Laura Anello, La Stampa 3/2/2013, 3 febbraio 2013
LO STUDENTE CHE SI ARRUOLÒ NELLA LEGIONE STRANIERA
È il mito fatto di sabbia del deserto e di fatica, il luogo comune del cambiare vita, la favola esotica della scomparsa, dell’anonimato, del segreto. Un nome, «Legione straniera», che evoca la scelta di vita estrema.
È il buco nero in cui tuffarsi tagliando tutto alle proprie spalle. Daniele Giovanni Mancuso, 26 anni, una solida famiglia nella città siciliana di Marsala, studi un po’ arenati di Ingegneria aeronautica al Politecnico di Torino, in quel mito si è tuffato, dopo avere lasciato a casa un messaggio che, riletto adesso, dice tutto: «Si fugge per non dovere mai chiedere scusa».
Era scomparso il 22 gennaio, lasciando i genitori e i fratelli alla ricerca disperata di risposte. L’altra sera la polizia, seguendo gli indizi trovati sul computer, è riuscita a ottenere a fatica una risposta sibillina da parte della Legione straniera. «Vi risulta tra gli aspiranti all’arruolamento un giovane che si chiama Daniele Giovanni Mancuso, nato a Marsala?». «Sì, ci risulta», hanno risposto, sciogliendo un mistero che in dieci giorni era approdato a «Chi l’ha visto?», aveva animato un gruppo su Facebook con 20 mila aderenti, aveva percorso ogni vicolo e ogni portone qui a Marsala, cittadina vivace, elegante, arricchita dal vino e dall’arte.
A passeggiarci, ti chiedi quanta strada ci sia tra questo benessere di provincia agiata e il casermone polveroso di Aubagne, nel Sud della Francia, dove Daniele si è presentato per l’arruolamento. Portandosi dietro un documento, una lametta, un paio di cambi di biancheria e il denaro sufficiente a tornare nel caso fosse stato rifiutato, come prescrivono le regole della milizia creata da Luigi Filippo nel 1831 per difendere i territori d’Oltremare, a cominciare dall’Algeria. Se lo chiedono i genitori, Salvatore e Rosa Alba, che hanno esultato l’altra sera alla notizia che il loro ragazzo era vivo, ma che adesso sono tormentati da una domanda: perché?
Già, che cosa spinge oggi un ragazzo, nel mondo della connessione continua, della visibilità globale, a entrare nell’esercito più segreto che ci sia, dove perdi identità e nome per abbracciare i valori di honeur et fidelité e indossare il kèpì blanc, il copricapo bianco diventato il simbolo della Legione?
«Arruolarsi nell’esercito era il suo sogno nel cassetto - spiega il fratello Alessio - Forse aveva paura a confidarsi con qualcuno nel timore di una risposta negativa. Pianificava da tempo questa fuga, ma non ha detto nulla a nessuno. Non so dire francamente se i miei genitori lo avrebbero fermato, credo proprio di no».
È stato lui, Alessio, a dare la notizia che Daniele aveva superato l’altro ieri le prove selettive ed era stato arruolato. Una strada che per almeno cinque anni sarà senza ritorno.
Una crepa nella vita di quel ragazzo apparentemente sereno l’aveva fatta intravedere pochi giorni fa l’ex collega del Politecnico di Torino Massimiliano Scalerandi, oggi assegnista di ricerca nello stesso dipartimento in cui Daniele studiava ancora: «Era partito molto bene, alla fine del terzo anno era in linea con gli esami. Poi tutti noi siamo andati avanti e lui è rimasto indietro. Era un problema che soffriva molto».
Proprio martedì 22 gennaio, giorno della scomparsa, aveva un appuntamento con il tutor che avrebbe dovuto aiutarlo a superare gli «esami scoglio» che gli restavano. Il 28 avrebbe dovuto presentarsi alla commissione d’esame. E invece ha scritto un messaggio al fratello per tranquillizzare la madre, alla quale non aveva risposto al telefono la domenica precedente: «Il mio cellulare fa le bizze, ma dille che non si preoccupi e che la chiamerò presto». Poi su Facebook l’ultimo messaggio «Go, go, go!». Vai, vai, vai.
Ha preso un pullman verso la Francia: Torino-Ventimiglia e poi Marsiglia. Il 24 i genitori hanno fatto denuncia di scomparsa e si sono precipitati nella sua casa a Torino. Hanno scoperto che mancavano la macchina fotografica, il portafogli, lo zainetto e qualche soldo. E soprattutto che dal computer, apparentemente a posto con tanto di cuffie inserite, era stato rimosso l’hard disk. Soltanto i documenti sugli studi universitari erano stati trasferiti su una memoria esterna, e sopra la custodia Daniele aveva scritto quella frase: «Si fugge per non dovere mai chiedere scusa».
Quando la polizia lo cercava a Torino. Daniele era già in Francia. A prepararsi a una vita che un ex legionario su un forum online racconta così: «La giornata iniziava alle 4,30 con la sveglia. Rifacimento branda, doccia, barba. Alle 5 tutti giù nel piazzale, sull’attenti in fila per cinque.Il grosso guaio di Aubagne è che lì, nel periodo invernale, soffia sempre il Mistral, un vento gelido che taglia la faccia. Vi lascio dunque immaginare cosa si provava a stare impalati sull’attenti, a volte per ore, con indosso soltanto la mimetica». Il padre Salvatore lo aveva intuito, nei giorni della ricerca senza notizie: «Quando Daniele fa qualcosa è perché ci crede davvero».