Brunella Bolloli, Pierangelo Maurizio, Libero 31/1/2013, 31 gennaio 2013
E LA MOGLIE DI D’ALEMA HA UNA CATTEDRA A SIENA
[Linda Giuva insegna Archivistica nella sede aretina dell’Università toscana finanziata per anni dalla Fondazione Mps. Casini: «Nel Pd fanno gli gnorri»] –
Di lei si conosce la proverbiale riservatezza. Il suo essere sempre e comunque Linda Giuva, orgogliosa della propria indipendenza, professoressa associata di archivistica, bibliografia e biblioteconomia. Distante dalla politica attiva e dai riflettori nonostante il marito, Massimo D’Alema, ex premier, uno dei leader indiscussi della sinistra italiana, stimato anche a destra. Uno che può muovere ciò che vuole, che certo di primo acchito non sprigiona simpatia e calore, ma ha dimostrato di essere potente, al di là di ogni tentativo di rottamazione e faida interna.
Ora capita che nel caos totale che ha investito il Pd per via dello scandalo Monte dei Paschi di Siena, spunti la cattedra di Archivistica alla signora Giuva, consorte del leader Maximo. Si tratterà di sicuro di semplice coincidenza, ma basta solo leggere la biografia della prof per sapere che «dopo avere lavorato per oltre vent’anni nell’amministrazione archivistica italiana, è approdata all’Università degli Studi di Siena, sede di Arezzo, dove insegna Archivistica generale in qualità di professore associato. Si è occupata di archivi di partiti politici, di singole personalità e svolge ricerche nel campo dell’innovazione applicata alla gestione documentale nelle pubbliche amministrazioni». Membro del Comitato Scientifico del Progetto “Archivi storici” dell’amministrazione provinciale di Arezzo e del Comitato scientifico dell’Istituto Gramsci di Roma, la signora Giuva in D’Alema è considerata un’esperta nel suo settore, con incarichi in vari Comuni e una dedizione che non è mai venuta meno nemmeno in una fase delicata della propria vita che poi ha raccontato nel libro “La mia voglia di vivere”.
Però come nota Dagospia, che titola «quanto è piccolo il mondo», è facile avere la conferma che il Pd a Siena è di casa e forse anche all’università. La quale è legata a doppio filo alla banca della città tramite la Fondazione Monte dei Paschi, erogatrice almeno fino al 2010 di corpose somme di denaro all’ateneo. In rete sono rintracciabili gli stanziamenti passati, come i 200 mila euro per il potenziamento del patrimonio bibliografico, un milione e 400 mila euro per le borse di dottorato di ricerca, gli 800 mila euro degli assegni per i ricercatori, o i 5 mila euro per il convegno “Barack Obama a metà mandato”, per dirne solo alcuni. Il problema, però, è che anche per l’ateneo senese tira una brutta aria. È di ieri la notizia del commissariamento immediato chiesto dal collegio dei revisori dei conti «prima che la situazione economica, finanziaria e patrimoniale degeneri ulteriormente». I tre commissari hanno bocciato l’approvazione del bilancio preventivo del 2013, dichiarando, come previsto dalla riforma Gelmini, lo stato di dissesto dell’Università, a lungo retta da Luigi Berlinguer. Il 2012, infatti, si è chiuso con 46 milioni di perdite e per l’anno in corso si prevede un rosso di ulteriori 19 milioni. In sintesi: tra banca, Comune e università, l’effetto domino del tracollo nella rossa Siena è assicurato. Finalmente anche il leader Udc, Casini, se ne rende conto. «C’è stata una commistione politica tra Pd e Monte Paschi di Siena troppo a lungo tollerata», ha detto al Tg1. «Sta indagando la magistratura: se emergeranno cose penali, gente che ha rubato, dovranno andare in galera». Per il segretario Pdl Alfano sul caso Mps «la sinistra italiana si sta caratterizzando per un atteggiamento da gnorri che gli italiani hanno capito benissimo ». La collega di partito, Deborah Bergamini, appoggia l’idea di una commissione parlamentare d’inchiesta, perché la vicenda «assomiglia sempre di più alla parodia di un brutto film western».
IL FILMATO DA 1 MINUTO COSTATO 10 MILIONI [Bellocchio, Tornatore e Virzì I registi «de sinistra» per i super-spot] –
Ovviamente si parla dei bei tempi, purtroppo andati. E come in tutte le età dell’oro si tende a rimuovere i ricordi dolorosi e a conservare solo quelli piacevoli e, diciamo, gratificanti. Che tempi. Quando, appena qualche anno fa, Giuseppe Mussari alla guida del Monte dei Paschi di Siena corteggiava il cinema radical-chic per realizzare gli spot della banca, e il cinema radical-chic faceva a gara per farsi corteggiare dall’uomo del Monte. Parliamoci chiaro, l’occasione era d’oro. Ad esempio per lo spot del 2009 ci si è affidati al grande regista Marco Bellochio. E la banca ha pagato, tutto compreso, 10 milioni di euro. Per un minuto e 1 secondo di video.
Riassumiamo quello che ai vertici di Mps deve essere sembrato un capolavoro. Sul brano del mitico Rino Gaetano, “Ma il cielo è sempre più blu”, scorrono le immagini: un giocoliere, un cuoco che assomiglia vagamente a Mussari, finale di fuochi d’artificio e due che si baciano: francamente, non sembra niente di speciale. Il messaggio conclusivo è da tenere a mente: «Monte dei Paschi di Siena. Una storia italiana dal 1472». Sono 61 secondi in tutto. Più o meno 160 mila euro al secondo. Forse siamo in presenza di un record.
In precedenza sempre nel 2009 Un altro filmatino d’autore Mps lo aveva affidato alla cinepresa di Giuseppe Tornatore; al Monte ha dato la sua collaborazione artistica anche il filosofo-cantautore ora assessore palermitano Franco Battiato; nel 2007 la banca si è rivolta al regista Paolo Virzì.
Però torniamo a “Una storia italiana”. Bei tempi, certo. Lo spot è stato girato nell’estate del 2009. Non che la banca senese non avesse già cominciato a solcare mari perigliosi: l’acquisto dell’Antonveneta è di un anno prima.Ma insomma, chi poteva saperlo. Il fatto è che la promozione dello spot di Bellocchio - ovviamente superpremiato - ha lasciato tracce visibili di una certa lontananza dalla realtà e di qualche margine di incompetenza. Il minuto e 1 secondo di celebrazione è andato in onda su tutte le tv e le radio dal primo novembre 2009. Ma «in anteprima assoluta» viene lanciato sul canale che Monte dei Paschi ha acquistato su Youtube, «una gran grande operazione» che per la prima volta vede la «collaborazione di una banca con Google». E qui, nelle interviste ancora visibili sul canale Mps, si disseminano perle di involontaria ironia.
Che ci fa una banca su Youtube? L’allora presidente Giuseppe Mussari risponde sereno: «L’idea è quella di mettere in rete, nel portale più cliccato in termini di video, questo lavoro fatto per scopi istituzionali della banca. Per ottenere la migliore diffusione …». Ad ora, risulta essere stato visto da 1.800 persone. Subito dopo la parola passa al Maestro, Marco Bellocchio, cioè colui al quale è stato commissionato il capolavoro da lanciare in rete, che celestiale dichiara: «Io appartengo ad una generazione che è nata molto prima, io non guardo Youtube, scrivo a mano…». Però tranquillizza tutti dicendo che a tenerlo informato provvedono il figlio, la figlia e i giovani collaboratori…
Allo spot da 10 milioni ha contribuito, come direttore della fotografia, anche Daniele Ciprì, il geniale inventore con Maresco di “Cinico tv”, gli allievi prediletti di Enrico Ghezzi e della tv più intelligente di Rai, quelli dei filmati con protagonisti ragazzi dementi, grassoni immondi, eccetera. Per dirla con Wikipedia, sono gli ideatori di un mondo popolato da «uomini che hanno perso la figura ideale dell’uomo rinascimentale, leonardesco». Ecco, che cosa ci faccia uno come Ciprì nello spot della banca-simbolo di Siena, è difficile capire.
Comunque, sono da ricordare anche le parole con cui lo studio pubblicitario, che ha curato l’opera d’arte, ne ha illustrato la filosofia: «In questa storia nuova storia italiana c’è qualcosa in più: volevamo trasmettere anche un senso di speranza, di positività, di superamento della crisi…». Parole sante.
C’è da dire che il presidente Mussari spiegava che lo sbarco di Mps su Youtube permetteva «non solo una maggior diffusione del prodotto ma anche di sapere che cosa ne pensano gli utenti». Su questo ha avuto ragione. Riportiamo un commento postato tre anni fa: «Non gli basta manipolare la gente nella vita reale adesso ci mancava anche Youtube». «Dal 1472 in cu.. al prossimo» (questo è di un anno fa).