Fulvia Caprara, La Stampa 2/2/2013, 2 febbraio 2013
IN FONDO SONO ANCORA LA RAGAZZA CON LA VALIGIA
[CLAUDIA CARDINALE]
Il motto, fin da piccola, non lasciava dubbi: «Se voglio, posso». A fare il resto c’è stato il segno zodiacale «sono ariete, questa è la mia forza », e un titolo celebre in cui ancora oggi si riconosce: «Ricorda La ragazza con la valigia ? Ecco, io sono rimasta così, sempre in viaggio, sempre attiva». Con una sola cattiva abitudine: «Ho cominciato a fumare sul set di Vaghe stelle dell’Orsa , me lo chiese Luchino, da allora non ho più smesso». Italiana, nata a Tunisi, residente a Parigi da 27 anni, Claudia Cardinale è un esempio ammirevole di allegra vitalità, una diva che non conosce il viale del tramonto, una donna bellissima che non ha ceduto alle lusinghe dei lifting, una star che accetta di lavorare a prezzi contenuti, con esordienti, perchè conosce la vita e sa che è meglio fare piuttosto che pretendere. D’altra parte il suo curriculum brilla di onorificenze prestigiose (Grande Ufficiale della Repubblica Italiana, Comandante della Legion d’onore francese), incontri folgoranti, film indimenticabili. L’ultimo è Gebo e l’Ombra (in arrivo sui nostri schermi dopo l’anteprima all’ultima Mostra), regia del maestro portoghese Manoel de Oliveira, anni 104.
Come vi siete incontrati?
«Lui era alla Mostra di Venezia e, rispondendo a una domanda sulla sua attrice preferita, ha pronunciato il mio nome. Gli ho fatto avere un biglietto di ringraziamento in albergo e lui, dopo poco, mi ha chiamata per il suo nuovo film».
Che tipo di esperienza è stata?
«Fantastica. Abbiamo girato in 25 giorni, lavorando come per una piece teatrale, con scene che duravano anche 45 minuti. De Oliveira non dava mai lo stop, e noi andavamo avanti, ha un’incredibile energia, e poi sul set ho lavorato con attori pazzeschi, Jeanne Moreau, Michael Lonsdale».
Ultimamente ha girato tanto, come se stesse vivendo una seconda carriera cinematografica. Non capita spesso, alle donne, poi, quasi mai.
«É vero, normalmente una volta arrivati a una certa età e dopo essere stata in 135 pellicole, ci si ferma. Invece a me sta succedendo di interpretare anche 4 o 5 storie all’anno».
Qual è il suo segreto?
«Non rifiuto i film dei debuttanti e chiedo pochi soldi, so che spesso il problema più grosso è quello, e allora accetto cachet bassi. E poi sono pronta a viaggiare, spostarmi anche in capo al mondo. Da piccola il mio sogno era fare l’esploratrice, posso dire di esserci riuscita...».
Forse c’entra anche il suo carattere, il suo modo di rapportarsi agli altri.
«Io mi sento molto normale, non ho autista e nemmeno guardie del corpo, vado in giro da sola, come e quando mi pare. La cosa buffa è che, se succede che qualcuno si avvicini per chiedermi qualcosa, insomma, per trattarmi da attrice, c’è sempre qualche altro che interviene per proteggermi, per dire “lasci stare la signora, smetta di importunarla”».
Questo succede in Francia, a Parigi, dove ha scelto di vivere, magari in Italia sarebbe diverso.
«Non so, sono venuta qui quando mia figlia era molto piccola e in Italia era difficile trovare lavoro. Lo è anche adesso, con la crisi e tutto il resto, ma fare il cinema è sempre stata una grande avventura, e poi io credo nel destino, era tutto scritto, evidentemente dovevo vivere qui».
Ha lavorato con i più grandi. C’è un regista che considera suo maestro?
«Non ce n’è uno solo, certo, i nomi che mi vengono in mente per primi sono Visconti, Fellini, Leone, ma ce ne sono anche tanti altri, tutti con i loro diversi modi di dirigere».
Che ricordi ha del «Gattopardo»?
«Tantissimi, per esempio le scene dei baci con Alain Delon, ripetute mille volte, con Luchino che insisteva “Claudina, voglio vedere la lingua”».
E di «Rocco e i suoi fratelli»?
«La sequenza della litigata, quella tremenda, con cazzotti che volavano da tutte le parti. A un certo punto Luchino prese il megafono e gridò “State attenti, non ammazzate la Cardinale!”. Era una persona stupenda, faceva regali fantastici, andavamo a cena insieme e me li faceva trovare nascosti sotto il tovagliolo. Una volta siamo andati a vedere un concerto della nostra preferita, Marlene Dietrich...».
Non ha mai accettato di apparire nuda. Perché?
«Sono convinta che sia molto più erotico far immaginare che far vedere... L’ho chiarito subito, anche quando ho recitato in America, e la volta in cui sarei dovuta apparire senza veli, ho usato un trucco, lo stesso della Dietrich, un busto sottilissimo, così non ero nuda sul serio...».
Momenti di imbarazzo?
«Sì, durante la lavorazione di C’era una volta il West , avevo una scena molto intensa con Henry Fonda, ma la moglie era sul set, continuava a fissarci, senza staccarmi un attimo gli occhi di dosso...».
È difficile restare belli per tutta la vita?
«Non so, io mi curo, metto le creme, cammino molto. Ma niente lifting, quello proprio no».
Ha rimpianti, qualcosa che avrebbe voluto fare e non ha fatto?
«No, sono stata tutto, puttana, principessa, mafiosa, donna del popolo... E poi si vive una sola volta, è importante trasformarsi davanti alla macchina da presa, ma anche non perdere i rapporti con se stessi, non perdersi...».