Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 31 Giovedì calendario

AGLI UOMINI DEL «MONTE» IL SINDACATO DICE SEMPRE SÌ

[Invece di lanciare l’allarme su un’operazione che poteva mettere a rischio posti di lavoro, nel 2007 Cgil, Cisl e Uil esultarono per l’acquisizione di Antonveneta] –
C’è la banda del cinque (per cento) e quella, più numerosa, del cento. Il cento per cento di fiducia nell’operato dei vertici di banca Monte dei Paschi, anche da parte di chi, come i sindacati specie quelli più di sinistra come la Cgil, di solito contestano e fanno muro contro il management. Invece con Mussari, Vigni, e tutto il Consiglio del crack, che adesso alla banca costerà mille posti di lavoro (cento filiali da chiudere), il feeling dei sindacati è stato eccezionale. «Esprimiamo grande soddisfazione per l’operazione Antonveneta, che si inquadra perfettamente nelle strategie industriali del gruppo e che mette al riparo Mps da speculazioni finanziarie »(!)vergavano all’unisono le segreterie di Cgil, Cisl e Uil nelle loro sigle bancarie, subito dopo quella incredibile compravendita.
La Cgil nazionale offre ai suoi iscritti vantaggiose offerte di conti correnti e mutui presso il Monte dei Paschi, e addirittura c’è stato un cigiellino in Banca. Parliamo di Fabio Borghi, già segretario provinciale della Cgil, per due anni nel consiglio della Fondazione Mps, poi consigliere di Banca Mps fino al 2011, ora presidente della controllata «Monte Paschi leasing and factoring», e per inciso, marito di una consigliera del Comune di Siena. Ovviamente del Pd.
Insomma se per la Fiat il sindacato è un osso duro con cui fare lotta libera ad ogni passo, a Siena tutto filava liscio come l’olio della Val d’Orcia. Nessuno apriva bocca, se non per lodare i magnifici vertici della Banca. Così anche il Pd, nella figura del sindaco di Siena,quello che D’Alema e Sposetti, tesoriere Ds, raccontano come il salvatore del Monte dei Paschi, quello che ha mandato via Mussari («Noi, e per noi intendo il Pd di Siena nella persona del sindaco Franco Ceccuzzi, Mussari lo abbiamo cambiato un anno fa, assieme a tutto il consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi. Questi sono fatti documentati »). Ci sarebbe da precisare che Mussari ha lasciato Mps nell’aprile del 2012 non perché qualcuno, tantomeno il Pd, lo abbia mandato via, ma perché gli scadeva il mandato e per statuto della banca non si possono fare più di due mandati, e Mussari era già al secondo.
Ma torniamo al sindaco ed ex onorevole del Pd, Ceccuzzi, ricandidato sindaco nelle comunali del prossimo maggio a Siena (dopo aver fatto fuori alle primarie il candidato sindaco renziano, nel senso che non gliele hanno fatte fare...). In una intervista del 30 dicembre 2011 alla Nazione , rivendicata oggi come una prova della sua lotta per il cambiamento, il sindaco si limitò a dire che «Mussari è in scadenza ». Prima, solo parole di grande stima. «Il capolavoro di Antonveneta» era l’incipit del suo comunicato al popolo senese a commento dell’operazione di Mussari: «Amici e anche colleghi deputati mi hanno chiesto un giudizio sul “blitz” della Banca Monte dei Paschi che, con abile discrezione, forte determinazione e coraggio, ha acquistato Banca Antonveneta. Gente ben diversa dai furbetti del quartierino del 2005, quando all’assalto di Antonveneta non andarono i galantuomini del Monte dei Paschi di Siena, ma altri manager e uomini di affari che, a distanza di due anni, frequentano più i Tribunali della Repubblica che Piazza Affari». Una specie di profezia. Da fare il paio con l’altra: «Dopo Antonveneta la Banca è sempre più solida». E meno male che i senesi non sono scaramantici.
Anche il capo della Fondazione, Gabriello Monaci, sempre Pd ma parte cattolica (il manuale Cencelli senese dice che se ai Ds va la Banca allora alla ex Margherita va la Fondazione) si sperticava in applausi per quella «opportunità unica per rafforzare il business della Banca». Tutti evidentemente stregati dalle parole di Mussari e Vigni, presidente e direttore generale di MPS, che in una lettera a tutti i dipendenti di fine 2007 promettevano «nuove prospettive di crescita e valorizzazione professionale » grazie all’acquisto di Antonveneta, operazione fatta - scrivevano i due top manager- «dopo mesi di attenta valutazione dei passi da compiere », e che lanciava la Banca in un futuro roseo «anche grazie alla grande coesione interna, al gioco di squadra». Una grande squadra, quasi un partito.