Andrea Selva, la Repubblica 3/2/2013, 3 febbraio 2013
LA CARICA DEI BARONI RAMPANTI COSÌ LA CASA SULL’ALBERO DA SOGNO DIVENTA REALT
[Boom di progetti dalla Svezia al Trentino] –
RENTO
— Prendere le distanze dai problemi terreni. Osservare le cose dall’alto, con prospettive diverse e il giusto distacco. Avvicinarsi alla natura e (perché no?) fuggire dalla realtà per riscoprirsi bambini. Almeno finché non si è costretti a tornare con i piedi per terra. A questo può servire una casa sull’albero, tendenza che va molto più in là della casetta di legno che tutti una volta nella vita abbiamo sognato (e chiesto a papà) guardando dal basso i rami di una grossa pianta allargarsi nel cielo. Accade ora che a Trento la Provincia autonoma ha approvato una mozione per individuare nuove aree da destinare a villaggi sugli alberi e per modificare le norme urbanistiche. L’obiettivo? Rendere la vita più semplice a geometri, architetti e ingegneri che vorranno cimentarsi con l’edificazione in “quota”. E — naturalmente — dare una mano al turismo.
In una provincia dove il 56 per cento del territorio è coperto da boschi (e si contano 55 milioni di alberi, mille per ogni abitante) non sarà difficile trovare abeti e larici pronti per ospitare un rifugio. Ad esempio a Sagron Mis (sempre in Trentino) dove ieri si è tenuto un convegno sul tema. Oppure in valle di Non (nei dintorni di Cles) dove sulle piante attorno a Malga Boaria verranno realizzate le casette disegnate dai vincitori di un concorso a cui hanno partecipato anche progettisti svizzeri e tedeschi. Ma altri Comuni sono pronti a dare il via libera a villaggi disegnati su misura per il Barone Rampante. Giochi per bambini? Nient’affatto: moduli per 2-4 persone dotati di ogni servizio, fornelli da cucina esclusi ma solo per eliminare il rischio di incendio. Capsule appese a cavi tirati fra i rami, oppure ancorate ai tronchi o ancora appoggiate al terreno come palafitte che si spingono tra le fronde, dove chi vorrà potrà svegliarsi al mattino e ammirare la valle incorniciata dai rami di una conifera. A tre metri (almeno) d’altezza. Un’esperienza per pochi? Per tutti quelli che avranno la forza di arrampicarsi lassù.
Mauro Delladio era stato chiamato il “consigliere Tarzan”, ma la sua mozione l’altro giorno è stata approvata all’unanimità dal consiglio provinciale: «Dovrà essere più semplice costruire queste strutture che la gente di città chiede sempre di più per avvicinarsi alla natura». Sulla grande richiesta nessun dubbio: aumenta ogni estate il popolo di chi vuole “far pace” con la natura, camminare a piedi nudi nell’acqua gelida dei torrenti, dormire in malga dove al mattino ti fanno pure mungere la mucca, raccogliere le mele d’autunno (per portarsi in città una cassetta con il frutto delle proprie fatiche) e salire, appunto, sugli alberi. Finora erano gli acropark, con cavi, carrucole e ponti tibetani appesi fra i tronchi nei boschi a dieci metri d’altezza. Ora prepariamoci ai villaggi, una tendenza che si diffonde in Italia in arrivo dagli Stati Uniti e dall’Europa del Nord.
«Queste case vengono concepite come un rifugio di pochi metri quadrati, insomma un luogo dove allontanarsi dal mondo» spiega l’architetto Nicola Chiavarelli, organizzatore del convegno di ieri. «Stare sugli alberi fa parte della nostra storia » aggiunge il collega Pietro Pitteri. E la storia insegna infatti che la salita da terra è sempre stata una fuga: dagli animali, dai nemici, dalle paure. Una bella fuga davvero quella che ora — nell’epoca del design sostenibile — si potrà concludere in un rifugio ecologico, mimetizzato tra le foglie.