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 2013  febbraio 02 Sabato calendario

INGANNO CANNABIS

Vendono fertilizzanti, kit per l’illuminazione, stimolatori di crescita delle foglie, fino a veri e propri manuali ricchi di sug­gerimenti. I «grow shop» non sono soltanto attività commerciali, ma anche «centri di apprendimento» per la coltivazione della cannabis. A definirli così è la relazione del­l’Osservatorio europeo delle droghe e delle dipendenze (Oedt) e del­l’Europol. «I benefici della coltiva­zione domestica – afferma lo studio – includono i minori rischi di indi­viduazione e il controllo sulle con­dizioni in grado di consentire alti rendimenti». E il mercato europeo della cannabis ha oggi cifre da capogiro: 12 milio­ni di cittadini tra i 15 e i 64 anni ne hanno fatto uso nell’ultimo mese; di questi, 5 milioni sono ragazzi sot­to i 24 anni. L’Italia consuma il 14% della cannabis che circola nel vec­chio continente, un dato che schiz­za al 30% per l’hashish. «L’Ue è un’importante regione pro­duttrice di droghe sintetiche e, in misura crescente, di cannabis – os­serva Wolfgang Götz, direttore del­l’Oedt –. Sta prendendo piede la ten­denza a produrre droghe illecite nel­le vicinanze dei potenziali mercati di consumo, dove è meno probabi­le che vengano intercettate. Questa evoluzione ci costa sempre più sa­lata in termini di sicurezza colletti­va, salute pubblica e onere imposto alle già limitate risorse della poli­zia ». Salute pubblica, appunto: oggi so­no malati e «chiedono aiuto e di se­guire un trattamento più di tre mi­lioni » di consumatori di cannabis, è l’allarme lanciato dallo stesso Götz, che chiede venga tenuta in conto questa cifra «sufficientemente ele­vata » nella definizione delle politi­che alla lotta alla droga. Sono infat­ti cambiate, spiega, le modalità di consumo, passato da sporadico a «quotidiano».
Un cambiamento incoraggiato dal­la nascita dei «grow shop», che han­no iniziato a diffondersi a metà de­gli anni ’90 in Nord America e in Eu­ropa, dove oggi sono presenti in quindici Paesi e si riparano dietro la legalità della vendita dei prodotti per la coltivazione, non dovendo ri­spondere dell’ovvio utilizzo che ne verrà fatto.
Oltre alla coltivazione fai-da-te, re­sta a livelli allarmanti l’attività dal­le organiz­zazioni cri­minali: il rapporto mette in lu­ce i collega­menti tra le reti di traffi­canti di co­caina e di resina di cannabis, l’importanza crescente dell’Africa come zona di deposito e di transito, e il ruolo cen­trale svolto dalle bande criminali dell’Europa nordoccidentale nello smistamento di ogni tipo di droga nel continente. E la via della can­nabis che arriva in Italia incomincia, spesso, dai Balcani, che rifornisco­no anche Grecia e Ungheria.
Cecilia Malmstrom, commissaria dell’Unione Europea per gli Affari interni, ha assicurato che la legaliz­zazione della cannabis non rientra nell’agenda Ue. Serve, questo sì, u­na risposta decisa contro i gruppi criminali organizzati, sempre più propensi «a trafficare contempora­neamente più sostanze stupefa­centi » e «a coalizzarsi tra loro». Per questo, prosegue Malmstrom, «le misure predisposte a livello nazio­nale, per quanto energiche, non so­no più sufficienti». Così, la lotta al­la criminalità passa anche attraver­so la costruzione di un’Europa uni­ta contro le droghe.