Massimo Numa, La Stampa 1/2/2013, 1 febbraio 2013
NEMMENO SAPEVO DOVE ABITASSE E QUEL GIORNO FACEVO IL TRASLOCO
È un uomo confuso, quello che siede davanti al pm Roberto Furlan. Un uomo che cerca di ricostruire gli eventi, di fornire alibi. Ma Francesco Furchì, entrato alle 11 di mercoledì come persona informata sui fatti e diventato alle 19.11 indagato per l’aggressione ad Alberto Musy, fatica a ricordare. Questi sono stralci del suo verbale di interrogatorio.
«Mai fatto male a nessuno»
«Io sono innocente da qualunque addebito perché non ho mai fatto male a nessuno e non avevo nessun motivo di rancore verso Musy. Ho aperto io agli operai (quelli chiamati per il trasloco di Furchì ritenuto un alibi costruito dalla procura, ndr) perché non avevano le chiavi, ho dato loro tutte le indicazioni per arrivare nella Ztl, sono andato io a prenderli con il furgone al bar Norman e ho indicato loro la strada. Avevo un sacco di roba dentro l’associazione e mi sembra che quella volta siamo andati a mangiare insieme, ricordo che abbiamo mangiato agnolotti al brasato. Hanno smontato il pezzo di una cucina e altre due scrivanie. Li ho accompagnati io il 21 marzo, ricordo bene che loro avevano paura di una multa e li ho guidati. Siamo partiti dal bar Norman in piazza Solferino e abbiamo fatto il giro da via Cernaia e siamo passati da via Garibaldi sull’isola pedonale perché in via Barbaroux c’era la telecamera».
Il mistero dello scooter
«Non ero potuto comunque venire in moto perché la moto era sfornita di assicurazione e aveva problemi al motore. Ricordo che almeno una volta (gli operai per il trasloco, ndr) erano venuti di pomeriggio. Ricordo che quella mattina, prima di partire da casa, ricordo che ero nella stanza da letto, ho telefonato io a Victor (uno degli operai, ndr) per essere sicuro che sarebbero venuti.
«Quel giorno andai in pullman»
Sono venuto a Torino con il pullman della Sadem, la cui fermata è a 100 metri da casa mia. Ricordo che cercammo di aprire il cancello, per fare entrare dentro il furgone bianco Mercedes, ma il cancello non funzionava bene e lo spingemmo a mano. Quindi sono rimasti fuori. Mi sembra sia andata così».
Biglietto di condoglianze
«...Ho mandato un biglietto a casa Musy di compartecipazione alla moglie dopo il fatto, ma prima non sapevo neppure dove abitava. Ribadisco peraltro che io non ho commesso alcun reato, né hanno senso le dichiarazioni di chi mi accusa tra cui Monateri, che in realtà ha chiesto a me soltanto dei favori, cioè di metterlo in lista. Una sera avevamo un appuntamento (con Musy, ndr) al bar dove fanno la panna buona, ma lui non è venuto. Volevo chiedergli qualcosa su Arenaways...».
Il concorso di Palermo
«Per quanto riguarda la vicenda di Andò (l’ex ministro Salvo, il cui figlio Biagio aveva bisogno di una raccomandazione, ndr), dopo la mancata nomina di Andò io vidi Musy al bar Lavazza, quello rosso, e Musy mi disse soltanto che Andò era un ragazzo giovane che non aveva ancora l’esperienza e avrebbe avuto tutto il tempo per fare la sua carriera. Quindi dico che anche Monateri era arrabbiato per questa cosa, visto che anche lui aveva fatto una brutta figura con Andò, ma Monateri non è accusato di nulla e io sì».
Elezioni e Arenaways
«Io sapevo benissimo che Musy non sarebbe stato eletto e quindi non c’era nessuna opportunità che potesse riconoscermi Musy, neppure nel settore della cultura, visto che io sono diplomato in tromba ma non suono più da anni.
«Volevo un volo Torino-Lamezia»
Avevo curato la raccolta di 12 mila firme per un volo diretto Torino-Lamezia, sono andato da Toto, ad di Airone, per fare questo volo nel 2002... Non volevo royalties, ma ho sempre agito per la mia terra. Quindi mi sono interessato ad Arenaways, solo perché intendevo estendere i collegamenti ferroviari al Meridione. Ho mandato un giorno una mail ad Arena e gli ho chiesto “lei sta facendo la tratta Torino-Milano, perché non il Sud?”, allora ci incontrammo ad Alessandria... a forza di parlare siamo diventato amici».
Politici e giornalisti
«...A convegno qui a Torino era venuto anche Michele Cucuzza, c’era anche Musy, Goffi (Udc, ndr), Leo (Pdl) e altri politici.
«Fu Arena a chiamarmi per i treni»
A luglio Arena mi chiamò e mi disse che voleva parlarmi per il progetto dei treni a largo raggio. Ne parlai con Musy e gli proposi di fare il legale della società. Musy mi disse che occorreva studiare il meccanismo legale delle tratte e ne avremmo parlato dopo le ferie estive, oltretutto lui aveva una casa in Calabria e sapeva bene quali i problemi per gli spostamenti... A fine luglio, tuttavia, i soci chiesero il fallimento della società. Arena mi disse che quindi occorreva trovare un investitore per questa cosa, io andai presso un avvocato calabrese che conoscevo, Giorgio Giffone, che poteva trovare degli investitori.
«Musy non avrebbe fatto nulla»
Giffone mi disse che Arena si metteva contro Trenitalia ed era difficile vincere le loro resistenze. Arena e Giffone si incontrarono un paio di volte, ad agosto, a Roma. Io gli spiegai che Musy poteva peraltro aiutarci molto, visto che era consigliere comunale e in più aveva delle conoscenze, anche Giffone parlò a Musy per telefono... si era impegnato a portare in caso in Consiglio Comunale. Ad ogni modo, Musy aveva l’interesse a fare il legale...
È vero che avevo chiesto a Musy di trovare degli investitori ma io sapevo bene che non sarebbe stato possibile trovare chi avesse 4 o 5 milioni di euro da mettere sul piatto, quindi non potevo arrabbiarmi con lui, Musy non sarebbe riuscitoacombinarenulla,equindinonpotevo covare alcun rancore, ero consapevole della sua impotenza sotto questo versante... Ribadisco che per me Musy era un amico e io non ho fatto nulla di male... state accusando un innocente».