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 2013  febbraio 04 Lunedì calendario

LA DIFFICILE CORSA A OSTACOLI PER EVITARE L’ODIATA IMU


Ci sono alcuni refrain di sicuro successo. Una volta il suo cavallo di battaglia era il taglio dell’Irpef, ma il messaggio non era più credibile: troppe volte quella promessa era rimasta tale. L’abolizione dell’Imu sulla prima casa è un messaggio semplice e credibile: nel 2008, poche settimane dopo aver vinto le elezioni, Berlusconi passò dalle parole ai fatti, e nonostante le resistenze dell’allora ministro Tremonti. D’altra parte, a chi piace pagare le tasse su un bene posseduto da otto italiani su dieci, il bene «sacro», il «pilastro per ogni famiglia che vuole costruirsi un futuro»? La risposta è ovvia. Le domande da porsi qui sono altre: è giusto abolirla? E’ possibile fare a meno di quel gettito? E le coperture indicate da Berlusconi sono sufficienti ad evitare buchi nelle casse dello Stato?

L’imposta sulla prima casa vale il 16% del gettito Imu. Poiché l’insieme della tassa è di 24 miliardi, la prima casa quest’anno ne ha garantiti poco meno di quattro. Per non avere contro la lobby dei Comuni - che con l’Imu finanzia spese e servizi - Berlusconi questa volta si è fatto preparare le voci con le quali compensare il taglio. Il taglio del primo anno, a cui aggiungere la restituzione di quanto chiesto agli italiani nel 2012 (più o meno otto miliardi) arriverebbe dall’accordo con la Svizzera sul rientro dei capitali. Qui c’è la prima nota dolente, perché l’accordo è lontano e dall’esito incerto. Lo dimostra quanto accaduto in Germania, dove un’intesa - a differenza di quanto sostiene Berlusconi - era in discussione ma è saltata per il no del Senato tedesco. Prima di allora la Svizzera aveva aperto un negoziato con Italia, Francia e Spagna. Ora il negoziato è fermo, anche per la contrarietà della Commissione europea che non vuole più accordi bilaterali e chiede di trattare direttamente e a livello comunitario. Gli unici due accordi in vigore sono con il governo britannico e con l’Austria; ammesso che l’Italia faccia comunque l’accordo, Berlusconi prevede un gettito di 25 miliardi una tantum, più 5 a regime di maggiori entrate. Fonti ben informate sul dossier raccontano però una realtà molto diversa. Nei forzieri svizzeri ci sarebbero fra i 100 e i 130 miliardi di euro dei contribuenti italiani. In caso di accordo, almeno la metà di questi denari si sposterebbe immediatamente altrove, come a Singapore o alle Cayman. In breve: applicando aliquote simili a quelle inglesi, nella migliore delle ipotesi si potrebbero incassare 10 miliardi una tantum e 1,5 a partire dal secondo anno. In ogni caso - dice prudente il Cavaliere - in attesa dell’accordo si potrebbe coprire i tagli con un’anticipazione della Cassa depositi e prestiti, ovvero di una banca pubblica che deve gran parte della sua liquidità al risparmio postale degli italiani.

La copertura strutturale (ovvero dal secondo anno in poi) proposta da Berlusconi sarebbe più certa, ma arriverebbe da nuove tasse in settori che di questi tempi non vanno granché bene. Due miliardi sarebbero garantiti dai giochi pubblici. Un settore - lo dicono gli ultimi dati del Tesoro - che fra gennaio e novembre del 2012 ha avuto un calo di gettito del 6,3%, più o meno 800 milioni di euro. Berlusconi vorrebbe reperire un altro miliardo dall’aumento dell’accisa sui tabacchi, 240 milioni con l’aumento delle imposte su birra e alcolici, 500 milioni dal taglio dei trasferimenti alle imprese, 260 milioni da un’addizionale di quattro euro a viaggiatore sui diritti di imbarco in aeroporto.

Dunque fare a meno dell’Imu sulla prima casa si può, ma con il rischio concreto di aprire falle nei conti dello Stato. Se lo facessimo, saremmo i primi fra i Paesi industrializzati: le tasse sull’abitazione principale si pagano in Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti. Dopo la reintroduzione dell’Imu la tassazione sulla casa in Italia è fra le più alte dei 30 Paesi Ocse, ma non la più alta: vale il 3,5% del prodotto interno lordo, più di Germania (0,8%), Spagna (2%) e Stati Uniti (3,1%), ma è il livello di tassazione in vigore in Canada, è più basso di quello applicato in Francia (3,65%) e soprattutto in Gran Bretagna, dove le tasse sulla casa assorbono il 4,2% della ricchezza. L’Italia macina sì record di pressione fiscale, ma a causa di quella sul lavoro e sulle persone fisiche: il 12% della ricchezza, due punti in più di quanto chiede il fisco inglese, tre in più di quello tedesco, cinque in più di quello spagnolo e francese.