Piero Melati, il Venerdì 1/2/2013, 1 febbraio 2013
BIOGRAFIA NON AUTORIZZATA DI CASALEGGIO, IL CERVELLO DI BEPPE GRILLO
MILANO. Deve aver visto cose che noi umani non possiamo neppure immaginare. Magari non proprio «al largo dei bastioni di Orione», come si recita nel fantascientifico Blade Runner, pellicola di culto dell’82 ispirata alle visioni dell’amatissimo scrittore Philip K. Dick. Più realisticamente, si sarà illuminato dentro i suoi uffici di via Gerolamo Morone, a Milano, a due passi dal Duomo e da via Montenapoleone. O nel bosco della casa di campagna nei dintorni di Ivrea, dove vive con la seconda moglie, un figlio (l’altro, Davide, sub e campione di scacchi, nato dal primo matrimonio, lavora con lui in azienda) e due gatte persiane. Per chi ama le coincidenze (lui, junghianamente, le definirebbe sincronicità) anche il suo amato Philip Dick ne aveva due, di gatte, sterilizzate.
Guru, visionario, stregone, vendicativo, spietato come Gengis Khan (altro mito della sua vita). Oppure: tutto d’un pezzo, radicale, sognatore, divoratore di libri di storia e di fumetti, imprenditore abile come un condottiero (di nuovo Gengis Khan). «Sembra quasi dotato di poteri magici», ha scritto di lui l’inglese Guardian. Gianroberto Casaleggio, milanese, classe ’54, è il nuovo ufo della politica italiana. Riservatissimo come neppure la Cia lo è più, in una lettera al Corriere della Sera ha affermato: «Non sono mai stato dietro a Beppe Grillo, ma al suo fianco». Cofondatore con l’ex comico del Movimento 5 Stelle, è Grillo a detenere la proprietà del simbolo. Ma c’è chi dice che Beppe è una maschera e Gianroberto il cyborg che comanda.
Difficile fissare l’identikit di Casaleggio. Il personaggio spacca. Si scivola dal fascino per il carisma («l’uomo dai capelli frisé e dall’occhialetto pignolo» ha scritto Marianna Rizzini su Il Foglio) alla condanna per un pericoloso «sognatore realista» («uomo nell’ombra, sempre in giacca e cravatta ma con i capelli da freak» lo ha descritto Emiliano Liuzzi su Il Fatto).
Il dubbio è che, se non si viene a capo di un «profeta-manager» che fa eleggere sindaci e assessori (oltre 130 in 60 comuni), e che si prepara a sbancare le politiche (i sondaggi danno il suo Grillo tra il 15 e il 16), gli attrezzi a disposizione siano davvero vetusti. Lui sostiene che Internet ha una potenza d’impatto pari a quella della Rivoluzione Francese, che presto «realtà e Internet diventeranno un’unica realtà», dove daremo «ordini al nostro frigorifero» e «l’intelligenza inserita in oggetti collegati alla Rete diventerà la nostra realtà quotidiana».
Morti i partiti, ma non la politica, dice l’uomo che studia Fisica all’università, a 21 anni lascia perché diventa papà, cambia undici aziende e poi, a metà anni Ottanta, entra nell’Olivetti di Roberto Colaninno. Qui, nel 2000, diventa amministratore delegato di Webegg, dove introduce il 20% Time caro ad aziende come Google (un quinto del tempo dedicato a progetti privati dei dipendenti). Il segugio online di Affaritaliani.it, Francesco Oggiano, è andato a scovare gli ex impiegati di Casaleggio. Ne riporta le testimonianze in un ebook che esce per Cairo editore, Beppe Grillo parlante (sarà libro a metà marzo). Anche loro sono divisi: chi parla di «oasi felice» (uffici colorati, spazi ricreativi, bevande gratis) e chi di un tiranno che lavorava con un dream team di pochi eletti. Gli altri, detti argonauti, «prendevano ordini e basta».
Fatto sta che, nel marzo del 2000, la bolla di Internet esplode. L’azienda di Casaleggio è esposta con investimenti per cento miliardi di vecchie lire. Il manager viene invitato ad andarsene. Sono tempi difficili, ma Casaleggio resta sull’onda. Nel giro di quattro anni nasce il Web 2.0: ora on line si può anche interagire, non solo visualizzare contenuti. La Rete rinasce dalle sue ceneri. E l’industria musicale crolla sotto i colpi dei nuovi software P2P e dei nuovi dispositivi per lettori MP3 come l’iPod di Steve Jobs. Sarà il primo colosso planetario a venire sbriciolato dal maglio di Internet.
Segni inequivocabili dei tempi. Nel 2004 il guru di Grillo fonda la Casaleggio Associati, con diecimila euro di capitale. Si occupa di consulenza strategica per le aziende e stila un rapporto annuale sull’economia digitale. Casaleggio inventa dal nulla il blog di Antonio Di Pietro (ne ricava 750 mila euro l’anno). Poi, il fatale incontro con Grillo, a Livorno. L’anno dopo ne lancia il blog, poi tutto il ventaglio di iniziative in Rete. Risultato? Grillo è terzo nel mondo su Twitter, al secondo posto su YouTube, al quarto su Facebook. Tanto che, nel dicembre scorso, a Milano, il consigliere informatico di Obama, Michael Slaby, vuole incontrare Casaleggio.
Ma sono anche mesi tormentati. Quest’anno, per la prima volta dalla nascita, la Casaleggio Associati registrerà ricavi in flessione (1,4 milioni) e andrà in rosso per 57.800 euro. Negli anni precedenti, consulenze, apprezzati rapporti sull’economia digitale e distribuzione on line degli show di Grillo avevano assicurato utili ai soci (due milioni in sette anni). Non basta. A settembre si è dimesso il presidente della società, Enrico Sassoon, ex giornalista del Sole 24 Ore e direttore di Mondo economico. Una protesta, spiegherà, contro la pioggia di accuse su massoneria e poteri occulti, alimentate anche dal «fuorionda» di Giovanni Favia dopo le amministrative. Nubi che avevano un precedente nelle espulsioni dei «dissidenti», avvenute a marzo.
Un retroscena lo rivela ancora l’inchiesta di Francesco Oggiano Beppe Grillo parlante: Casaleggio, secondo i malumori interni ai grillini, avrebbe sempre favorito i piemontesi, perché «conservatori», mal digerendo invece bolognesi e fiorentini, definiti «anagraficamente comunisti». E una volta, in una riunione editoriale, disse di Antonio Gramsci: «Anche mio zio comunista diceva che era noioso». Da qui il sospetto di antiche simpatie leghiste, che spiegherebbero l’atteggiamento accondiscendente di Grillo verso Bossi. A Borgomanero, ventimila anime tra Piemonte e Lombardia, a maggio Grillo tuonò: «Bossi era straordinario, ma è entrato nel sistema e si è rovinato».
Casaleggio liquiderebbe tutto questo come «dietrologia» di un sistema mediatico di carta che, «colpito da un fulmine», è passato negli Usa da 63 miliardi di dollari di pubblicità a meno di 22. E sul futuro dei giornali aggiunge: «Ne resteranno pochi in vita, forse uno solo, come per Highlander» (film ancora di fantascienza dell’86, in cui un solo immortale riuscirà a sopravvivere).
Ma sarà un buon veggente? Tra il 2009 e il 2010 Casaleggio avrebbe dovuto occuparsi dell’edizione on line del Fatto Quotidiano, ma non si accordò con l’amministratore delegato Giorgio Poidomani: voleva carta bianca. Oggi è consulente per il web del gruppo editoriale Gems (ha fondato il sito per autori Cado in piedi, 50 mila contatti al giorno). In un video del 2008 prefigura un mondo diviso in due blocchi (democrazia a Ovest, dittatura all’Est), una guerra mondiale nel 2020 e, infine, nel 2040, la vittoria della democrazia in Rete e, nel 2054, la prima elezione mondiale su Internet. Il consigliere di Obama gli ha detto di non correre troppo.
Siamo alle profezie dei Maya? Lui ripete: viviamo dentro Matrix (altro cult movie di fantascienza del ’99, dove ci appare un mondo fatto apposta per nascondere la verità). Ci libererà la Rete che, quando avrà espresso il massimo della tecnologia, tornerà in mano a filosofi, designer, sociologi. Per ora Casaleggio ha affidato il suo credo a Siamo in guerra (scritto con Grillo, Chiarelettere, 2011) e al libro fresco di stampa Non c’è più tempo (sempre per Chiarelettere) con Grillo e Dario Fo. Vive sulla luna? No, organizza in terra, girando con la sua Volvo che ha già fatto 250 mila chilometri. Si dispera, calcolando quanto tempo ha passato in auto. E sogna di abolirle. Ma intanto, come dice il Tex appeso in ufficio, «senza una guida non saprebbero soffiarsi il naso». Dicevano così anche i mitici avi di Gengis Khan.
Ma non si occupa solo dei vivi, Casaleggio. In un post del 2011 informa che, l’anno prima, sono morti 375 mila utenti di Facebook. «Le loro identità digitali, ogni contenuto creato, foto, articoli, video, gli sopravvive in Rete... cosa accade all’identità digitale di chi muore? I suoi dati possono essere ereditati? Chi e come può entrare in possesso delle password? Il trapasso nel mondo digitale è un problema che presenta aspetti inesplorati». Chi era, Epicuro, che diceva che nulla ci sopravvive dopo morte? E se invece l’anima trasmigrasse? Magari per twittare?