Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 02 Sabato calendario

CHE COSA SONO I DERIVATI

In queste ultime settimane si è parlato molto di Alexandria e Santorini, i due famosi contratti derivati che hanno un ruolo importante nella vicenda del Monte dei Paschi di Siena. Non è la prima volta che questi strumenti finanziari conquistano le prime pagine dei giornali. Secondo alcune delle ricostruzioni che si sentono più spesso, i derivati sono la causa della crisi economica nella quale ancora ci troviamo e – visto che il loro valore ammonterebbe a quasi dieci volte il PIL prodotto dall’intero pianeta – potrebbero farci sprofondare in una nuova e definitiva crisi economica. Per molti quindi, la soluzione è chiara: vietarli completamente. Ma c’è un’altra cosa altrettanto chiara nella storia dei derivati: ben pochi hanno capito esattamente che cosa sono.
Cosa sono i derivati
Non è una domanda difficile a cui rispondere: i derivati sono in sostanza delle scommesse. Si potrebbe creare un derivato sulla possibilità che domani a Roma nevichi. Io scommetto che nevicherà, la mia controparte scommette il contrario e domani vedremo chi dovrà pagare. Il nome, derivati, viene proprio da questo fatto: tutti i derivati hanno un valore che “deriva” da qualcos’altro. La possibilità che domani a Roma nevichi o, più spesso, l’andamento di un indice di borsa, del prezzo di una materia prima, del cambio di due monete: le possibilità sono infinite.
Un’altra caratteristica dei derivati è proprio che questo nome raggruppa una quantità sterminata di strumenti diversi. L’ingegneria finanziaria ha inventato un numero straordinario di diverse applicazioni dei derivati, tutti sostanzialmente accomunati dalle caratteristiche che abbiamo elencato sopra. Ad esempio i famosi Credit Default Swap (CDS), che hanno fatto tremare il mondo quando la Grecia era al default, sono scommesse sulla possibilità che un paese (una società) faccia fallimento. I futures, quelli del finale di Una poltrona per due, sono scommesse sull’andamento di una materia prima: io ti prometto di venderti tra un anno un chilo di pomodori a un euro, anche se oggi costa un euro e 10, scommettendo che quando dovrò consegnarteli il loro valore di mercato sarà sceso sotto un euro.
Perché tutti dicono che sono complessi?
Quasi invariabilmente quando si pronuncia la parola “derivati” si aggiunge anche “molto complessi”, il che sembrerebbe in contrasto con quello che abbiamo scritto finora. In effetti esistono titoli derivati molto semplici. I futures che abbiamo descritto poco sopra non sono strumenti molto complessi. Anche molti CDS non sono difficili da capire. Molti titoli di stato vengono venduti accompagnati a CDS: io compro il titolo di stato e il venditore mi fa acquistare anche un derivato. Io pago al venditore una certa cifra fino a che non arriva il momento di incassare il mio titolo di stato. Se nel frattempo lo stato fallisce, chi mi ha venduto il titolo di stato deve pagarmi la “penale” del CDS – una sorta di assicurazione, insomma.
L’ingegno umano, però, è infinito, e indiscutibilmente sui derivati si è applicato parecchio. Quello della finanza è un mondo complesso. Finanzieri, banchieri e operatori si trovano di fronte a numerose esigenze di vario tipo e per rispondere a questi bisogni spesso hanno utilizzato in maniera creativa lo strumento dei derivati. Esistono titoli derivati estremamente complessi, disegnati per rispondere ad ogni sorta di esigenza. Ci sono derivati costruiti su altri derivati che a loro volta sono uno spezzatino di derivati che a loro volta sono basati su un qualche tipo di garanzia, come ad esempio – e ci avviciniamo all’attualità – un mutuo su una casa.
Alcuni dei prodotti derivati più complessi erano quelli che dettero origine alla crisi dei mutui subprime ed erano, fondamentalmente, del tipo che abbiamo appena descritto. Partendo da un mutuo su una casa – un credito per la banca, anche se non facilmente trasformabile in moneta liquida – veniva costruito un derivato che aveva come garanzia il mutuo stesso. Il derivato poi veniva spezzettato, usato come garanzia per altri derivati e quindi impacchettato nei cosiddetti “titoli salsiccia”. Il risultato finale era che nessuno aveva più idea di cosa garantisse cosa. Quando i mutui cominciarono a non venir più pagati e le case a crollare di valore, tutti cominciarono a domandarsi se le salsicce nel portafoglio delle proprie controparti erano garantite da fuffa oppure da qualcosa di solido. Se volete sapere di più di questa storia, l’abbiamo raccontata in questo articolo.
A cosa servono i derivati
A fare soldi. Questo è evidente, altrimenti nessuno li utilizzerebbe. Prima della crisi del 2008 le divisioni che si occupavano di derivati immobiliari erano quelle che macinavano più profitti a Wall Street. Ma i derivati e, più in generale, quella che viene chiamata speculazione, ha anche un ruolo positivo nel mercato. Nel mercato delle materie prime, ad esempio, i derivati sono uno strumento molto utile per mantenere i mercati stabili (c’è un complesso e articolato dibattito sul ruolo dei derivati nell’aumento del prezzo delle materie prime agricole, ma in linea di massima sembra che non c’entrino nulla).
Questo vi suonerà strano, quindi procediamo con calma. Partiamo da un assunto: se un mercato è piccolo è probabile che avrà molte oscillazioni – sarà, in gergo “volatile”. Facciamo un’ipotesi estrema: ipotizziamo che i bulloni siano prodotti da un solo industriale e acquistati da un solo commerciante. Se in un anno, per qualunque motivo, il produttore di bulloni decide di dimezzare la produzione, il prezzo dei bulloni salirà subito alle stelle. Se di contro il compratore decide che per quell’anno non ha bisogno di bulloni, allora all’improvviso questi non varranno più nulla.
Un mercato più grande, invece, è in grado di assorbire meglio gli shock. Se la produzione di un fabbricante cala, un altro potrebbe aumentare la sua. Se un compratore cessa di acquistare, un secondo potrebbe decidere di comprare il doppio. Mercati grandi, quindi, uguale mercati più stabili. Un mercato può essere grande perché di quella cosa ci sono tanti produttori e acquirenti e tanti bene prodotti, ma, attenzione, può essere grande e liquido – cioè dove girano molti soldi – anche perchè di mezzo ci sono grandi banche d’affari, interessate a guadagnare con i loro derivati sull’andamento dei prezzi di quei beni. Derivati e speculazione, quindi, rendono un mercato più liquido, fanno si che girino più soldi e che quindi sia in grado di assorbire meglio gli shock.
Perché possono essere un male
I derivati non sono in sé buoni o cattivi: molto di questo dipende dall’uso che se ne fa. Come dicevamo, i derivati possono essere usati per garantirsi da un rischio, ma, essendo delle scommesse, possono essere dei prodotti estremamente rischiosi. In più, i titoli più complessi e strutturati rischiano anche di essere opachi: strumenti di cui è impossibile valutare correttamente il rischio anche per i più esperti.
Il caso più noto di questo effetto distruttivo dei derivati è la crisi dei mutui subprime, quando, come disse Warren Buffet, i derivati erano diventati «armi di distruzione finanziaria di massa». All’epoca le banche attirate dai profitti giganteschi dei derivati basati su garanzie immobiliari si esposero tantissimo su quel fronte e quando arrivò la crisi, i valori immobiliari caddero e, per dirla ancora con Buffet: «la marea si ritirò e si vide chi stava nuotando nudo».
Ma la complessità dei derivati può dare anche origine a truffe o cose che ci si avvicinano molto. Potenzialmente, a tutti i clienti degli istituti bancari potrebbero essere proposti dei derivati e in pochi avrebbero le competenze per capire se quello che gli viene proposto è un prodotto sicuro o un misterioso derivato che chissà come andrà a finire. Questo è stato il caso dei derivati venduti ad alcuni enti locali italiani, per cui sono state condannate diverse banche internazionali. Come hanno fatto notare alcuni, tra quei casi potrebbero essercene anche altri. Enti locali che hanno sottoscritto prodotti derivati per mostrare utili in bilancio e far ricadere le perdite sugli amministratori futuri.
Questo secondo caso è esattamente quello che ha fatto il Monte dei Paschi con i derivati Alexandria e Santorini. Vediamo come funziona: ipotizziamo di essere una banca (o un comune) che vuole nascondere una perdita. Non potremmo, ovviamente, chiedere del denaro in prestito per ripianarla: il debito finirebbe nel bilancio e così gli interessi che dovrò pagare in futuro. Ecco allora che l’ingegneria finanziaria ci viene in soccorso, disegnando un infinità di prodotti derivati che potrebbero esserci utili.
La banca, ad esempio, potrebbe vendere un derivato al prezzo della perdita che vuole nascondere. In cambio, si impegna a pagare all’acquirente una certa cifra per trent’anni, con scadenza annuale se, ad esempio, il Pro Patria non entra in Seria A. O se a Tunisi non nevica. MPS ha compiuto un’operazione simile: si accordò con la banca Nomura per vendere al prezzo di 60 milioni (sono cifre ipotetiche) dei titoli che aveva in precedenza comprato a 100, ma che all’epoca non valevano più di 30. In cambio sottoscrisse un derivato – particolarmente complesso e con diversa clausole che vennero tenute nascoste alla vigilanza – per cui si impegnava a pagare cifre enormi per gli anni successivi. Non si conoscono le clausole esatte, ma la possibilità che MPS vincesse la sua scommessa erano più o meno pari a quelle che ha il Pro Patria di entrare in Serie A.