Niccolò Zancan, La Stampa 31/1/2013, 31 gennaio 2013
INSEGUIVA LA SCALATA SOCIALE
Per l’ex moglie: «È un bastardo che vive per la vendetta. Un pazzo che crede alle sue stesse menzogne. Uno che sta in un mondo virtuale». Per l’ex vicino di casa: «Un tipo aggressivo, strafottente, incomprensibile. Mi prendeva in giro perché balbetto». Per l’ex vicino d’ufficio, invece, vederlo traslocare è stata una liberazione: «Appena c’era il minimo problema, minacciava: “Guarda che qui finisce come in Calabria”». Insomma, diciamo la verità, non è che Francesco Furchì godesse di un’ottima reputazione. Ma probabilmente nell’ultimo periodo tutto stava andando a rotoli, matrimonio e affari. Come lui stesso scrive in una mail intercettata, che può considerarsi quasi il titolo della sua storia personale: «I tempi passano e noi restiamo FUORI...».
Nato a Ricadi, in provincia di Vibo Valentia, 50 anni, faccia da Bronzo di Riace, a tutti si presenta come il presidente dell’associazione «Magna Grecia Millennium», nata per propagare nel mondo interessi, cultura e folclore della sua terra d’origine. «Un affarista aduso a vivere di espedienti», scrivono gli investigatori sul decreto di fermo. Ma nella sua storia, a ben guardare, c’è qualcosa che non funziona fin dalle fondamenta. La sede dell’ufficio in via Garibaldi è registrata sotto falso nome. Errati i dati inviati alla Camera di Commercio, come le coordinate del conto corrente bancario al Monte dei Paschi di Siena. Sembra che lui si stia nascondendo dietro un prestanome, ma intanto è sempre in giro a cercare contatti, agganci, nuove conoscenze propizie.
Furchì perora la causa per i treni che collegano Nord e Sud. Furchì va a festeggiare l’inaugurazione del nuovo volo Torino-Lamezia. Furchì presenta i libri di autorevoli autori suoi conterranei. Furchì cerca un posto al sole. «Uno che ti chiama cento volte e ti pressa fino allo sfinimento». E così, lentamente, pressando e propagando, negli anni fa il suo ingresso nei salotti buoni della città. Ha un modo di fare sempre in bilico fra compiacimento esagerato e minaccia repentina. Per dire, anche quando si tratta di farsi recapitare una mozzarella, sbraita: «Ascolta, vedi che sia buona altrimenti ti sparo».
Alterna alta società a criminalità spessa, come sembra dimostrare la frequentazione con il pluripregiudicato calabrese Vincenzo D’Alcalà, specialista in usura ed estorsioni. Però arriva nella sede dell’Udc di Torino e quindi da Alberto Musy, presentato dal professore di Diritto Civile Pier Giuseppe Monateri. Un’autorità assoluta in città. C’è un teste chiave nell’inchiesta che racconta quel momento. È un manager, si chiama Alessandro Battaglino, ma qui parla in veste di amico di Musy: «Il professore Monateri aveva caldeggiato la candidatura di Furchì come capolista per le comunali del maggio 2011. Alberto, però, non era rimasto ben impressionato. Troppo invadente. Dava sempre consigli a tutti. Esagerato. E quando ha capito che non sarebbe stato messo al posto che agognava, è sparito di scena bruscamente. Alla fine mi pare che abbia raccolto in tutto 58 voti».
Questo smacco da capolista mancato, secondo la procura di Torino, è il primo tradimento che Furchì ritiene di aver subìto. Il secondo riguarda la raccomandazione che spera di ottenere per Biagio Andò, figlio dell’ex ministro Salvo Andò. Si tratta del concorso per la nomina a professore associato all’Università di Palermo. Nella commissione giudicatrice c’è anche il professor Musy. E per questa raccomandazione entra in scena di nuovo il professor Monateri. Ma anche qui, entrambi restano delusi. «La cocente delusione di Forchì traspare in un mail inviata all’amico Dario Patamia», scrivono gli investigatori. Ed ecco la mail: «Caro Dario, mi ha appena telefonato Monateri, il quale mi dice che Musy a Palermo in commissione doveva votare per Biagio Andò e mi hanno riferito che non lo ha fatto!!!!!!!!». Secondo tradimento. Ed ecco la nota degli investigatori della squadra Mobile: «Le dichiarazioni di Monateri al proposito non sono precise e dettagliate, ma forse è comprensibile anche un certo imbarazzo dello studioso per essersi prestato a simili manovre».
Fallita la raccomandazione per le comunali, fallita la raccomandazione per l’aspirante professore di Palermo. Il terzo tradimento sta nelle manovre per cercare di entrare a tutti i costi nell’operazione di salvataggio della compagnia ferroviaria privata Arenaways. È l’ultima speranza di Francesco Furchì per non rimanere «fuori da tutto». Contatta il titolare Giuseppe Arena. Gli propone di organizzare viaggi con l’associazione Magna Grecia. Suggerisce di nominare Michele Cucuzza, di cui sostiene essere grande amico, come testimonial dell’azienda. Cerca un incontro con il presidente della Camera. Sogna di essere nominato direttore commerciale della compagnia ferroviaria e chiede all’avvocato Musy di aiutarlo a trovare degli investitori.
Ma anche questa storia finisce allo stesso modo. La sua proposta è irricevibile, viene allontanato. E lui, uscendo di scena, minaccia Arena: «Sappiamo dove abiti». Però è Musy il suo nemico numero 1, secondo la procura. Il suo referente «più alto». Musy che resta sempre fedele alla sua coscienza.
In carcere Francesco Furchì si lamenta, vomita, piange e si fa ricoverare: «Non ho mai visto una pistola in vita mia - giura - e non è vero che non ho mai cercato la signora Musy dopo quel fatto. Io le ho spedito un biglietto perché ero in forte imbarazzo».