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 2013  febbraio 04 Lunedì calendario

GLI INCONTRI ALLO IOR E QUEL CONTO COPERTO ALL’ISTITUTO VATICANO

Il testimone lavora in Vaticano e tutti i giorni, confuso tra migliaia di turisti, percorre le strade che giungono a Porta Sant’Anna. Varcato l’ingresso, il Torrione San Pio V è cinquanta metri sulla sinistra, pochi scalini per imboccare il portoncino, si sale all’ultimo piano, un’immensa sala circolare: ecco lo Ior.
Secondo il suo racconto è lì che si sarebbero svolte «importanti e delicate riunioni per la costruzione dell’operazione Antonveneta», tra il direttore Paolo Cipriani, Monsignor Piero Pioppo e Andrea Orcel, il banchiere di area cattolica che nel 2007 seguiva banca Santander nella scalata ad Abn Amro e subito dopo venne nominato advisor di Montepaschi nella conquista di Antonveneta. Ora Orcel è passato a Ubs, ma in quel periodo era presidente della divisione «global markets & investment banking» della sede londinese di Merrill Lynch, ha cinquant’anni ed è uno dei più riconosciuti banker d’Europa, molto legato a Emilio Botín, a Gotti Tedeschi e in ottimi rapporti con Mediobanca, che insieme all’americana Merrill Lynch, erano gli advisor di Montepaschi. A Rocca Salimbeni la raccontano così: «Mussari pendeva dalle labbra di Orcel che è il vero ispiratore dell’operazione su Antonveneta». Sui quotidiani economici dell’epoca si leggevano commenti compiaciuti del suo nuovo successo. Durante l’estate del 2007, quando Orcel capisce che Botín per pagare Antonveneta deve svenarsi, già immagina a chi venderla e muove determinato verso Montepaschi.
Chiediamo al nostro testimone come fa a dire che Orcel incontrò gli uomini dello Ior: «Ho visto molto perché per quell’operazione furono aperti almeno quattro conti intestati a quattro organizzazioni religiose che coprono cinque personaggi che hanno avuto un ruolo chiave nella costruzione dell’acquisto di Antonveneta». Su quale banca italiana si appoggiano quei conti Ior? «Alla Banca del Fucino, sede di via Tomacelli a Roma».
A questo punto il nostro testimone mostra un foglietto con il numero di uno dei quattro conti, il 779245000141, aperto il 27 ottobre 2008, codice shift IOPRVAVX che rappresenta «la conferma dell’avvenuta ricezione di denaro», segue l’identificativo D779245000141 che «segnala il deposito di 100 mila euro in contanti avvenuto il 21 novembre 2009». Infine, con l’identificativo D7421H500002, su quel conto «arrivano 1,2 milioni di euro in tre tranche da 400 mila l’una che successivamente vengono interamente prelevati», soldi che sarebbero serviti a pagare «le persone utilizzate nel 2007 per organizzare la seconda vendita di Antonveneta».
Giuseppe Mussari è entrato due volte nell’orbita dei Sacri Palazzi. Prima e dopo l’arrivo di Gotti Tedeschi ha fatto parte della ristretta schiera di candidati alla presidenza dello Ior. Evidentemente i rapporti sono di strettissima fiducia. Chiediamo al nostro testimone chi si nasconde dietro il conto di cui ci ha fornito gli estremi: «Io ho visto nome e cognome».
Aprire un conto allo Ior non è un reato, ma se un’organizzazione religiosa copre quel conto, perché lo fa? Ad oggi non ci sono risposte e per noi non è nemmeno possibile avere prova dell’esistenza del conto «perché ai computer dello Ior non si può accedere con pen-drive, né si possono fare stampate o scattare foto dato che un software impedisce a qualsiasi macchina fotografica di leggere la videata». Per questa ragione il nostro testimone ha solamente un numero scritto a mano su un foglio di carta. Rimane da chiedergli perché fa tutto questo. Risponde così: «L’opinione pubblica deve sapere come stanno le cose, non c’è un altro modo, anche perché dall’interno il cambiamento non può venire». E dall’esterno nessuna autorità terza può verificare quanto è stato raccontato, perché lo Ior non è una banca come le altre. Il Vaticano può smentire ogni parola e sarà complicato rintracciare i conti annotati dal nostro testimone.
Paolo Mondani