Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 01 Venerdì calendario

IL CENACOLO DEI BANCHIERI

Giuseppe Mussari, ex presidente dell’Abi, l’associazione che raccoglie gli istituti di credito italiani, ricopriva la sua carica pur non avendo alcun ruolo in nessuna banca. Lo permetteva lo statuto dell’organizzazione. Formalmente tutto in regola. Ma a poco più di sei mesi dalla sua nomina, lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, l’istituto a suo tempo presieduto da Mussari, sta portando alla luce malversazioni e malfunzionamenti, facili guadagni e possibili tangenti.
Sono questioni sulle quali indaga la magistratura. Ma se i pm stanno facendo il loro lavoro, se i controlli, a cominciare da quelli di Bankitalia, avevano evidenziato puntualmente rischi e fragilità in capo a Mps, è evidente che è l’intera classe dirigente nel settore del credito (e non solo) a dover ripensare se stessa e la capacità di selezione dei propri vertici. Soprattutto nel caso delle banche. Di quel luogo dove i cittadini depositano i propri risparmi. Di quelle istituzioni finanziarie alle quali le famiglie e le imprese si rivolgono per ottenere credito utile ad alimentare l’economia. Di quegli edifici dove gli errori si riverberano non solo all’interno degli istituti, ma sull’intera società. Dove il credito, non solo finanziario, ma anche «reputazionale» è decisivo affinché l’intero sistema possa funzionare.
La partenza dell’indagine della Procura di Siena su Mps è dell’autunno del 2011. L’oggetto è l’acquisizione dell’Antonveneta che, le cronache raccontano, fosse fortemente voluta da Mussari. Un’operazione fatta in contanti, senza fondati pareri esterni a corroborare non solo l’acquisizione, ma anche il prezzo, superiore di oltre due miliardi a quanto il venditore Santander aveva comprato Antonveneta solo qualche mese prima della vendita. Si sospettano aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza.
Nella primavera del 2012 c’è da scegliere il nuovo presidente dell’Abi. La riconferma di Mussari si fa strada. Anche se il rischio «reputazionale» appare evidente. A differenza della prima nomina, quando le piccole banche si erano opposte all’indicazione del presidente del Monte dei Paschi, di dissidenti non si vede ombra.
I saggi dell’Abi, Alessandro Azzi (banche di credito cooperativo), Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), Giovanni Berneschi (Carige), Federico Ghizzoni (Unicredito) Camillo Venesio (Banca del Piemonte) vanno avanti. Finché nell’estate del 2012 si arriva alla nomina. Le banche decidono che sarà ancora Mussari a trattare per conto degli istituti su temi delicatissimi come sofferenze, ricapitalizzazioni, criteri contabili, con Banca d’Italia, Fondo monetario internazionale e Eba, l’autorità europea. Fino a pochi giorni fa.
Lo scandalo Mps porta Mussari alle dimissioni. E da ieri Antonio Patuelli, presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna, è il nuovo presidente dell’Abi. Sarà l’ex deputato del Partito liberale italiano per due legislature nonché ex sottosegretario nel governo Ciampi a rappresentare le banche. Al di là della caratura della persona, le porte girevoli che permettono il passaggio tra politica, associazionismo, vertici bancari, funzionano ancora a perfezione. Di quell’esame di coscienza del quale avrebbe bisogno la classe dirigente bancaria e della società civile restano solo labili tracce.
P.S. La designazione nel giugno 2012 di Giuseppe Mussari alla presidenza dell’Abi da parte del comitato esecutivo è avvenuta all’unanimità. Quella di Patuelli per acclamazione.
Daniele Manca