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 2013  gennaio 31 Giovedì calendario

TRE ARTICOLI SULLA MASSONERIA


ALBERTO STATERA PER LA REPUBBLICA DEL 31/1/2013 - La massoneria? «Conta davvero molto più di quanto si immagini». Parola di Cesare Geronzi, ultimo “banchiere di sistema”, tranne il superstite Giovanni Bazoli. E se allora si provasse a ribaltare la vulgata che vuole la politica unica responsabile dello scandalo del Monte dei Paschi di Siena e si guardasse un po’ più nel capitalismo feudal-relazionale percorso da solidi intrecci di esoterismo massonico, che può tingersi di rosso e anche di bianco? Nessuno negherà che a Siena la rossa la politica sceglie da sempre attraverso la Fondazione i manager del Monte. Ma chi è il Leone e chi la Volpe, la politica o l’economia? Il Centauro che combina insieme forza e astuzia a Siena ha un timbro platealmente iniziatico persino nella toponomastica.
Ma è in tutta l’Italia senza borghesia e con pochi princìpi che si annodano in nome del potere e del denaro legami e solidarietà trasversali. Tra l’alta burocrazia e la finanza, tra gli alti gradi delle forze armate e l’università, tra i servizi segreti e le grandi imprese, tra i gabinetti ministeriali, i tribunali amministrativi, naturalmente la politica e persino le sacre stanze vaticane. Racconta Geronzi, campione per un trentennio dei poteri trasversali nelle memorie consegnate a Massimo Mucchetti: «Una volta andai a trovare nel suo nuovo ufficio in Vaticano un importante prelato che era appena stato elevato alla porpora cardinalizia. Nell’avvicinarmi alla sua scrivania rimasi di sale. Sul montante lungo era applicato un tondo che recava in bassorilievo i simboli massonici». Curioso, peraltro, lo stupore dell’ex banchiere “di sistema” visto che il suo sodale Gianni Letta è il
trait d’union
tra chiesa, Opus Dei e massoneria, ruolo che per tre lustri ha svolto con passione da Palazzo Chigi e che ha continuato a svolgere imponendo alcuni catto-massoni nel governo di Mario Monti. Il quale ha dovuto smentire la sua affiliazione: «Non sono massone e non so neanche bene cosa sia la massoneria». Sarebbe un torto all’intelligenza credere che davvero il presidente del Consiglio, ex presidente della Bocconi, ex commissario europeo e grande consulente della finanza internazionale da decenni, frequentatore di tutti i consessi del potere mondia-le, a cominciare da Bilderberg, non sappia che cos’è la massoneria. Ma il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Gustavo Raffi si era forse spinto un po’ troppo oltre quando aveva dichiarato: «Mario Monti è un gran galantuo-
mo, potenzialmente ha tutte le carte in regola per essere un ottimo fratello».
Il Grande Oriente d’Italia, 22 mila fratelli e 762 logge, centinaia di “bussanti” che per entrare devono attendere i passaggi di fratelli anziani all’Oriente eterno è la maggiore “obbedienza” italiana, ma tante altre, regolari e irregolari, pullulano quasi sempre in lotta tra loro, dilaniate da lotte intestine, travolte dall’indebolimento del “fondamento iniziatico” e dalla “profanizzazione”. Raffi, avvocato ravennate con antichi rapporti professionali col Monte dei Paschi di Siena, Gran Maestro da quattordici anni, è al centro di una combattiva opposizione interna, che ha portato alla costituzione di una sorta di corrente, come nei partiti politici, denominata Grande Oriente d’Italia Democratico.
Per accrescere il suo prestigio, vorrebbe parlare inglese perché la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, è la madre di tutte le massonerie mondiali. Ma non può perché il Grande Oriente d’Italia non è più riconosciuto da Londra. Fu espulso per volontà del duca di Kent dopo l’ultima scissione del 1993, dodici anni dopo lo scandalo della P2 di Licio Gelli, quando il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo fondò la Gran Loggia Regolare d’Italia, invocando la revoca del riconoscimento al GOI e ottenendolo per sé. Non contento, ha fondato anche l’Accademia degli Illuminati, che si richiama agli Illuminati di Baviera e si riunisce una volta l’anno a Roma. Tra i suoi adepti, Di Bernardo colloca più o meno esplicitamente, come ha confessato al giornalista Ferruccio Pinotti, anche il presidente di
Intesa San Paolo Giovanni Bazoli, oltre a Vincenzo De Bustis, il banchiere considerato vicino a D’Alema che portò al Monte dei Paschi per un prezzo considerato allora esorbitante la Banca del Salento. E poi ancora Carlo Freccero, ex Fininvest e poi Rai, Rubens Esposito degli Affari legali Rai, Sergio Bindi, ex consigliere Rai e antico portaborse del democristiano Flaminio Piccoli, Severino Antinori, specialista della fecondazione assistita, il filosofo Vittorio Mathieu, il generale Bartolomeo Lombardo, ex Sismi. Banche, informazione, medicina, cultura, Servizi segreti, non manca niente. Ma la Rai sembra un luogo privilegiato di coltura della massoneria se è vero, come testimonia il professor Aldo Mola, che a un certo punto al Grande Oriente giunse in dote una Loggia coperta, retta dal Venerabile Giorgio Ciarocca, di cui facevano parte Cesare Merzagora, Eugenio Cefis, Giuseppe Arcaini dell’Italcasse, nonché Guido Carli, Enrico Cuccia, Raffaele Ursini, Michele Sindona e Ettore Bernabei, notoriamente soprannumerario dell’Opus Dei.
Anche la Gran Loggia d’Italia, obbedienza di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleschi, al contrario di Di Bernardo, non gode di buona reputazione a Londra perché il 30 per cento dei fratelli sono sorelle, unica obbedienza tra le grandi famiglie massoniche italiane che ammette la presenza femminile, trascurando la tradizione britannica che concepisce invece la massoneria come un club esclusivamente maschile. «Certo – spiega Alessandro Meluzzi, ex deputato di Forza Italia, massone, ma anche diacono della comunità di Pierino Gelmini – la Loggia implica un’iniziazione solare, mentre le donne rappresentano la metà lunare del cielo, le stelle d’oriente e non di occidente».
«L’idiota religione massonica è roba da diciottesimo secolo», disse Benedetto Croce. E in certi casi come dargli torto? Ma è possibile che grandi banchieri e uomini d’affari misurino le loro mosse sui binari dell’ortodossia massonica? È escluso, ma non è affatto escluso che utilizzino per i loro scopi più o meno commendevoli la miriade di confraternite del potere che impiombano questo paese. Di certo «non è vero che tutti i massoni sono delinquenti, ma non ho mai conosciuto un delinquente che non fosse anche un massone», disse il massone Felice Cavallotti prima di essere ucciso in duello da un suo fratello massone.

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FILIPPO CECCARELLI PER LA REPUBBLICA DEL 31/1/2013 -
I lingotti nelle fioriere di Villa Wanda. Una certa pomata fatta entrare con triplice e fraterna destrezza nel Prontuario della Sanità. La revolverata che il Gran Maestro — e medico! — sparò di buon grado attraverso un cuscino sul polpaccio di Michele Sindona per simulare un attentato delle Br. I fregi del mausoleo di Arcore e l’architettura di Villa La Certosa, il cui orto botanico ricorderebbe le geometrie del tempio di Salomone.
Tra i centomila bislacchi documenti della Commissione P2 ce n’è uno, apparentemente secondario, ma illuminante. Un memoriale in cui un generale spiega il senso ultimo per cui ha aderito alla loggia segreta di Gelli, convinto di trovarvi, letteralmente, «la crema dei valori spirituali d’Italia». Ecco, in questa furba e ingenua giustificazione, domestico miscuglio di pasticceria e idealità, mirabilmente si rispecchia l’essenza e forse anche il destino della massoneria all’italiana. Là dove la specificazione vorrebbe indicare, insieme con il ripudio dell’esoterismo e di una nobile storia, l’inesorabile discesa dell’istituzione nel tragicomico. Quest’ultimo reso ancora più grottesco dall’altisonanza del linguaggio in uso nelle logge e dalla funerea solennità cerimoniale di cui resta indimenticabile testimonianza l’iniziazione di Alberto Sordi ne
Il borghese piccolo piccolo
(1977).
Eppure, tale dotazione non impedisce il più ciclico riemergere
di sospetti riguardo all’influenza di cappucci e grembiulini nella vita pubblica, governi non solo tecnici, corse al Quirinale, importanti nomine e — come ti sbagli! — affari e affaracci. Per cui dal golpe al mostro di Firenze, dal Vaticano alla criminalità organizzata, dai traffici proibiti fino ai più miserabili impicci di Tangentopoli non c’è storia nei cui pressi non s’avverta l’inconfondibile puzzetta, con relativi annusatori maniacali e professionali tra i quali primeggiano spioni e faccendieri, per giunta in concorrenza fra loro.
E saranno poteri occulti, come si dice, però mai come nelle faccende massoniche, con il relativo armamentario di elenchi fasulli, vane smentite, comici soprannomi, certificati penali, lettere anonime, animose beghe e frequentissimi scismi, ecco, troppo spesso accade che il millantato credito s’intrecci al richiamo del torbido, e facilmente l’occhietto strizzato si combina con il favore, la bustarella, e alla fine della giostra la massoneria c’entra sempre e al tempo stesso non c’entra mai, salvo rientrarci spesso e volentieri.
A Roma, fino ad alcuni anni fa, con una piccola mancia si poteva visitare di straforo il tempio di piazza del Gesù, ospitato nello stesso edificio in cui aveva sede una radio vicina al Pci e un’associazione di sordomuti. Non mancavano, come ovvio, turisti maleducati che tra sghignazzi mettevano in scena parodie rituali. Ma in verità c’era poco da ridere perché all’inizio degli anni Ottanta si scoprì che una buona fetta del potere (politico, economico, giudiziario, editoriale) la deteneva il Venerabile direttore dello stabilimento Permaflex (materassi).
Oggi Gelli dispensa memorie abbastanza addomesticate, scrive poesie e ha appena fondato una Lega per la difesa del crocifisso, pure disegnandone di suo pugno il simbolo. Ma già nel 1990 aveva potuto dare alle stampe uno straordinario manuale significativamente intitolato
Come arrivare al successo
(Aps) comprensivo di consigli sull’importanza dell’aspetto, del sonno, sul ruolo della donna, l’organizzazione della giornata e perfino provvisto di un test «per conoscere se stessi». Né era trascurata la «decadenza dei valori» — dei
quali, peraltro, meno si parla e più si evitano guai.

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CONCETTO VECCHIO PER LA REPUBBLICA DEL 31/1/2013 - «Il punto centrale dello scandalo Monte dei Paschi a me pare questo: c’è un potere insondabile che sta altrove e che decide carriere, impone decisioni, approfittando della debolezza del sistema politico, che in Italia non è mai stato così debole e screditato». Giorgio Galli, 85 anni, politologo, autore di molti saggi, dalla Dc alla P2, dal terrorismo rosso al nazismo magico di Hitler, dalla sua casa di Milano dice: «Le grandi concentrazioni economiche sono
il nuovo Leviatano».
Come definirlo? Un potere parallelo, un doppio livello?
«La democrazia rappresentativa, come potere basato sul consenso, sui voti del Parlamento, è da tempo incrinata in favore di altri poteri, non trasparenti. Non è un problema solo italiano. Uno studioso americano, David Rothkopf, ha scritto un libro,
Superclass. La nuove élite globale e il mondo che sta realizzando,
in cui ha cercato di spiegare i meccanismi di cooptazione nei consigli d’amministrazione».
Per l’onorevole Sposetti, del Pd, è una storia di massoneria.
«Certe carriere appaiono inspiegabili. Ci si dà tanto da fare per eleggere parlamentari che contano pochissimo e quasi nulla si sa invece di chi comanda, e perché, nel capitalismo globalizzato. Questi altri poteri plasmano dirigenze che non passano per il consenso».
Ma il consiglio d’amministrazione di una banca non è un
Parlamento.
«Sì, ma conta infinitamente di più. Mi chiedo come sia possibile che la Banca d’Italia si sia fatta imbrogliare: vuol dire che c’è un sistema reale che stabilisce certi destini ben al di sopra delle istituzioni che conosciamo».
E come si forma questo sistema di relazioni?
«Questo è quel che un politologo oggi dovrebbe approfondire. Quando studiai la P2 mi accorsi che la sua vera essenza non risiedeva nella lettura che gli aveva dato la commissione Anselmi: Gelli non meditava alcun colpo di Stato, ma aveva creato una grande camera di compensazione, legami invisibili che avevano sostituito i reali centri decisionali. La P2 nell’81 sembrava finita e invece…».
Invece uno della P2 è diventato più volte premier.
«Il che conferma la mia tesi. Un organismo permanente per gestire relazioni occulte, tanto più che questa rete continua a rigenerarsi, sotto altre forme. Una volta è la P3, poi la P4, e con figure che in qualche modo sopravvivono ai vari scandali, come
quel Bisignani».
La storia di queste rete è stata sottovalutata?
«Temo di sì. Il fatto che questo scandalo scoppi in campagna elettorale non va letto come una manovra contro il Pd. Che ci siano strumentalizzazioni può darsi, ma il Monte dei Paschi finanziava tutti. Qualcuno, però, ha deciso che la vicenda doveva esplodere adesso, con queste modalità, e probabilmente decreterà anche quel che avverrà dopo le elezioni».
Non è una lettura troppo dietrologica?
«È saltato il bilanciamento dei poteri. Nel dopoguerra Fiat ed Edison avevano il loro peso sulla società, ma il sistema politico era forte. Poi, alla fine degli anni Settanta, questo equilibrio si spezza, e da allora questi nuovi tipi di potere si sono rafforzati».
Tecnicamente questa rete non è massoneria?
«La massoneria è uno dei canali di questi poteri, ma non penso sia l’unico, forse nemmeno il più importante. Possiamo chiamarla in tanti modi, ma il suo fine è questo: mettere uomini privi di consenso “con i soldi degli altri”, per citare il felice libro di Luciano Gallino, in posti strategici a decidere su cose che grandissimamente toccano tutti noi».