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 2013  febbraio 01 Venerdì calendario

IL VIZIETTO DEI BROKER: «ARROTONDARE» SUI DEAL


«Già dal 2002 mi sono reso conto che occorreva riconoscere importanti retrocessioni agli operatori esteri. Senza retrocessioni diventava difficile sviluppare l’attività di intermediazione». A parlare, interrogato dalla Procura di Lugano, è il banchiere di Upf Vittorio Pugliese. Ma di testimonianze simili se ne raccolgono molte tra gli operatori del mercato finanziario. E tutte svelano il lato oscuro dei mercati: molte operazioni finanziarie – emissioni di bond, cartolarizzazioni, derivati – hanno prodotto «retrocessioni». Cioè utili milionari intascati sottobanco da banchieri infedeli, intermediari, funzionari. Insomma: "creste". Il metodo è sempre lo stesso (e passa attraverso speciali «introducing broker» dai nomi fantasiosi come Lutifin, Ab Fin, Silvercastle), ma i soggetti sono sempre diversi: segno che il meccanismo è più diffuso di quanto si possa immaginare.
Non c’è solo la "banda del 5%", cioè quella che operava nel Monte dei Paschi. Le retrocessioni, pagate attraverso plusvalenze su titoli o più banalmente in contanti, hanno infettato decine di operazioni finanziarie italiane: si "grattava" su obbligazioni emesse da banche o Enti locali, sui titoli tossici venduti in mezzo mondo anche a fondi pensione, addirittura sui crediti sanitari. «Il Sole 24 Ore», incrociando i rilievi effettuati in varie indagini dal Nucleo di Polizia Tributaria della Gdf di Milano, gli atti di cause civili al Tribunale di Londra, le inchieste della Procura di Lugano e molte testimonianze dirette, è in grado di raccontare il lato oscuro della finanza. E di rispondere a una domanda che tanti si fanno da anni: perché vari Enti locali o banche hanno effettuato operazioni finanziarie per loro svantaggiose, spesso rimettendoci molti soldi? Forse perché gli interessi di chi le ha realizzate erano altri...
Il castello argentato
Il meccanismo per fare la cresta è più o meno sempre lo stesso: quando una banca, un Ente locale o una società intende emettere obbligazioni o realizzare un investimento finanziario particolarmente speculativo, in mezzo all’operazione si inserisce un «introducing broker». Una società, a volte svizzera o irlandese a volte italiana, che ufficialmente ha il ruolo di presentare la banca d’affari alla controparte. Il problema è che a volte, troppe in realtà, il lavoro del broker è inutile perché le due parti si conoscono già. La sua vera funzione, invece, è un’altra: quella di mettersi in mezzo all’operazione per trattenere un po’ di utili, che vengono poi spartiti tra i vari banchieri infedeli o funzionari coinvolti.
Funzionava più o meno così la Silvercastle Ltd, società con sede a Dublino: un broker che si è messo in mezzo nella cartolarizzazione di crediti sanitari denominata Justine, realizzata da Farmafactoring nel 2007 con l’aiuto di Dresdner Bank. Il suo è ufficialmente un ruolo di intermediario. Nella realtà – scrive la Gdf in una relazione inviata alla Procura di Milano – «l’utilizzo della Silvercastle nei rapporti commerciali con Dresdner Bank è soltanto propedeutico al trasferimento di redditi al di là dei confini nazionali».
Infatti la Guardia di Finanza ha scoperto, seguendo il flusso di denaro, prelievi in contanti per oltre 2 milioni di euro per pagare vari soggetti coinvolti nella cartolarizzazione. Soldi usati anche per ristrutturare un appartamento e una barca. Interessante la testimonianza di un banchiere, rilasciata agli inquirenti: «Dresdner pagava Silvercastle per l’operazione dei crediti sanitari e poi girava tutto o in parte il denaro a Iantosca». Si tratta di Antonio Iantosca, ai tempi amministratore delegato di Farmafactoring, oggi uscito dall’inchiesta con un patteggiamento. Varie sono però le persone coinvolte, tra le quali alcuni banchieri dell’epoca di Dresdner.
Derivati tossici
Uno dei broker più gettonati era la romana ConsulEnti Private, riconducibile a un certo Massimiliano Napolitano. Quest’ultimo era stretto collaboratore di un dirigente del settore Bilancio della Regione Calabria. E infatti tra le tante operazioni finanziarie (soprattutto con Enti locali), ConsulEnti ha seguito proprio le emissioni obbligazionarie (con derivati annessi) della Regione calabra effettuata da Nomura nel 2004. Le indagini, coordinate dal Pm Alfredo Robledo, hanno portato alla luce varie evidenze penali nell’operazione. Ma anche un bel po’ di commissioni: alla fine Napolitano – scopre la Gdf – attraverso una società nel Delaware «ha ricevuto da Nomura, per lo meno, la somma di 3 milioni di euro».
Morale: tutti ci hanno guadagnato, tranne la Regione Calabria. Ancora oggi si racconta che uno dei banchieri di Nomura indagato, Andrea Giordani, sia comodamente alle Baleari. E non è l’unico ad avere scelto lidi più tranquilli: tra i banchieri più chiacchierati (i cui nomi non risultano però ufficialmente in inchieste) se ne trova uno in Sud Africa, e altri in varie parti del mondo. Le loro responsabilità penali, va detto, sono però ancora da accertare.
Abbi fede
«La prima volta che ho capito che qualche collega stava facendo la cresta su operazioni finanziarie era nei primi anni del 2000 – confida sotto anonimato un banchiere che opera sul mercato obbligazionario –. Molto spesso le retrocessioni passavano dalla società svizzera Ab Fin, che noi avevamo ribattezzato Abbi fede». La Ab Fin, in cui hanno lavorato alcuni ex banchieri di Novagest, non solo è uno degli «introducing broker» più chiacchierati. Ma figura anche – si veda articolo a fianco – in varie inchieste. È Vittorio Pugliese, banchiere di Upf interrogato dai magistrati di Lugano, a confermare nero su bianco quello che tanti sostengono: Ab Fin si metteva in mezzo a operazioni finanziarie e poi creava, attraverso la compravendita di titoli sul mercato "over the counter" (fuori da Borse regolamentate), plusvalenze da spartire tra i vari soggetti dell’operazione finanziaria stessa. Insomma: Ab Fin lavorava come la Lutifin, emersa nell’inchiesta del Monte dei Paschi.
Ecco perché è curioso scoprire che la Ab Fin abbia intermediato una delle operazioni finanziarie più controverse degli ultimi anni, che tanto assomiglia al caso Alexandria del Montepaschi: quella con cui la Banca Popolare di Intra acquistò un titolo tossico (un Cdo) dall’inglese Barclays. L’investimento provocò gravi perdite per la banca italiana, che avviò a Londra una causa contro il colosso inglese chiusa alla fine con una transazione. Ebbene: dalle carte prelevate dal «Sole 24 Ore» al Tribunale di Londra si scopre che la Popolare di Intra approcciò Barclays attraverso Fortunato Mercuri della Ab Fin. Inutile dire che, anche in questo caso, la Ab Fin intascò una lauta commissione.
La selva oscura
Questi sono solo alcuni casi. Di broker finiti in inchieste giudiziarie se ne trovano molti altri: dalla Fincon dei fratelli Pavesi (che intermediò per conto di Merrill Lynch anche il bond della Regione Lombardia), alla Rossini. Ma basta parlare a registratori spenti con un po’ di operatori del mercato obbligazionario, che si scoprono altri intermediari. Ovviamente non tutti i soggetti coinvolti hanno poi subito conseguenze giudiziarie. Ma l’aspetto inquietante è un altro: questa selva oscura ha riguardato moltissime operazioni, condotte più o meno da tutte le grandi banche d’affari. Sembra insomma prassi. E poi ci domandiamo perché sia scoppiata la grande crisi finanziaria, che oggi sta mettendo sul lastrico famiglie e imprese...
m.longo@ilsole24ore.com