l.pa., la Repubblica 1/2/2013, 1 febbraio 2013
ALGERIA, BRASILE, NIGERIA E BALTICO QUATTRO FRONTI FANNO SALTARE I CONTI
In Algeria è una questione di tangenti, mentre in Brasile i problemi sono causati dai fornitori locali. La riforma della legge petrolifera ha paralizzato l’attività in Nigeria, il rinvio del secondo gasdotto del Nord Stream ha provocato una mancata commessa ormai data per certa nel Baltico.
La tempesta perfetta che si è abbattuta su Siapem copre alla perfezione l’atlante geografico del business petrolifero. Non c’è regione al mondo in cui sono stati scoperti giacimenti di idrocarburi negli ultimi dieci anni in cui la controllata del gruppo Eni non è presente. E ben pochi di questi, al momento, procedono senza intoppi.
Come ha cercato di spiegare al mercato l’altro giorno il neo amministratore delegato di Saipem Umberto Vergine, si sono verificate tutta una serie di circostanze nell’arco degli ultimi mesi che hanno costretto i manager a rivedere le stime degli utili: meno 6 per cento a 900 milioni quest’anno e meno 50 per cento nel corso del 2013 a 450 milioni di euro.
In pratica, come si sono affrettati a scrivere tutti gli analisti finanziari che coprono il settore “oil”, i conti presentati fino all’altro ieri dalla società erano come minimo sovrastimati. Con una previsione di incassi da commesse che, alla prova dei fatti, non erano ancora state assegnate o erano bloccate da contenziosi locali. Una realtà dei fatti fino a ieri negata da Saipem, come si può leggere nella relazione che accompagna la terza trimestrale della
società diffusa a ottobre. Ma va anche detto che l’intera comunità finanziaria non si era accorta di quanto stava accadendo a Saipem, visto che solo dopo l’allarme sugli utili tutti gli analisti si sono precipitati a modificare il loro giudizio, consigliando ai propri clienti di vendere il titolo.
Ma quali i problemi di Saipem? In Algeria è un problema di corruzione. L’inchiesta della magistratura locale ha decapitato i vertici di Sonatrach, la società di Stato che garantisce oltre un terzo del fabbisogno di gas italiano. Indagine
che ha coinvolto anche dirigenti di Saipem, accusati di aver pagato mazzette per avere le commesse su due nuovi gasdotti, di cui uno per l’Italia. Secondo la stampa di Algeri si tratterebbe di un regolamento di conti politico, ma il risultato è stato quello di bloccare i cantieri.
Anche in Nigeria il problema è politico. Si sta discutendo la nuova legge petrolifera che potrebbe cambiare il periodo delle concessioni e le percentuali che i big devono corrispondere al governo di Nairobi. Nell’attesa, l’attività di
nuove esplorazioni è ferma. Problema simile in Venezuela, dove l’incertezza riguarda la successione al presidente Chavez.
In Mozambico, il governo locale ha imposto che alcune opere infrastrutturali vengano realizzate localmente per generare l’indotto. Ma sono in corso alcune revisioni dei costi della commessa che potrebbero rivelarsi più onerose del previsto. E lo stesso sta accadendo in Brasile dove, tra l’altro, Saipem ha vinto l’appalto pur accontentandosi di margini più bassi ed entrare nel nuovo business
delle esplorazioni off shore
ad alte profondità.
C’è poi il caso del South Stream, il gasdotto che porterà il metano dalla Russia alla Germania sul fondo del Baltico. Il primo ramo, realizzato proprio da Saipem, è appena entrato in esercizio. Mentre per la costruzione del secondo bisognerà attendere che riparta la domanda da parte dell’Europa. Tutto questo porterà a una redditività inferiore che ha come conseguenza il dimezzamento degli utili per il 2005. Anche perché, nel frattempo, Saipem deve far fronte all’aumento del debito: gli investimenti non si possono fermare (sono circa un miliardo all’anno) e i mancati incassi hanno portato la posizione finanziaria netta a superare i 4,4 miliardi a fine 2012, con un aumento di 1,4 miliardi
rispetto a un anno prima.
L’ad Vergine ha comunicato al mercato che la situazione dei conti migliorerà nel 2014. Ma perché questo avvenga occorre che il prezzo del petrolio non scenda sotto i 90 dollari, affinché le big oil company continuino a investire nelle attività di esplorazione. Tuttavia gli ultimi segnali dal mercato non sono certo positivi, visto che l’anno scorso il settore ha investito in R&S oltre 100 miliardi di dollari, ma molto meno dei 250 miliardi delle previsioni di inizio 2012 fatte dalla banda d’affari Goldman Sachs. E anche questo spiega il calo dei titoli di tutti i principali rivali di Saipem, da Technip a Petrofac, negli ultimi mesi.
(l.pa.)