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 2013  febbraio 02 Sabato calendario

IL CASO ISOTTA-LA SCALA

(due articoli) -

(f. de b.) Paolo Isotta, critico musicale del Corriere della Sera, è stato bandito dalla Scala. Non vi potrà più entrare. Decisione del sovrintendente dopo un articolo non proprio benevolo nei confronti di Daniel Harding e, indirettamente, di Claudio Abbado. Chi scrive, al contrario del suo critico, ama entrambi i direttori d’orchestra, l’allievo e il maestro, ma ha sempre ritenuto e ritiene che la libertà di critica sia sacra purché non scada mai nei toni e nei contenuti.
Isotta non è alieno dagli eccessi (il direttore è anche un calmante naturale) ma è uno straordinario, intelligente e imprevedibile critico che conosce la musica meglio dei suoi detrattori scaligeri per i quali ogni lode è dovuta, ogni appunto sospetto, ogni richiesta — anche la più bizzarra di un artista — legittima. Con lettera a chi scrive del 18 ottobre 2011, il sovrintendente Stéphane Lissner — che mai si sarebbe peritato di rivolgersi allo stesso modo agli organi di informazione del suo Paese (ma forse ci considera una colonia) — chiese con arroganza la testa di Isotta. Non più gradito. Non la ebbe e non l’avrà nemmeno questa volta.

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Caro Direttore,
rispondo al tuo corsivo di ieri per chiarire soprattutto all’opinione pubblica di che cosa si parli realmente nel caso che intitoli «La porta chiusa della Scala al critico del Corriere».
Primo, la Scala non chiede «la testa di Isotta», né l’ha mai chiesta. Ha solo preso una decisione, dopo una serie di articoli che hanno ampiamente superato i limiti di quella che tu stesso definisci una «critica che non scada mai nei toni e nei contenuti»: non concedere i tradizionali due posti stampa gratuiti (e pretesi a domicilio) per entrare alla Scala.
Dici che Isotta non «è alieno da eccessi», ma questo è noto a tutti, colleghi, teatri e spettatori da anni. Lo ricorda bene anche la Scala prima di me, lo ricordano i musicisti e gli uomini di cultura a proposito di un offensivo «necrologio» di Luigi Nono; lo ricordano alcuni colleghi anche più anziani che sono stati schiaffeggiati pubblicamente, uno anche alla Scala, il decano dei critici italiani; lo ricorda una direttrice d’orchestra cui veniva consigliato un uso alternativo della bacchetta, lo ricorda un direttore svillaneggiato perché non portava il frac. E così via.
Se Paolo Isotta è uno «straordinario, intelligentissimo e imprevedibile critico», ciò rende ancora più imbarazzante il suo sconfinare negli eccessi di cui «il direttore è anche un calmante naturale».
In realtà ancora non siamo al cuore del problema. La Scala ha deciso di prendere le distanze da Paolo Isotta, non perché egli esprima e abbia espresso opinioni difformi e scomode nei confronti del teatro, ma perché troppe volte ha deciso di tradire lo spirito del krinein greco da cui la professione di critico trae la logica e l’etica della sua funzione: pensare, riflettere, porsi fra l’opera d’arte e il pubblico per far capire.
Isotta ha deciso di condurre campagne personali di natura diversa da quella della critica musicale, e di usare i suoi articoli non come momenti di riflessione, ma come strumenti di potere, come armi «contro» qualcosa o qualcuno, istituzioni e artisti. E in questo la Scala non ha alcuna intenzione di assecondarlo, pur restando ben aperte le porte del teatro al Corriere della Sera.
È comprensibile e giusto che tu difenda i tuoi giornalisti e una testata carica di storia e di rispetto. Per questo non ti sarà difficile comprendere perché, di fronte ad attacchi intrisi di secondi fini, che oggettivamente hanno violato i codici di comunicazione che tu stesso ritieni non aggirabili, come sovrintendente della Scala abbia deciso di difendere l’istituzione, i suoi artisti, i suoi lavoratori. Lo farò, da uomo libero, fino alla fine del mio mandato.
Con immutata stima.
Stéphane Lissner

Pubblico la sua lettera, gentile sovrintendente, ormai a metà mi risulta fra La Scala e l’Opera, per cortesia e rispetto verso l’istituzione che noi milanesi veramente amiamo. Isotta ha sbagliato nel richiederle in quel modo i biglietti. Ma la decisione di dichiararlo persona non gradita, e io di conseguenza con lui, non sarebbe mai stata presa da nessuno dei suoi predecessori. Gli eccessi del mio critico mi sono ben noti, purtroppo, e me ne scuso. Ora mi aspetto da lei che con coerenza bandisca dal teatro tutti gli artisti dal carattere difficile e dal comportamento bizzoso e indisciplinato, a cominciare da alcuni celebri direttori d’orchestra. L’ordine sarà assicurato, la noia pure. (f. de b.)