Guido Santevecchi, Corriere della Sera 02/02/2013, 2 febbraio 2013
IL MILIONARIO CHE VENDE ARIA FRESCA (IN LATTINA) —
Sotto un grattacielo di Pechino, immerso in una nebbia tra il giallo e il grigio che somiglia a una soluzione chimica. Sul marciapiede sono impilate centinaia di lattine: sull’etichetta un faccione sorridente e la scritta «Aria fresca» seguita dalla promessa che sarebbe stata catturata in remote e quasi incontaminate regioni della grande Cina, dallo Xinjiang a Nordovest fino alle coste che lambiscono Taiwan a Sudest.
Sembra un tentativo di truffa da Totò e Peppino divisi a Pechino, ma la gente si ferma, guarda e ascolta. Perché il faccione stampato sulle lattine è molto popolare: appartiene a Chen Guangbiao, 44 anni, multimilionario che ha fatto fortuna riciclando materiale di scarto dell’edilizia e ama definirsi il più grande filantropo della Repubblica popolare.
Il signor Chen è presente e arringa i passanti, che per due settimane non hanno visto il cielo sopra Pechino per colpa della coltre di inquinamento. «Io, tutti noi: dobbiamo dire ai sindaci e ai capi delle grandi industrie che non si deve inseguire la crescita della produzione e il profitto a costo della salute dei nostri figli e nipoti, distruggendo il sistema ecologico». Una pausa, poi l’urlo finale: «Se non facciamo qualcosa subito, tra dieci anni i sopravvissuti dovranno portarsi appresso maschere antigas e bombole a ossigeno». I pechinesi assentono e per buona precauzione afferrano la loro lattina di «Aria fresca» dello Xinjiang.
Chen Guangbiao (in cinese il suo nome vuol dire buonuomo) è un vero filantropo: in passato ha già utilizzato la sua ricchezza valutata in oltre 650 milioni di euro per soccorrere i terremotati del Sichuan arrivando con una colonna di camion e ha anche donato denaro alle vittime dello tsunami in Giappone. Richiamare l’attenzione sull’inquinamento letale che secondo gli scienziati sarebbe peggiore della Sars è una critica indiretta alle autorità, evidentemente responsabili del disastro ambientale, ma Chen Buonuomo si è coperto le spalle: in autunno ha comprato un’intera pagina di pubblicità sul New York Times per spiegare agli americani che le isole Diaoyu (Senkaku per il Giappone che le controlla) sono cinesi.
Comunque il problema che il milionario solleva con le sue lattine è di gravità devastante: l’inquinamento dell’aria è misurato in Pm 2,5 (particelle del diametro di 2,5 micron), le più dannose per i polmoni. L’Organizzazione mondiale per la sanità raccomanda di non vivere in ambienti che superino il livello 20 e sostiene che quota 300 è estremamente pericolosa, da chiudersi in casa: Pechino ha trascorso un gennaio a 500 e ha toccato 755 particelle di Pm 2,5 per metro cubo di aria il 12 gennaio. Ci sono stati centinaia di malori e ricoveri. Lo stesso problema in altre decine di grandi città sparse su un’area della Cina centrosettentrionale vasta oltre un milione di chilometri quadrati.
Per qualcuno è anche un affare: la Yuan Da, società che produce purificatori dell’aria per palazzi dice di aver venduto 3,5 milioni di macchine a gennaio, rispetto a 1 milione a ottobre. La Philips, che è sullo stesso mercato, annuncia un balzo del 300 per cento. Moltiplicate per 30 le vendite di app per seguire sugli smartphone i dati dell’inquinamento urbano. I supermercati vendono mascherine da chirurgo.
Il signor Chen Buonuomo l’altro giorno ha regalato la sua Aria fresca, ma il prezzo è di 5 yuan (circa 60 centesimi) a lattina e il filantropo numero uno della Cina sostiene di averne vendute 8 milioni negli ultimi 10 giorni: tutti i proventi sarebbero destinati alle regioni più povere e al recupero di località rese celebri dall’epopea rivoluzionaria.
Guido Santevecchi