Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano 1/2/2013, 1 febbraio 2013
MONTE DEI PASCHI, NAPOLITANO BLINDA BANKITALIA E PROFUMO
Inflessibili con la vecchia gestione del Montepaschi, ma attenti a non danneggiare l’istituzione Montepaschi, terza banca italiana, che sta tentando di uscire dalla sua crisi. I magistrati della procura di Siena muovono tra Scilla e Cariddi: continuano le indagini sui buchi neri Mps e ieri hanno interrogato a lungo Ettore Gotti Tedeschi, responsabile in Italia del Banco Santander, e Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Monte dei Paschi; contemporaneamente, hanno sentito il bisogno di emettere un comunicato che minaccia un’incriminazione pesante per chi diffonde notizie sulla banca ritenute false.
Ma nella vicenda Montepaschi entra anche il presidente Giorgio Napolitano che, con un’intervista messa online dal Sole 24 ore, difende la Banca d’Italia (nei giorni scorsi era stata messa in dubbio sulla stampa l’efficacia dei suoi controlli su Mps) e il sistema bancario italiano: “So quanto possano essere importanti il ruolo e l’impulso della stampa per far luce su situazioni oscure e comportamenti devianti. Sono altrettanto fermamente convinto che va salvaguardato il patrimonio di credibilità e di prestigio, anche fuori d’Italia, di storiche istituzioni pubbliche di garanzia, insieme con la riconosciuta solidità del nostro sistema bancario”. Bankitalia non si tocca, dice Napolitano. E non si tocca Mario Draghi, governatore ai tempi dei controlli su Mps e oggi alla Bce.
INTANTO A SIENA la Procura ha di nuovo reagito con un comunicato ad alcune notizie di stampa: la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’annuncio fatto da un paio di quotidiani (la Repubblica e il Giornale) che i magistrati starebbero pensando a un “sequestro conservativo” nei confronti di Mps per il valore “di oltre un miliardo”. Un’ipotesi che potrebbe danneggiare, o addirittura far “saltare”, la banca. Il comunicato durissimo è firmato dal procuratore Tito Salerno: “Considerata l’infondatezza delle notizie circa le iniziative che questa procura sarebbe in procinto di adottare”, l’ufficio “sta valutando l’apertura di un procedimento penale per insider trading e aggiotaggio, trattandosi di società quotata”. Parole volte evidentemente a tutelare un’azienda quotata in Borsa. Già il giorno prima la procura di Siena aveva diffuso un altro comunicato, in cui si distingueva tra la vecchia gestione del Montepaschi, oggetto d’indagine, e la nuova gestione del presidente Alessandro Profumo e dell’ad Fabrizio Viola. “Il contesto investigativo”, scriveva il procuratore – dopo l’incidente delle incaute dichiarazioni precedenti sulla “situazione esplosiva” – “è sensibile e complesso esclusivamente rispetto al ruolo svolto dal precedente management”. Traduzione: non vogliamo danneggiare, con le indagini, una ricchezza non soltanto di Siena, ma del Paese.
Se il “management precedente” è sotto torchio, quello attuale è preoccupato ma sereno. Chi ha incontrato Profumo, lo descrive come infastidito per il grande clamore mediatico che si è scatenato attorno al Montepaschi, ma tranquillo: oggi è interesse della banca, per poter ripartire, che emergano e vengano puniti tutti i comportamenti illegali. Prosegue dunque il complesso lavoro dei tre pm (Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Al-do Natalini), assistiti dagli uomini del nucleo valutario della Guardia di finanza di Roma. Il primo oggetto d’indagine è l’acquisto da parte di Mps di Antonveneta, comprata nel 2007 dal Santander per 9,3 miliardi di euro. Su questo è stato sentito Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior. Gotti ha sostenuto che l’operazione è stata realizzata senza il suo coinvolgimento, direttamente da Emilio Botin, presidente della banca spagnola, con Giuseppe Mussari, presidente di Montepaschi. E che il prezzo pagato era normale, in quella situazione di mercato. Il secondo oggetto d’indagine è l’aumento di capitale Mps realizzato per poter procedere all’acquisto, con operazioni ritenute illegittime (come il Fresh e la Indemnity side letter): di questo è stato chiesto conto a Gabriello Mancini, perché la Fondazione da lui presieduta è stata quella che più ha goduto delle garanzie offerte dalla banca, proprio per farle mantenere la maggioranza del capitale Mps. La Fondazione è l’anello di congiunzione tra la banca e la politica. E proprio il livello politico potrà essere il prossimo traguardo dell’inchiesta.