Fabrizio Dragosei, Sette 1/2/2013, 1 febbraio 2013
LA CECENIA “CONSIGLIA” (CON PISTOLE LANCIAVERNICE) SHARIA E VELO ALLE DONNE
Ancora più della Russia, la Cecenia è il Paese delle mille contraddizioni. Martoriata da una guerra che sembrava infinita, è rinata ed è esplosa come una delle zone con la crescita più rapida del pianeta. Arrivano le star internazionali per celebrare il signore e padrone della repubblica, quel Ramzan Kadyrov che ha portato la pace e che è il garante della ricostruzione voluta da Vladimir Putin. Ma allo stesso tempo fioriscono le madrasse e la legge islamica, la Sharia, ha la precedenza sulle norme della costituzione russa e del codice penale della Federazione, di cui la Cecenia dovrebbe far parte integrante.
Sulla via principale della rinata Grozny (ex prospettiva della Vittoria, oggi prospettiva Putin), la capitale che era stata rasa al suolo dagli innumerevoli bombardamenti, fioriscono i saloni di bellezza e le boutique che mettono in mostra gli stessi vestiti e le stesse borse che hanno invaso la ricchissima Mosca. Ma il velo che copre la testa delle donne cecene è ormai sempre più diffuso, per non dire obbligatorio. Le leggi, ufficialmente, sono le stesse che vigono nei territori appena al di là della frontiera, ma la realtà è ben diversa. E Kadyrov, che può vantare una solidissima amicizia con Vladimir Vladimirovich, non nasconde il suo desiderio di fare della Cecenia non solo uno Stato islamico, ma “lo Stato islamico” per eccellenza; più islamico di tutti gli altri. «Solo così», ama ripetere «sconfiggeremo per sempre l’estremismo». Comunque, dice lui, la Cecenia è un Paese libero e le sue, come quelle dei muftì, sono solo “indicazioni”. Da buon padre di famiglia, elargisce “consigli” che poi la popolazione è libera di seguire oppure no.
Che religione. Sull’abbigliamento delle donne, sul comportamento da seguire nel mese di Ramadan, sulla poligamia per gli uomini che «è l’unico mezzo per far riprendere la situazione demografica dopo tanti anni di guerra». Sempre consigli, mai imposizioni. E chissà che i tanti rapimenti di chi si opponeva in questi anni alle squadracce che si richiamavano all’onnipotente presidente (certamente senza il suo consenso) non fossero organizzati allo scopo di mettere sulla giusta via persone che evidentemente la pensavano in maniera sbagliata.
Kadyrov e Putin non hanno dubbi sul fatto che la Cecenia sia oggi un Paese libero e felice. C’è la più grande moschea d’Europa nella quale diecimila fedeli possono pregare tutti assieme. C’è stata la ricostruzione, con Mosca che ha profuso una quantità di quattrini inimmaginabile (forse 20 miliardi di euro); e c’è pure una squadra di calcio, il Terek che può permettersi di giocare nel campionato russo di serie A. Ma adesso Kadyrov può vantarsi anche di aver messo in cantiere nientemeno che una sinagoga, che si sta costruendo proprio vicino alla grande moschea. Per la prima pietra era in programma addirittura un incontro di calcio tra la rappresentativa locale e la squadra Beitar di Gerusalemme.
Gli emigrati ebrei. Sì, perché il buon Kadyrov ha deciso di mettere riparo a un torto di Stalin che nel 1937 fece trasformare in scuola di musica l’antica sinagoga. Nel 1970 gli ebrei erano ancora diecimila a Grozny, ma già durante la prima guerra cecena, nel 1994, Israele aveva provveduto a evacuare tutti quelli che erano ancora rimasti a vivere nella capitale cecena. E allora a che servirà il nuovo tempio? Difficile pensare a un ritorno a casa di coloro che negli anni sono emigrati. Se non altro perché chi è andato via, soprattutto nei campi profughi creati nelle repubbliche confinanti, al ritorno non è stato in grado di reclamare le sue proprietà visto che tutto, dagli archivi alle stesse case, era andato distrutto. Comunque la sinagoga sarà a maggior gloria di Dio (e di Kadyrov), come tanti dei lussuosi edifici venuti su come funghi; dagli alberghi ai business-centre (biznez-tsentr, alla russa) quasi sempre vuoti.
Guerra e pace. I quattrini piovevano da Mosca e quindi qualche cosa bisognava pur fare. Una parte, dicono i maligni, sono stati dirottati verso lidi più sicuri, ma altri sono stati adoperati per costruire e pacificare.
Pacificare con le buone, dunque, anche se il tasso di disoccupazione giovanile è ancora altissimo (alcune statistiche parlano del 50 per cento). E anche con le cattive, naturalmente: chi non era d’accordo faceva una brutta fine, come Natalya Estemirova, militante in difesa dei diritti umani, rapita, ammazzata brutalmente e fatta ritrovare nel cofano di una macchina parcheggiata in un bosco. Il tutto naturalmente, a opera di ignoti assassini che certamente nulla hanno a che fare con le strutture di potere.
In un modo o nell’altro Ramzan, che balla con una pistola d’oro nella cintola (secondo un famoso racconto di un funzionario americano emerso nei file diffusi da Wikileaks) e che riceve a corte Gérard Depardieu, Ornella Muti e Hilary Swank, ha tolto le castagne dal fuoco a Putin e ora può fare quello che vuole. L’islamismo radicale è un incubo per la Russia, come si vede nel vicino Dagestan dove gli attentati sono all’ordine del giorno e il rischio di nuove esplosioni di violenza da parte di chi vuole fare del Caucaso un califfato è assai concreto.
La questione religiosa. In Cecenia c’è l’islam “moderato”, dice Kadyrov. Ma è proprio così? I segnali, in realtà, sono piuttosto inquietanti, tanto che buona parte della popolazione di etnia russa ha ormai deciso di emigrare. Secondo un rapporto del centro Carnegie di Mosca, non ci sono quasi più russi in Cecenia e complessivamente da tutto il Caucaso del Nord se ne sono andati in dieci anni 350 mila russi.
L’educazione scolastica in Cecenia è sempre di più anche educazione religiosa. «Dire le preghiere del mattino è importante come fare i compiti a casa», spiega Islam Dzhabrailov, insegnante nella scuola numero 20. E se nella confinante regione di Stavropol un preside ha proibito alle ragazze musulmane di indossare l’hijab, nella scuola numero 20, il velo in testa è tacitamente obbligatorio. E maschi e femmine sono rigorosamente separati in classe.
Il governo e i delitti d’onore. I corsi di islamismo non sono obbligatori, «ma tra il 99 e il 100 per cento degli studenti li segue», dice ancora Dzhabrailov, «dobbiamo insegnare, ma anche seguire la crescita morale degli studenti». Tutti i nuovi edifici pubblici sono realizzati con una stanza per le preghiere e i ristoranti chiudono per il ramadan. Non per legge, ma a seguito di un “suggerimento” del mufti di Cecenia, Sultan Mirzayev. Negli uffici pubblici c’è poi la “raccomandazione” per le donne di portare gonne sotto il ginocchio e “il copricapo appropriato in testa”. Il mufti dice che il suo consiglio è di indossare abiti che mostrino solo le mani e il volto delle donne. «Una gonna corta, la testa nuda e i capelli al vento fanno pensare agli uomini che quella donna ha solo mezzo cervello», aggiunge sicuro.
A far rispettare suggerimenti ed esortazioni ci pensano squadracce che girano per città e villaggi. In un’intervista televisiva, il presidente Kadyrov ha detto di essere grato a quei gentiluomini che avevano assalito con pistole lanciavernice le donne che giravano senza velo in testa. E il governo sostiene ormai ufficialmente quelle famiglie che decidono di ammazzare le donne che infangano il loro onore. In fin dei conti è stato proprio il presidente ceceno a chiarire il concetto: «se una donna se la spassa e un uomo pure se la spassa con lei, be’, allora tutti e due dovrebbero essere uccisi».
Fabrizio Dragosei