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 2013  febbraio 01 Venerdì calendario

MORIRE IN METRO’ A MANHATTAN

Nel 2012, 141 persone finite sotto un treno nelle stazioni sotterranee, 55 sono morte. Quest’anno le vittime, nella pancia di New York, saranno ancora di più: almeno cento, dicono gli esperti. Nella sola prima settimana di gennaio sono morti in sei nella rete della Subway: scivolati dai marciapiedi per distrazione o per un malore, spinti sui binari da un homeless ubriaco che cammina senza guardare avanti, caduti per una lite proprio mentre arriva un treno o, semplicemente, decisi a farla finita.
New York e il mondo si sono emozionati, un paio di mesi fa, quando un fotografo ha ripreso la «morte in diretta» di Ki-suk Han, un coreano tranciato da una motrice del metrò della linea Q proprio mentre cercava disperatamente di risalire sul marciapiede. L’immagine ha creato l’evento planetario subito seguito da discussioni altrettanto universali sull’etica del fotoreporter che — nelle stazioni del metrò di Times Square come nelle città asiatiche e africane sconvolte dalle guerre civili — documentano le tragedie anziché posare la telecamera e aiutare le vittime.
Spenti i riflettori del grande evento mediatico, si dimentica tutto. L’uomo scivolato sui binari torna a essere una notizia da mettere in basso nelle pagine di cronaca. Fino a quando la MTA, l’azienda municipale dei trasporti, non pubblica un’arida tabellina: 54 caduti accidentalmente dai marciapiedi delle stazioni, 33 tentativi di suicidio (spesso riusciti), 33 persone scese volontariamente sui binari, in genere nel tentativo di recuperare un oggetto di valore, 5 spinti intenzionalmente, 9 caduti mentre si sporgevano per vedere se stava arrivando un treno, 4 colpiti da un malore e svenuti, 3 finiti sui binari mentre passavano da una carrozza all’altra. In un incidente su quattro i protagonisti erano ubriachi o sotto l’effetto di droghe.
Un’antologia del dolore consumato nel ventre della città che ha improvvisamente risvegliato New York: sarà un’impressione, ma da qualche giorno nelle stazioni vedi più gente che aspetta allineata lungo le pareti, mentre chi aveva l’abitudine sfacciata di fermarsi oltre la linea gialla, sul bordo del marciapiede, ha arretrato la sua posizione di un paio di metri. Adesso tutti discutono di come porre fine a questa strage invisibile: sorgono ovunque comitati che chiedono alla Metropolitan Transportation Authority di costruire pareti divisorie di vetro o plexiglas in tutte le stazioni, simili a quelle degli aeroporti che usano treni automatici per collegare i diversi terminal.
L’Mta ha fatto un po’ di conti: costerebbe più di un miliardo di dollari, non se ne parla. Per adesso anche gli altri sistemi — raggi laser e sensori che avvertono quando c’è un ostacolo sui binari — restano nel quaderno dei progetti futuribili. Nella città più ricca del mondo le misure per aumentare la sicurezza dei treni che corrono sotto i grattacieli e la «Silicon Alley», nuova mecca americana delle tecnologie digitali, si riducono a un solo ordine impartito ai macchinisti: rallentate un po’ quando entrate in stazione.
Massimo Gaggi