Annamaria Sbisà, Vanity Fair 30/1/2013, 30 gennaio 2013
EMMANNUELLE DE BENEDETTI LE FAVOLE SUCCEDONO
Si dice che molto si decida nei primi 10 anni di vita. Ne parliamo con la scrittrice Emmanuelle de Villepin, che è molto moglie (di Rodolfo De Benedetti), molto mamma di tre figlie, però anche autrice dei romanzi Longanesi Tempo di fuga e La ragazza che non voleva morire, della favola illustrata da Neige, la figlia fotografa, per Skira, infine Presidente dell’Associazione Amici di Tog, la Fondazione Together To Go che aiuta i bambini colpiti da patologie neurologiche: di fatto, una first lady d’Italia. Pure notoriamente generosa d’animo.
Dai pensieri ai capelli, la sua vita trasmette perfezione, s’immagina dall’infanzia. Scopriamo invece che la bambina de Villepin, cognome d’aristocrazia francese, è cresciuta in un vortice di fiabe, parenti e passanti, vagamente inquietante e per niente in ordine. Il Natale: «Mio padre ha avuto più amori, quindi eravamo sempre a tavola con una delle sue compagne, mia madre con il suo. Di 18 anni più giovane: ancora non usava». Otto i fratelli, sei della stessa mamma, Emmanuelle la sesta. «Ma tutto questo non bastava. Mamma poteva presentarsi a Natale con due autostoppisti, quella sera abbiamo tolto due regali ai fratelli per darli a loro».
Apertura mentale è stata la parola chiave di quegli anni, discriminazione un vocabolo sconosciuto in tutte le declinazioni, arte la parola d’ordine. La madre passava le notti a suonare il pianoforte allo Slow Club di Parigi, il figlio Hervé
al clarinetto. Quel fratello architetto, maggiore di 14 anni, che portava la sorellina al cimitero per cercare folletti, seduti sul muretto, lui inventava storie. «Sono stata imbevuta di favole. E a furia di vedere il mondo così, le fiabe capitano». Quindi, se uno dei 12 labrador arriva alla cena di Natale con un dolce impacchettato tra i denti, chiaramente rubato da qualche davanzale, la madre è raggiante: «Guarda che pensiero delicato, dove lo trovi un cane così?».
Intorno a sé pensiero magico e forti dolori, l’incontro precoce con la morte, la brutale scomparsa del cugino e poi del fratello Hervé: «Era davvero il mio grande amore, ero incantata», in quel momento ha 12 anni. La vita della grande casa deve continuare, i tanti abitanti continuano a vestirsi molto formalmente e a darsi tutti del voi, Emmanuelle comincia a scrivere.
Passiamo a Tog, all’attuale lavoro svolto con Neige, ideatrice della Fondazione con il generoso nonno Carlo: «È un derivato della filosofia di mio padre. Secondo lui i bambini sono di tutti (“Allora mi sembrava che molti fossero suoi”) e di fronte a qualunque necessità altrui, se puoi, devi fartene carico». Generosa, colta e piena di charme: non è la famiglia ideale? «Tutto troppo aperto, era molto diluito anche l’affetto. Sognavo una casa piccola, l’attenzione».
L’ha trovata nella seconda vita con Rodolfo, primo di tre fratelli maschi: lei diventa la figlia mai avuta dell’Ingegnere. Con Rodolfo ha tre figlie: «Finalmente ho costruito un recinto di calore». La magia si rivela scrivendo, in realtà non si è mai lasciata, Neige si chiama come la neve per omaggiare una fata inventata dalla mamma. La fiabesca signora che la svegliava in piena notte, con il suo impermeabile Burberry, bisbigliando: «Andiamo a fare colazione a Stresa». Caricata in macchina nel buio, si trovava all’alba davanti a lago e cappuccino: «Dovrei essere a scuola». «Non importa, ora ascolta, annusa, respira, vivi».
Mettetele un impermeabile davanti, o l’infanzia dietro, e vedete i fili che ancora oggi muovono moglie, mamma, scrittrice, amica. Basta collegarli, forse capovolgerli.