute blu e se la potrebbe giocare anche in qualche altra categoria. Su queste basi l’accordo sembra impossibile. Tanto che Camusso guarda già al prossimo governo, scommettendo che sia a guida Bersani, e chiedendo che per prima cosa faccia una legge sulla rappresentanza. Contrari Bonanni e Angeletti, che dicono: prima facciamo l’accordo e poi sia recepito da una legge. Stando così le cose è probabile che il tavolo tecnico si risolva in un buco nell’acqua e che tutto venga rinviato a dopo le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio.
Enrico Marro