Gianluca Paolucci, La Stampa 31/1/2013, 31 gennaio 2013
LA FONDAZIONE CHIUDE I RUBINETTI
Cinque milioni di euro, se va bene. Altrimenti niente. Il documento programmatico della Fondazione Mps mette nero su bianco ciò che i senesi avevano già capito da tempo: la stagione delle vacche grasse è finita. E considerato l’ammontare delle erogazioni fatte dalla Fondazione degli anni precedenti, la notizia non è comunque di quelle ben recepite. Anche perché influenzerà necessariamente uan tradizione locale come quella del Palio
La novità vera è piuttosto che la Fondazione andrà a cercarsi i soldi fuori dalla banca. Data la situazione di difficoltà dell’istituto di credito, che nella migliore delle ipotesi tornerà all’utile nell’esercizio 2014 (ovvero niente dividendi per le casse della fondazione fino al 2015), a Palazzo Sansedoni hanno aguzzato l’ingegno. Quindi l’unica area che viene previsto di rafforzare è quella di fund raising, ovvero il reperimento risorse. Come? Sviluppando «una serie di relazioni nazionali e internazionali volte, da un lato, a trovare dei finanziamenti per i progetti di interesse, dall’altro, a sviluppare un’attività di consulenza a favore degli stakeholder per la partecipazione a bandi di finanziamento nazionali e internazionali».
Nuovi flussi di denaro Sempre questa funzione potrà poi - ed è questa forse la novità più rilevante trasformarsi in «consulente», magari anche retribuito, fornendo servizi «agli stakeholder, alle società strumentali e alle partecipate. Tali servizi - è scritto nel documento - potrebbero diventare una fonte di flussi positivi per la Fondazione, ovvero rappresentare una nuova forma di erogazioni indirette verso il territorio». Una rivoluzione copernicana - se applicata e funzionante - del mondo delle Fondazioni bancarie e non solo di Mps. Che hanno funzionato, dalla loro istituzione nel 1995 a oggi, secondo un principio molto semplice: incasso un sacco di soldi di dividendi dalla banca conferitaria e distribuisco più o meno organicamente sul territorio.
Facile, quando le cose vanno bene. E va detto che a Siena si erano fatti prendere un po’ la mano. Nel 2010, quando già le cose non stavano andando granché per la banca e per le banche in generale, l’elenco dei contributi occupa 48 pagine e contiene tra le altre cose 10 mila euro per l’associazione amici del Guatemala, 5 mila per l’Associazione Amici del movimento operaio e contadino della provincia di Siena (per lo svolgimento della «attività istituzionale»), mille euro al circolo Arci di San Rocco a Pilli, delizioso paesino della provincia.
Cinquemila euro per l’acquisto delle divise della Filarmonica di San Casciano dei Bagni, mentre solo mille alla Filarmonica della vicina Chiusi. Al di là delle note di colore, c’è un elenco sterminato di associazioni e progetti di grande impatto sul territorio o nel mondo della solidarietà.
I progetti incompiuti Il problema maggiore del semi-azzeramento deciso dall’Ente è però una serie di progetti partiti negli precedenti, quando ancora le vacche erano belle grassocce.
Interventi destinati spesso ai piccoli comuni della provincia, per i quali la fondazione si era impegnata a pagare le rate dei mutui per rifare la pavimentazione a San Giovanni d’Asso, realizzare una mensa scolastica ad Abbadia San Salvatore. Tutti i progetti già avviati, nelle nuove linee programmatiche messe nero su bianco dalla fondazione, dovrebbero avere la priorità e quindi ottenere i fondi promessi. Ma c’è il problema che i soldi potrebbero non bastare per tutti. Basti dire che l’argomento dei mutui lasciati «scoperti» dalla Fondazione ha portato al commissariamento del comune di Siena. E che potrebbe avere un impatto analogo su un lungo elenco di piccoli comuni della provincia, anche loro contagiati dalla voglia di magnificenza del capoluogo.
Nella necessità di recuperare risorse, la Fondazione potrebbe anche ricorrere così alla cessione di parte della quota in Mps. Si tratta della già annunciata soglia del 33,5%, che potrebbe scendere ulteriormente in caso pagamento in azioni delle cedole dei Monti-bond.