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 2013  gennaio 31 Giovedì calendario

MONTI DOVEVA PENSARE AI NIPOTI

[Luca Goldoni]

Monti? «Ha fatto come i gamberi: un passo avanti e due indietro». Bersani? «Vive nel terrore che ci sia qualcuno più a sinistra di lui». La Finocchiaro? «Quante bucce di banana sulla sua strada, signora mia». Alfano? «Come Diogene gira con una lanterna: solo che lui va cercando la propria dignità».
Lo scrittore Luca Goldoni, ex cronista di nera, di guerra e di costume, che fece arrabbiare Bettino Craxi con un’intervista immaginaria, ha canzonato l’Italia del Meglio mai che tardi (Mursia) e raccontato se stesso ne Il mare nell’anima (Barbera), ironizza con ItaliaOggi sui protagonisti della campagna elettorale. «Alla mia età (85, ndr) vanno via i nomi, per fortuna.
Ma i concetti restano». E del leader di Scelta Civica dice: «Chi gliel’ha fatto fare? Era tre spanne sopra gli altri. Doveva solo dedicarsi ai nipotini e avrebbe avuto il Quirinale. Per carità, tanto di cappello per aver rinunciato a un posto sicuro e così illustre per le sue convinzioni. Ma ora si vende per un piattino di visibilità e quando va in giro gli tirano le uova».
Domanda. Però il Professore a lei piaceva molto.
Risposta. Un anno fa lo tenevo in grande stima. Era un italiano diverso dagli altri: sobrio, elegante, di un umorismo british molto raffinato. Apprezzatissimo all’estero e quasi venerato dai suoi connazionali, nonostante le prime medicine già parecchio amare. Era al di sopra delle parti, ora è un politico come gli altri: forse peggio. Campione di una propaganda becerotta che ha bisogno di mezzucci come il berlusconiano «meno tasse per tutti».
D. Meno Monti per tutti, scherzavano ma non troppo su Twitter alle promesse elettorali di tagliare subito Imu e Irpef un mese dopo aver dichiarato che non si poteva fare.
R. Purtroppo sono d’accordo. Perfino il suo linguaggio è molto cambiato. È diventato truculento.
D. Merito del guru americano. Insomma, Monti è solo un Berlusconi con il loden.
R. L’unica differenza tra i due è che Berlusconi lo fa per le sue aziende.
D. Monti invece per le banche, vuole dire?
R. Non voglio essere ingiusto. Mettiamola così: le banche in Italia possono fare quello che vogliono. Se va bene guadagnano, se va male tutti le soccorrono. Di Napolitano invece penso tutto il bene possibile. Non è arrivato alle vette di Pertini, ma ci è andato vicino.
D. E Bersani?
R. Quando parla mi sembra sempre Crozza che lo imita. Che pena, poveretto. È uno dei pochi che mi ha sempre ispirato fiducia. La trovata dell’usato sicuro mi piaceva. E poi il linguaggio semplice, concreto_ Guardi, non so quanto il Pd sia coinvolto nell’affare Mps. Sono convinto che Bersani non abbia mai preso una stecca, però è una brutta tegola. E dire che con le primarie, prima quelle per il candidato premier poi per i parlamentari, era riuscito ad aggirare non il Porcellum, perché quello si fa alla brace in Sardegna, ma la porcata.
D. A proposito di Crozza e del Pd. L’altra sera a Ballarò ha ironizzato: «Manca ancora un mese per perdere le elezioni». Dice che riuscirà Bersani a perdere un’elezione che aveva già praticamente in tasca? Perché se continuano così forse forse ce la fanno.
R. La sindrome di Tafazzi imperversa. La tragedia di Bersani, e della sinistra italiana in generale, è di vivere nel terrore che ci sia qualcuno più a sinistra di loro. Sembra di tornare al 2007, quando quello scellerato di Bertinotti paragonò Romano Prodi al Cardarelli di Flaiano («Il più grande poeta morente», ndr). Allora Prodi non ebbe il coraggio di sbattere i pugni sul tavolo: oggi quel coraggio non ce l’ha Bersani. Il terrore della sinistra che dicevo fa sì che il Pd non riesca ad affermarsi senza allearsi con le parti estreme. È questo è la sua rovina.
D. Quindi è d’accordo con Monti, secondo cui le ali estreme andrebbero tagliate.
R. Certamente. Vendola sarà anche un grande narratore, ma le sue posizioni sono improponibili No, dico, è alleato della Fiom, ricorda? Quella che, insieme a Berlusconi, fece saltare la cessione a condizioni eccezionali di Alitalia a Air France. Quella che fece saltare la quotazione in Borsa di Fincantieri, che aveva estremo bisogno di denaro. Vendola ha sempre messo i bastoni fra le ruote di Bersani e sempre lo farà. Bersani, dal canto suo, non ha il coraggio di prendere una posizione che dai più sinistri verrebbe giudicata di destra. Non ha il coraggio di fare un partito senza posizioni estreme. Ma perché?
D. Se il Pd perde terreno, Grillo dopo Mps vola.
R. Grillo lo conosco bene. Alla fine degli anni Settanta lavoravamo insieme a Luna Park. È un Crozza sceso in campo: può demolire chiunque con una battuta. Ma entra in crisi quando, come accaduto a Parma, i grillini si accorgono che oltre a demolire bisogna costruire, e che lui non ne ha la preparazione.
D. Anche Berlusconi macina consensi. Ieri Feltri ha dichiarato a La Zanzara: «Le liste del Pdl mi fanno venire i conati di vomito».
R. Guardi, non me lo dica. Temo di aver contribuito a farlo vincere, nel 1994. Non me lo perdonerò mai.
D. Addirittura.
R. Quando entrò in politica scrissi un paio di editoriali sul Corriere della Sera. Bisogna votarlo, dicevo. Perché è ricco di suo e dalla vita ha avuto tutto, donne e onori. Se scende in campo è perché vuole soddisfare la sua ultima ambizione: passare alla storia ed essere sepolto al Pantheon. Vede, da Garibaldi a San Francesco, la storia è fatta da uomini di grandissime ambizioni che coincidono con gli interessi dei più. M’illudevo che per Berlusconi sarebbe stato lo stesso.
D. Una considerevole cantonata, non c’è che dire. Certo i giornali non li legge nessuno. Ma allora forse qualcuno lo faceva. Non tanti però, si rassereni. Non credo sia dipeso da lei.
R. Comunque dopo la delusione cocente per le prime sue azioni di governo chiesi scusa ai miei lettori. Scrissi un ultimo pezzo su di lui, dicendo che avevo preso uno dei granchi più colossali della mia vita.
D. Non tanti l’avrebbero fatto. Ma veniamo a Berlusconi oggi. L’uscita su Mussolini non è stata una gaffe, ma una trovata ben studiata. È d’accordo?
R. Certo. Solo chi non ha mai visto Berlusconi in questi ultimi vent’anni può credere a un lapsus. Ha sublimato la tecnica del dire una cosa e poi smentirla. È la sua strategia perfetta. Poi smentisce sempre, ma intanto l’ha detto. Le racconto un aneddoto. Una volta, ben prima che scendesse in politica, mi propose di lasciare il Corriere per Il Giornale di Montanelli. Io rifiutai, ma andai lo stesso a trovarlo nei suoi uffici. Stava istruendo un dipendente, e dopo averlo congedatolo mi disse: «Sa, raccomando sempre ai miei venditori di tener presente che il livello medio di cultura della gente presso cui piazzare i nostri prodotti è tra la prima e la seconda media». Per lui l’elettorato è solo questo: gente a cui piazzare i suoi prodotti. Ma milioni di italiani ancora ci cascano, e sbavano per lui.